Lavori verdi contro la crisi, ma non soltanto

Lo Stimulus Package, che il presidente Obama è appena riuscito a far approvare da Congresso e Senato americani per rilanciare l’economia dallo stato di profonda crisi in cui si trova, ha tra le sue varie componenti anche un capitolo importante per i cosidetti green jobs, i lavori verdi.

Con questo termine vengono indicati tutti quei posti di lavoro generati soprattutto nei settori dell’energia, dei trasporti e dell’edilizia, per diminuire la emissione dei gas serra (CO2 in primis), causa del riscaldamento globale per consenso quasi unanime del mondo scientifico.

Alla sola voce “Energia , Efficienza, Energie rinnovabili” sono destinati 18,5 miliardi di dollari . Nella lista dettagliata delle destinazioni compare in modo esplicito anche la voce R&S per accelerare lo sviluppo tecnologico non solo delle fonti di energie rinnovabili, ma anche delle batterie avanzate per autotrazione elettrica per circa 2 miliardi di dollari. Il segnale a Detroit (GM, Ford , Chrisler) è molto chiaro.

Oltre ai 18,5 miliardi per Energia, Efficienza e Rinnovabili ne vengono stanziati 2.5 per lo sviluppo della carbon sequestration dal carbone (le tecnologie che separano dai fumi della combustione del carbone la CO2 e la confinano in vari modi) e lo sviluppo delle reti elettriche verso configurazioni che le rendano in grado di ricevere e ridistribuire nel modo più efficiente l’energia prodotta in modo diffuso da tutte le piccole unità produttive di energia elettrica che, nei programmi di Obama, dovrebbero moltiplicarsi nei prossimi anni.

Questi temi, anche se nel complesso dei quasi 800 milardi di dollari dell’intero piano non sono la parte più rilevante, sono stati oggetto (assieme ai grandi investimenti previsti a favore della modernizzazione del sistema delle scuole) di dure critiche da parte della minoranza repubblicana di Congresso e Senato. L’obiezione era che non avrebbero fornito tutto l’aiuto necessario alle famiglie per superare le difficoltà immediate create dalla crisi.

è diventato allora importante spiegare che, invece, il contributo alla crescita di posti di lavoro, come lavori verdi, sarebbe stato immediatamente percepibile.

A sostegno di questa tesi è arrivato l’aiuto da uno stato molto importante, la California, anche se oggi è governata da un repubblicano, Schwarzenegger. Infatti, secondo il California Green Innovation Index del 2009, nello stato i green jobs sono cresciuti negli anni recenti molto più dei lavori non verdi. (www.next.org/environment/greenInnovation.09.html)

Dal 2005 al 2007, il numero di green jobs è cresciuto del 10 per cento, 105.000 posti di lavoro. Nello suo complesso, invece, su un totale di forza lavoro di 18 milioni la disoccupazione ha raggiunto punte record del 9 per cento.

Un numero sorprendente di lavori verdi, oltre il 20 per cento, sono stati creati nel settore manifatturiero, suddivisi tra nuovi materiali (28 per cento), trasporti (23 per cento), qualità dell’aria e dell’ambiente(22 per cento), edilizia “verde” (20 per cento).

Collaborative Economics, la società di Mountain View alla quale era stato commissionato il rapporto, definisce il suo conteggio dei lavori verdi come l’analisi più profonda e dettagliata mai fatta in materia di nuovi posti di lavoro.

Dough Henton, chairman di Collaborative Economics, dice che, per esempio, il settore dell’energia solare è spesso visto solo come ricerca scientifica e installazione, senza tener conto in modo corretto dell’intera catena del valore a esso collegata che invece dà un contributo rilevante alla creazione di posti di lavoro.

Molte delle risorse destinate a questi settori sono state sempre offerte dal venture capital che oggi la grande crisi ha messo molto in difficoltà tanto che il futuro è molto incerto.

Ma quando si guarda all’investimento in clean tech (energia pulita) nel 2008, oltre 3,3 miliardi di dollari, e al numero di brevetti rilasciati nel solare, nell’eolico e nelle batterie elettriche, si capisce molto bene il grande potenziale di crescita comunque presente. D’altra parte, analizzando l’andamento del prodotto interno lordo pro capite e quello delle emissioni pro capite, si vede che la riduzione delle seconde non ha nessun effetto negativo sul primo.

Oggi la California pensa di essere l’esempio al quale il presidente Obama sta ispirandosi per usare efficienza energetica e fonti energetiche rinnovabili come generatori di nuovi posti di lavoro. Gli investimenti in innovazione in questo settore in California lo scorso anno rappresentano il 57 per cento del totale dell’investimento americano. Silicon Valley da sola ha ricevuto 1,8 miliardi soprattutto per energia e trasporti.

Il sostegno da parte dei consumatori, oltre che degli investitori, è evidente: i veicoli elettrici o ibridi registrati in California sono più del 20 per cento di quelli registrati complessivamente negli Stati Uniti. In California la capacità produttiva di energia elettrica da fotovoltaico è cresciuta del 70 per cento tra il 2006 e il 2008. Recenti sondaggi riportati dall’Index indicano che il 75 per cento dei californiani ritiene che sia possibile ridurre la emissione dei gas serra e allo stesso tempo creare nuovi posti di lavoro e fare ripartire l’economia.

Recentemente, tra i suoi primi atti di governo, il presidente Obama ha approvato la richiesta del governatore Schwarzenegger di autorizzare la California a imporre limiti di emissione più stringenti di quelli indicati dal Clean Air Act. Quattordici altri stati hanno già adottato gli standard californiani e altri quattro stanno per farlo, portando così agli stessi livelli circa la metà della popolazione americana.

“Oggi finalmente la California ha un alleato alla Casa Bianca. Le promesse fatte dal presidente Obama sono state mantenute”, ha detto il governatore in una recente conferenza stampa.

I nuovi obiettivi prevedono un calo delle emissioni del 22 per cento entro il 2012 e del 30 per cento entro il 2016.

Mary Nichols, che, come presidente del CARB (California Air Resources Board), avrà il compito di applicare le nuove norme, è convinta che i nuovi obiettivi siano realistici anche se vi sono stati ritardi causati dal rifiuto della precedente amministrazione. Lo studio sulla base del quale il CARB ha giustificato la sua posizione sostiene che il piano proposto non solo ridurrà le emissioni di gas serra, ma avrà un effetto positivo anche sullo sviluppo economico. La Nichols è anche convinta che i produttori di auto dovrebbero essere in grado di rispettare i limiti di consumo di carburante previsti, basandosi sulle loro stesse dichiarazioni alle audizioni al Congresso.

Dave McCurdy, amministratore delegato di Auto Alliance 11 (l’associazione degli undici produttori di auto presenti negli Stati Uniti), ha dichiarato che i suoi associati erano tutti pronti a collaborare con la nuova amministrazione per sviluppare un approccio nazionale al problema dell’efficienza energetica.

In realtà il mondo dell’auto ha avuto su questo punto reazioni contrastanti che riflettono la grande difficoltà del momento.

Paul Taylor, chief economist della National Automobile Dealers Association,

(l’associazione dei concessionari auto), citando la chiusura di 900 di loro nello scorso anno, sostiene che molti altri dovranno chiudere se ci saranno 19 stati nei quali sarà necessario vendere auto ad hoc.

Queste posizioni critiche trovano conferme anche nel mondo accademico dove si sono elevate opinioni critiche nei confronti delle scelte promosse dal CARB che ora sono diventate vincolanti.

Robert Stavins di Harvard sostiene che lo studio sottostima sistematicamente i costi dell’operazione. Dello stesso parere è anche Matthew E. Kahn (UCLA), che pure è un sostenitore delle nuove norme nel loro complesso. Stephen Moore, senior economics writer del “Wall Street Journal”, scrive in un recente editoriale: “I lavori verdi finiscono presto per portare gli stati in rosso”.

Schwarzenegger, tuttavia, come la maggioranza dei californiani, è convinto che stiamo avvicinandoci a una apocalisse ambientale e che le analisi di costo fatte in modo tradizionale e di breve termine non tengono conto della gravità del problema. “Io raccomando con forza di andare avanti”, ha detto pochi giorni fa, “ci sarà sempre qualcuno che dice che vengono distrutti posti di lavoro…”.

Il punto di forza di questa “politica” sono le grandi aspettative nei confronti dell’ innovazione. Infatti, se osserviamo l’andamento nel passato delle “ondate di innovazione” e del loro contributo alla crescita, si nota che il settore dell’efficienza energetica e quello delle energie rinnovabili sono ancora nella fase iniziale e offrono quindi prospettive di grande miglioramento.

Come dice Susan Hocfield, presidente del MIT, in un suo recentissimo articolo sul “Boston Globe”, “Oltre metà della crescita economica degli Stati Uniti negli ultimi 50 anni è attribuibile a varie forme di innovazione tecnologica spesso generate da programmi di ricerca di base finanziata a livello federale. L’aspettativa per una crescita di produttività di lungo termine, anche oggi, si basa soprattutto sulla creazione di nuovi posti di lavoro da parte di nuove aziende che operano alla frontiera dell’innovazione. Assieme alla convergenza tra scienze della vita e ingegneria, saranno proprio le nuove tecnologie dell’energia pulita e dell’efficienza nel suo utilizzo a offrire le più grandi opportunità”.

Lo Stimulus Package è, in questo senso, solo un punto di partenza perché si propone di generare “decine di migliaia di lavori verdi”. Ma uno sforzo intenso in ricerca e sviluppo che porti a nuovi “salti tecnologici” e guardi lontano è in grado di generarne milioni.

Il costo dello Stimulus sta per generare il più grande deficit federale dai tempi del primo dopoguerra. Ripagarlo nel futuro sarà possibile solo se vi sarà un formidabile sviluppo di “innovazione distruttiva rispetto alle attuali tecnologie” in grandi settori quali energia, trasporti, salute. E i nuovi posti di lavoro saranno quasi tutti “verdi”.

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