L’evoluzione dell’innovazione

Come le aziende realizzano nuovi prodotti
e si predispongono a svilupparne le potenzialità.

di Matt Mahoney

Le aziende che Technology Review ha selezionato per la lista delle TR50 (si veda Technology Review, edizione italiana, n. 3/2010) hanno tutte una grande tradizione innovativa. Ma come si può confrontare il processo d’innovazione di una startup come Twitter con quello di IBM? In una serie di articoli degli anni 1970, incluso un contributo del 1978 su Technology Review, edizione americana, William J. Abernathy, professore di sistemi aziendali ad Harvard, e James M. Utterback, professore di ingegneria e organizzazione del MIT, si posero una domanda fondamentale: «Come cambia l’innovazione aziendale – e la risposta dell’azienda alle idee innovative – mentre l’azienda si sviluppa e matura?»

Abernathy e Utterback crearono un modello, ancora in voga, che descriveva il ciclo vitale dell’innovazione industriale. I due docenti presero spunto da due casi estremi per definire i limiti del loro «spettro di innovatori»: «Le ricerche passate sull’innovazione dimostrano che qualsiasi azienda innovativa vede la maggior parte delle sue innovazioni sotto forma di nuovi prodotti. Ma questa osservazione maschera una differenza essenziale: l’innovazione di prodotto di una piccola azienda tecnologica è spesso l’apparecchiatura di processo adottata da una grande azienda per migliorare la sua produzione su larga scala di un prodotto standard».

Gli autori scoprirono che piccole aziende o piccoli gruppi sono molto spesso la fonte delle innovazioni radicali di prodotto. «I nuovi prodotti che richiedono la riformulazione degli obiettivi aziendali o degli impianti di produzione tendono a dare vita a strutture esterne dedicate a uno “specifico” sistema di produzione; o, se la struttura viene sviluppata all’interno dell’azienda, si origina un meccanismo di rigetto. Uno schema più fluido di cambiamento di prodotto si associa con la identificazione di un bisogno emergente o un nuovo modo di venire incontro a una richiesta già esistente; stiamo parlando di un’azione imprenditoriale. […] Ragionevolmente, la diversità e l’incertezza dei requisiti necessari a un buon rendimento dei nuovi prodotti fornisce un vantaggio nella loro innovazione a organizzazioni piccole e adattabili con approcci tecnologici dotati di flessibilità e discrete capacità di comunicazione all’esterno, come confermato da una lunga serie di riscontri storici».

Indubbiamente, le innovazioni radicali generano entusiasmo e monopolizzano l’attenzione, ma queste fasi sono solo l’inizio di una lunga strada per ottenere prodotti di successo sul mercato.

«Un tratto distintivo dell’innovazione tecnologica appare evidente nel caso di prodotti affermati su larga scala come le lampadine elettriche, la carta, l’acciaio, le sostanze chimiche tradizionali e i motori a combustione interna. […] In tutti questi esempi le più importanti innovazioni di sistema sono state seguite da una serie infinita di prodotti minori e di implementazione dei sistemi, e l’ultimo rende conto di oltre metà dei ricavi economici complessivi legati alla quantità imponente di innovazioni».

Naturalmente, i due casi rappresentano solo degli estremi, e aziende come quelle presentate nella lista delle TR50 si collocano in diversi punti dello spettro. In effetti, gli autori sostengono che le aziende di successo, nel loro arco di sviluppo, si muovono da un estremo all’altro. Le storie di due industrie molto differenti mette bene in evidenza questa traiettoria comune.

«Si possono individuare due tipi di imprese in questa fase iniziale della nuova industria dei semiconduttori: aziende affermate che sono approdate al settore dei semiconduttori da posizioni acquisite nei mercati delle valvole termoioniche e nuove entrate come Fairchild Semiconductor, IBM e Texas Instruments. Le aziende più note hanno risposto alla concorrenza delle nuove arrivate enfatizzando le innovazioni di processo. Allo stesso tempo, queste ultime hanno puntato sull’innovazione di prodotto. […] Dal 1968, in ogni caso, i termini della competizione industriale si sono modificati; mentre i costi e la produttività sono diventati più importanti, il ritmo dell’innovazione di prodotto significativa è venuto scemando e una efficace innovazione di processo ha iniziato a giocare un ruolo importante […] Come il transistor nell’industria elettronica, il DC-3 [della Douglas Aircraft] è emerso come uno dei maggiori cambiamenti nelle industrie aeronautica e del trasporto aereo […] Se da una parte il transistor portò l’industria elettronica in una nuova fase di stallo, dall’altra il DC-3 modificò le caratteristiche dell’innovazione nell’industria aeronautica nei successivi 15 anni. Nessuna innovazione significativa venne introdotta nel design dell’aeronautica commerciale dal 1936 fino al nuovo aviogetto apparso negli anni 1950. In quegli anni si introdussero invece una serie di perfezionamenti del DC-3, intervendo sul modello e sugli interni; durante questo periodo di cambiamenti incrementali i costi di gestione della linea aerea per passeggero-miglio diminuirono di un ulteriore 50 per cento».

Il modo in cui le aziende gestiscono questa transizione dalla fase «fluida« iniziale allo stadio finale «specifico» è di vitale importanza.

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