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Anche se l’idea può sembrare a prima vista paradossale, l’azienda canadese NorthStar vuole spedire nello spazio una costellazione di 40 satelliti per creare un sistema di localizzazione dei detriti spaziali in orbita.

di Neel V. Patel

Ci sono circa 130 milioni di detriti spaziali in orbita attorno all’atmosfera terrestre. Il mondo (in particolare la US Air Force) monitora solo i più grandi, circa 22.300 pezzi di detriti superiori ai 10 centimetri, che rappresentano la minaccia più seria.

Ma i rischi sul tavolo rimangono molti: la maggior parte dei detriti sta orbitando attorno al pianeta a una velocità di 35.000 km all’ora, il che significa che un frammento di appena 0,2 millimetri può causare danni significativi a un satellite. I nostri attuali sistemi di localizzazione dei detriti spaziali sono decisamente inadeguati.

NorthStar Earth & Space pensa di aver trovato un rimedio. L’azienda spaziale canadese sta producendo una costellazione di 40 satelliti che lavoreranno per monitorare e tracciare i detriti spaziali, con un servizio commerciale pronto a partire dal 2021.

NorthStar seguirà i detriti con una combinazione di sensori iperspettrali, infrarossi e ottici. Il suo software analizza i dati che producono e crea previsioni per evitare potenziali collisioni. Secondo quanto riferito, il governo canadese ha già investito  13 milioni di dollari nello sviluppo del sistema.

Anche se il monitoraggio della spazzatura spaziale inviando altra possibile spazzatura nello spazio può sembrare un’operazione contraria al buon senso, NorthStar ha delle buone carte da giocarsi.

La maggior parte dei sistemi radar o telescopi che attualmente tracciano i detriti spaziali hanno la base a terra e quindi devono gestire distorsioni atmosferiche dei dati. Un sistema di localizzazione in orbita, invece, non deve preoccuparsene, afferma John Crassidis, un esperto di detriti orbitali all’Università di Buffalo.

L’osservazione dallo spazio, specialmente se i satelliti si attestano sulle altitudini orbitali più elevate come l’orbita equatoriale geosincrona o GEO (35.000 chilometri sopra la superficie terrestre), consente inoltre il monitoraggio dei detriti su un’area più ampia, con maggiore regolarità e con un ordine di grandezza superiore.

NorthStar afferma che il suo sistema, che farà anche osservazioni sulla Terra, monitorerà i detriti su più livelli orbitali. “Dal punto di vista tecnico, si può parlare di una vera svolta”, afferma Jean-Philippe Arseneau, responsabile delle comunicazioni di NorthStar. 

Anche l’esercito americano sta schierando la propria costellazione di satelliti per supportare la localizzazione dei detriti. Il programma SBSS (Space Based Surveillance System) ha finora lanciato un satellite in orbita terrestre bassa (LEO) nel 2010 e altri quattro in GEO.

Tuttavia, ci sono ostacoli da affrontare. Non è un’operazione a basso costo costruire un satellite, lanciarlo nello spazio e mantenerlo per un normale funzionamento. Età, danni da radiazioni e obsolescenza possono ridurre rapidamente il valore e l’utilità dell’hardware. 

“E’ come guidare un’auto per un milione di km e farla funzionare perfettamente per 24 ore al giorno, senza poterla riparare”, afferma Crassidis. “Questo è ciò che facciamo con i satelliti”.

I problemi che sulla terra potrebbero sembrare futili, nello spazio si ingigantiscono. Ci si chiede quindi, riproponendo la stessa domanda già posta a SpaceX (che vuole lanciare 12.000 satelliti nell’ambito del suo progetto Starlink), quali garanzie fornisca NorthStar per impedire che i suoi satelliti si aggiungano ai detriti orbitali.

La risposta non è semplice. Nessun trattato internazionale stipula ciò che è e non è consentito nello spazio per quanto riguarda la soluzione del problema della spazzatura. Al massimo, gli Stati Uniti hanno un paio di regole per LEO: i satelliti devono conservare abbastanza carburante da deorbitare alla fine della loro missione e i piccoli cubi LEO devono deorbitarsi entro 25 anni dal lancio. 

Crassidis ritiene che questo periodo sia ancora troppo lungo e preferirebbe di gran lunga un limite di vita vicino ai 10 anni circa. A peggiorare il quadro, non ci sono regole quando si tratta di GEO. “Quei satellite non scenderanno mai a terra”, dice Crassidis. L’unica risorsa è metterli in un’orbita “cimitero” (quasi 500 km oltre GEO).

Anche in questo caso, è possibile che gli impatti gravitazionali di altri corpi del sistema solare (come Giove) possano spingere indietro questi satelliti e minacciare quelli operativi in GEO.

NorthStar stesso non è d’accordo con l’idea che i suoi satelliti siano potenziali candidati a un futuro da detrito orbitale. Arseneau afferma che il lavoro dell’azienda finirà per aiutare a “organizzare la gestione del traffico spaziale”.

Rispetto ai 12.000 satelliti Starlink di SpaceX, la costellazione di NorthStar “sicuramente non aggiunge detriti o traffico. Sta invece proponendo soluzioni a un problema serio”, conclude Arsenau.

Come per la maggior parte delle questioni che riguardano lo spazio, non sappiamo cosa accadrà finché non ci arriveremo. L’invio di più oggetti nello spazio aumenta il rischio di collisioni orbitali, ma il tracciamento di oggetti nello spazio ci offre maggiori opportunità per evitare le collisioni. Resta da vedere se i benefici superino i rischi. 

(rp)