La rimozione del carbonio viene dal mare

Le praterie di alghe sono vasti campi di piante sottomarine in grado di catturare il carbonio 35 volte più velocemente delle foreste pluviali tropicali.

di Carly Cassella

Un nuovo studio, pubblicato su “Nature”, suggerisce che all’interno degli ecosistemi marini si cela un nuovo tipo di batterio, chiamato Celerinatantimonas neptuna, che può trasformare il gas azoto in un nutriente che le piante marine possono effettivamente utilizzare per la fotosintesi. Il processo è sorprendentemente simile al modo in cui anche le piante sulla terraferma catturano l’azoto. Lo studio si è concentrato solo su una specifica specie di posidonia nel Mar Mediterraneo, ma poiché i parenti del C. neptuna sono presenti in tutto il mondo, gli autori ritengono che relazioni simili potrebbero verificarsi anche altrove.

I ricercatori del Max Planck Institute for Marine Microbiology, a Brema, in Germania, hanno identificato i nuovi batteri utilizzando tecniche al microscopio, in cui le diverse specie batteriche che vivono all’interno e tra le cellule della radice della Posidonia oceanica sono evidenziate da etichette di colore diverso. Rispetto al sedimento sabbioso sparso intorno alle alghe, gli autori hanno scoperto che la pianta stessa era in grado di immagazzinare una quantità di anidride carbonica otto volte maggiore. E questo era vero anche quando non c’erano nutrienti azotati rilevabili nella colonna d’acqua.

Come riportato da Sciencealert.com, i risultati suggeriscono che qualcos’altro stava fissando il gas azoto e convertendolo per l’impianto marino. Dopo un esame più attento, il team ha scoperto che il microbioma delle radici della pianta non era lo stesso del microbioma del sedimento circostante. La differenza sembrava essere determinata principalmente da un singolo batterio, che gli autori hanno scoperto esiste nelle radici di fanerogame in quantità maggiori durante l’estate, quando l’azoto è più scarso. Una volta ottenuto, l’azoto in queste radici sembra diffondersi rapidamente in tutta la pianta. “Questo trasferimento”, scrivono gli autori, “è stato rapido, con fino a circa il 20 per cento dell’azoto appena fissato che è stato assimilato nella biomassa fogliare già entro 24 ore”.

(rp)

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