L’enigma di una startup energetica

L’inventrice di una tecnologia per l’accumulo di energia cerca di superare le brutali sfide delle nuove società energetiche.

di Brian Bergstein

Danielle Fong ha un modo per estendere l’impiego delle energie rinnovabili: prendiamo l’elettricità generata, per dire, da una fattoria eolica e utilizziamola per comprimere dell’aria all’interno di cisterne in fibra di carbonio. Con il calare del vento, utilizziamo questa aria compressa per alimentare un generatore elettrico, eliminando l’intermittenza che relega le fattorie eoliche a ruoli marginali nella rete elettrica. Il concetto non è nuovo, ma è stato limitato finora dal fatto che l’aria tende a riscaldarsi quando compressa, per cui il suo accumulo è risultato arduo. Fong ha scoperto che, spruzzando dell’acqua all’interno del serbatoio per raffreddare l’aria, il sistema è in grado di accumulare così tanta energia da essere più economico delle batterie. Nel 2009, ha co-fondato una società di nome LightSail Energy che ha raccolto $70 milioni da investitori quali Bill Gates e Peter Thiel, ma per il momento si parla ancora di progetti dimostrativi. Fong, che oggi ha 28 anni, ha parlato con l’executive editor di MIT Technology Review, Brian Bergstein, delle difficoltà nel commercializzare nuove tecnologie per l’energia.

Ha intenzione di avviare i test pilota nel 2016. Perché occorre tanto tempo per passare dal laboratorio a un progetto pilota?

Pensavamo che saremmo stati pronti per il mercato in metà del tempo. Avremmo risparmiato del tempo convertendo un normale compressore per gas naturale, ma alla fine abbiamo deciso che sarebbe stato un compromesso esagerato. All’inizio del 2012 abbiamo deciso di passare direttamente al prodotto che avremmo voluto in definitiva.

In parte abbiamo scoperto che avevamo molto più lavoro da fare del previsto; in parte è difficile trovare fondi, anche se ne abbiamo raccolto una discreta quantità.

Perché il denaro che avete raccolto non è bastato?

Se pensiamo alle risorse necessarie per sviluppare un motore, o un compressore, non è poi tanto. Immaginiamo di avere una centrale elettrica che vuole sviluppare una turbina a gas migliore. Pur raggiungendo il volume desiderato, occorreranno più di $100 milioni, magari anche 200. Chi firmerà gli assegni? Non sono poi tante le figure disposte a correre un simile rischio. Un tempo ce n’erano di più, ma quei tempi sono ormai passati. Ora è necessario capire come arrivare a una scala commerciale per riuscire a ridurre il costo per unità senza spendere cifre simili.

La nostra risposta sta nei serbatoi. Possediamo, o almeno crediamo di possedere, i più avanzati serbatoi in fibra di carbonio per l’accumulo massiccio di gas. Stiamo producendo e vendendo questi serbatoi, con un buon ritorno, all’industria del gas naturale.

Eppure continuano a servirvi soldi.

Il nostro piano dovrebbe permetterci di passare in attivo con meno di $30 milioni di capitale addizionale. Tecnicamente, raggiunta quella somma, salvo inconvenienti non dovremmo raccogliere altri fondi. Inizialmente erano in tanti a dirci che era impossibile spruzzare acqua all’interno di un compressore, o chiederci se sarebbe stato possibile trasferire il calore a una velocità sufficiente. Come separare, poi, l’acqua dall’aria? Come realizzare tutte le componenti nuove? Abbiamo fatto l’impossibile, direi, con i fondi che abbiamo saputo raccogliere.

Trova frustrante che in altri settori tecnologici sia più facile raccogliere fondi?

Ammetto di essere alquanto frustrata. Esistono dozzine di app inutili che hanno ricevuto fondi importanti. Se falliamo qui, per quanto la nostra potrebbe veramente essere la soluzione migliore, nessuno riuscirà mai a ricevere altri fondi con i quali proseguire il nostro lavoro.

Dev’essere sia promettente che scoraggiante pensare alla portata di una opportunità simile.

Servono terawatt di capacità di accumulo. Noi lavoriamo nell’ordine di mezzo megawatt per ogni macchinario. Si parla quindi di un milione di unità. È a questi numeri che penso.

(MO)

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