Mari ed oceani ricoprono circa il 70% della superficie terrestre. Si tratta di un bacino di energia distribuito su tutto il globo, non solo la più grande fonte di energia rinnovabile al mondo, ma anche la meno sfruttata.
di Lisa Ovi
Una delle sfide in tempo di covid è quella di non cedere terreno nella lotta ai cambiamenti climatici. Passare all’energia verde può rappresentare uno strumento per stimolare l’economia. L’Italia, con la sua ricchezza di risorse naturali è considerata uno dei paesi più forti nel campo delle energie rinnovabili. Le più note tra queste energie, al di là di quella idroelettrica, sono l’energia solare ed eolica, entrambe rese problematiche dalla loro natura incostante: il sole splende solo di giorno, il vento non soffia né sempre, né ovunque. Oggi vogliamo esplorare le possibilità offerte da una delle fonti di energia rinnovabile meno note e più costanti a disposizione del nostro paese: l’energia che viene dalle onde.
Mari ed oceani ricoprono circa il 70% della superficie terrestre. Si tratta di un bacino di energia distribuito su tutto il globo, non solo la più grande fonte di energia rinnovabile al mondo, ma anche la meno sfruttata. Nel complesso, la densità energetica delle onde supera 5 volte quella del vento e 20 volte quella del Sole; convertendola, si potrebbe soddisfare buona parte dell’attuale fabbisogno elettrico del pianeta. Anche nelle zone più favorevoli del Mediterraneo (come la Sicilia o la Sardegna), le onde sono disponibili per l’equivalente di 4.000 ore l’anno. Qui in Italia, la sfida è stata raccolta da Eni nell’ambito di diverse iniziative intraprese insieme ad altri attori protagonisti nel settore dell’energia marina.
Le opzioni tecnologiche per produrre energia dalle grandi masse di acqua in movimento (correnti marine, maree e moto ondoso) o dalle differenze di temperatura (tra strati superficiali e profondi del mare) e di salinità (presenti ad esempio in corrispondenza degli estuari dei fiumi) sono innumerevoli. La più testata è senza dubbio quella messa a disposizione dal moto ondoso, in quanto sfruttabile per mezzo di impianti a minore impatto ambientale.
Il primo a brevettare un sistema capace di catturare l’energia prodotta dal moto ondoso fu il matematico e ingegnere francese Pierre-Simon Girard, nel 1799. Centinaia di altri ingegneri si sono impegnati, da allora, nel tentativo di sfruttare il potenziale di una tale fonte energetica, ma produrre sistemi in grado di catturare questa energia, non è semplice. Servono luoghi dalle caratteristiche ben precise, caratterizzati da sufficiente moto ondoso, ma protetti dai possibili effetti dannosi delle tempeste più violente.
Proprio per superare questo primo ostacolo alcuni ricercatori all’università di Delft (Paesi Bassi) hanno sviluppato SWAN, un software in grado di prevedere la forza e la direzione delle onde, sfruttando dati relativi al vento, al fondale marino e le interazioni tra molteplici onde.
Una volta individuato il luogo adatto, si tratta di selezionare l’impianto più efficiente. In Italia, è operativo un impianto simile a Marina di Pisa, nato da una startup italiana, la 40South Energy. Altro esempio di sfruttamento delle risorse marine nasce dal laboratorio oceanico francese di Boulougne-sur-Mer dell’Ifremer. Si tratta di Windcity, un modello di turbina intelligente capace di produrre energia elettrica dal moto naturale delle onde senza la necessità dell’intervento umano. Il prototipo, realizzato grazie ad una collaborazione tra Seed Money, il progetto europeo MaRINET2, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università di Pisa, promette una vera e propria rivoluzione “circolare” visto che la sua finalità è quella del recupero delle acque di scarico industriali, di canali e costiere.
Una delle opzioni tecnologiche per lo sfruttamento del moto ondoso nasce dalla collaborazione tra Eni, il Politecnico di Torino e il suo spin-off Wave for Energy. Si tratta della tecnologia ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter), un sistema costituito da uno scafo galleggiante sigillato con al suo interno una coppia di sistemi giroscopici collegati ad altrettanti generatori. Le onde provocano il beccheggio dell’unità, ancorata al fondale ma libera di muoversi e oscillare. Il beccheggio viene intercettato dai due sistemi giroscopici collegati a generatori che lo trasformano in energia elettrica.
Un primo impianto ISWEC pilota di 50 kW è già attivo a Ravenna, ma Eni sta lavorando allo sviluppo di un modello su scala industriale grazie a un accordo con Cassa Depositi e Prestiti, Fincantieri e Terna che mettono a sistema le competenze nei rispettivi ambiti di competenza. Inoltre, il Politecnico di Torino e Eni hanno rafforzato la loro collaborazione al fine di ampliare lo studio delle forme di energia provenienti dal mare e istituire – tra l’altro – il laboratorio di ricerca “MarEnergy Lab”. A supporto del Centro, Eni e PoliTO hanno istituito una cattedra specifica sull’”Energia dal Mare”, la prima in Italia in ambito accademico che, oltre ad assicurare la formazione tecnica e scientifica dei futuri professionisti dell’energia marina, permetterà un’ulteriore accelerazione del trasferimento industriale delle tecnologie.
Il raggiungimento di questi obiettivi sarà facilitato dall’utilizzo di HPC5: il supercomputer di Eni. Grazie infatti allo straordinario numero di modelli matematici avanzati che la macchina è in grado di elaborare contemporaneamente, Eni e il Politecnico di Torino potranno portare avanti molto più velocemente le ricerche sull’applicazione industriale di energia rinnovabile dal moto ondoso. L’HPC5, nel caso specifico, consentirà l’ottenimento di informazioni complesse sul comportamento delle onde marine e sulle condizioni meteo-marine, consentendo di disegnare modelli diversi in funzione delle specifiche condizioni locali rilevate.
Quello dell’energia marina è un settore “emergente” per un’Europa che nel suo Green New Deal europeo ha messo in primo piano l’obiettivo di diminuire le emissioni di gas effetto serra e raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050. Lo sfruttamento di questa fonte di energia rinnovabile costituirebbe anche una grande opportunità per la creazione di nuove professionalità e per una crescita economica globale.
(lo)