L’idea è frutto di una serie di arditi calcoli, ma apre la strada alla possibilità di misurare questo fenomeno di increspatura dello spaziotempo.
di ArXiv
Nel febbraio 2016, un team internazionale di fisici ha annunciato la prima osservazione diretta delle onde gravitazionali. Le onde erano state prodotte dalla gigantesca collisione di una coppia di buchi neri, ciascuno circa 30 volte la massa del Sole; un cataclisma tale da inviare increspature attraverso il tessuto dello spaziotempo.
La scoperta è stata un trionfo per la comunità fisica. Si sapeva da tempo che la teoria della relatività generale di Einstein suggeriva che erano possibili increspature nello spazio-tempo. Queste onde schiacciano e allungano lo spazio di distanze inferiori alla larghezza di un protone. Per individuarle, i fisici hanno costruito una rete di rivelatori estremamente sensibili dal costo di oltre un miliardo di dollari.
Ora due fisici affermano che le onde gravitazionali si sono sempre nascoste in bella vista. Rituparno Goswami dell’Università di KwaZulu-Natal e George Ellis dell’Università di Città del Capo, entrambe in Sudafrica, oggi usano alcune “magie” matematiche per dimostrare che le forze di marea sono onde gravitazionali.
Si tratta delle stesse forze che causano l’innalzamento e l’abbassamento dei livelli del mare mentre la Luna si muove intorno alla Terra. “Le forze di marea sono in realtà una forma nascosta di onde gravitazionali”, essi dicono.
Ma è meglio fare prima un passo indietro. La teoria della gravità di Newton si basa sull’idea che tutte le masse generano una forza gravitazionale che esercita un’attrazione e spiega una grande varietà di fenomeni: la traiettoria di una mela che cade, il movimento dei pianeti intorno al Sole e così via.
La teoria di Newton spiega anche le maree, che sarebbero il risultato del modo in cui le forze gravitazionali variano con la distanza: il lato della Terra di fronte alla Luna subisce una forza gravitazionale leggermente più forte rispetto al lato opposto. Il risultato è una specie di allungamento che trascina gli oceani avanti e indietro mentre la Terra ruota.
Goswami ed Ellis evidenziano che la teoria di Newton non tiene conto di un’importante legge della fisica: che nulla può viaggiare più rapidamente della velocità della luce, nemmeno le forze gravitazionali. Quindi ci vuole tempo perché le forze gravitazionali della Luna raggiungano la Terra. “Nessuna influenza può superare la velocità della luce: l’influenza delle maree non può essere istantanea”, affermano i fisici.
Einstein formulò dapprima questo limite di velocità cosmica nella sua teoria della relatività speciale e in seguito lo incorporò nella sua teoria generale, che descrive notoriamente la gravità come una sorta di distorsione nel tessuto dello spaziotempo. Ciò portò immediatamente all’idea che questo tessuto potesse supportare increspature simili a onde.
Goswami ed Ellis affermano che le forze di marea sono una forma di radiazione gravitazionale. Ma per essere onde, devono variare nel tempo in un modo speciale dettato dalla teoria generale della relatività. I fisici dimostrano matematicamente che le forze di marea hanno esattamente queste proprietà, sebbene su scala molto più piccola delle onde generate dalle collisioni del buco nero.
In sostanza, Goswami ed Ellis affermano che le forze di marea sono onde gravitazionali a bassa frequenza. Questa teoria fa alcune previsioni che sono diverse da quanto sostenuto da Newton. Per esempio, Goswami ed Ellis sottolineano che dovrebbero impiegare 1,3 secondi per arrivare dalla Luna alla Terra.
“E se l’oceano fosse uniformemente profondo ovunque senza continenti, le maree ritarderebbero la posizione della Luna nel cielo di 0,66 secondi di arco”, essi dicono. È circa la larghezza di un centesimo visto da due chilometri di distanza.
Un tale effetto può essere misurabile, sebbene Goswami ed Ellis non spiegano esattamente come. Ciò significa che gli effetti delle onde gravitazionali sono molto più facili da individuare di quanto si possa immaginare.
(rp)