La ricerca sul vaccino passa per i volontari

Un gruppo di accademici ha presentato un piano di sviluppo del vaccino che prevede la presenza di 100 giovani disposti a esporsi volontariamente al contagio del coronavirus.

di Antonio Regalado

L’idea di un simile sfida è controversa, ma potrebbe accelerare di mesi i test di un vaccino, secondo una proposta avanzata online da alcuni studiosi di Harvard, che mette in evidenza l’importanza di agire rapidamente. “Abbiamo bisogno di nuove idee per uscire dalla crisi del COVID19 senza sacrificare l’economia o il sistema sanitario o entrambi”, ha twittato Marc Lipsitch, un epidemiologo dell’Università di Harvard che ha consegnato la proposta con Nir Eyal, un bioeticista della Rutgers University, e Peter Smith, uno statistico della London School of Hygiene & Tropical Medicine.

Alcuni esperti ritengono che un vaccino sia la migliore speranza per porre fine all’epidemia. Un possibile candidato, creato da Moderna Therapeutics, di Cambridge, nel Massachusetts, sta per essere somministrato a volontari sani nello stato di Washington in un primo test di sicurezza.
A nessuno, tuttavia, è stato ancora spruzzato il virus sul naso, in considerazione degli aspetti etici della sperimentazione. 

Il pericolo è ovvio, gli autori ammettono: “Contagiare i volontari con questo virus vivo rischia di indurre malattie gravi e forse persino la morte”. Tuttavia, il rischio potrebbe portare vantaggi per il resto della società, pensano gli studiosi, dal momento che contagiare di proposito i volontari potrebbe essere il modo più rapido per sapere se un vaccino funziona.

Un esperto di queste sperimentazioni, Myron Levine, dell’Università del Maryland, afferma che l’idea dovrebbe essere valutata con più attenzione. Secondo le statistiche pubblicate dai Centers for Disease Control and Prevention, le persone tra i 20 e i 44 anni rappresentano il 20 per cento di quelle ricoverate in ospedale per Covid-19 negli Stati Uniti, con circa 1 su 750 morti.

“Qualcuno permetterebbe alla persona amata di partecipare?” si chiede Levine. Esporre le persone a un germe può essere un sistema accettabile per fare ricerche scientifiche, e Levine afferma che lo sta facendo dal 1970, con malattie come il colera, ma a suo parere questi studi sono da considerare ammissibili solo in scenari in cui alle persone viene somministrata una versione indebolita o attenuata di un virus.

Il discorso cambia completamente se c’è una terapia farmacologica disponibile nel caso in cui il vaccino fallisca. A oggi, non esiste ancora alcuna cura per la pericolosa polmonite associata al Covid-19. Nonostante ciò, i tre autori della nuova proposta, nessuno dei quali è medico, affermano di pensare che gli adulti più giovani, che di solito non soffrono di forme gravi di malattia, potrebbero accettare consapevolmente di essere le cavie che aiutano a salvare il mondo dal Covid-19. 

Il trio scientifico spiega come si potrebbe procedere. In primo luogo, i giovani volontari verrebbero sottoposti a una quarantena di due settimane per assicurarsi che non abbiano già contratto il virus. Successivamente, gli verrebbe somministrato il coronavirus e poi sarebbero messe in osservazione. Durante lo studio rimarrebbero isolati in “un ambiente sicuro e confortevole”. I medici potranno quindi misurare il tempo impiegato a sviluppare eventuali sintomi.

“Le dimensioni richieste da tali studi dipenderebbero dagli obiettivi scelti, ma potrebbero richiedere almeno 100 volontari”, ipotizzano i tre. “Tutti i volontari riceverebbero cure eccellenti per il COVID-19, inclusa la priorità per l’utilizzo delle risorse salvavita, in strutture all’avanguardia”.

Il problema con i vaccini è che in genere ci vogliono almeno 18 mesi per testarli e preparare le scorte. Buona parte del tempo dedicato alla ricerca e sviluppo viene assegnato alla fase 3 della sperimentazione, in cui centinaia o migliaia di persone verrebbero vaccinate mentre le altre no, nel tentativo di dimostrare che coloro che sono vaccinati non si prendono la malattia o hanno meno sintomi nel caso succeda.

Secondo Smith, Lipsitch ed Eyal, somministrare un vaccino alle persone e poi infettarle di proposito potrebbe accelerare quel processo e “potrebbe essere un modo accettabile per aggirare la Fase 3”. Levine concorda sul fatto che una simile prova “potrebbe ridurre i tempi”. Tuttavia, se Covid-19 continua a svilupparsi a livello globale, il vantaggio di uno studio sul contagio potrebbe non essere così grande come sembra. Con molte persone che vengono comunque infettate, dovrebbe essere possibile organizzare una sperimentazione che sia allo stesso tempo rapida e valida dal punto di vista etico.

Sono già stati presi dei provvedimenti per ridurre il tempo impiegato a produrre un vaccino. Secondo quanto riferito, Moderna e il National Institutes of Health hanno iniziato studi di sicurezza con il vaccino prima di terminare la fase di studi sugli animali. Secondo il “Boston Globe”, il CEO di Moderna, Stéphane Bancel, ha anche detto ai banchieri che l’azienda potrebbe chiedere l’approvazione delle procedure  di emergenza da Washington per somministrare il suo vaccino contro il coronavirus ad alcune persone questo autunno.

“È possibile che in caso di emergenza, il vaccino potrebbe essere disponibile solo per alcune categorie di persone, a partire dagli operatori sanitari”, ha dichiarato Bancel, secondo quanto concordato con la Securities and Exchange Commission. È probabile che se si farà il test molte persone si presentino su base volontaria. Dopotutto, gli operatori sanitari, chi lavora in prima fila e persino i commessi dei negozi di alimentari sono già a rischio di contrarre il Covid-19 sul posto di lavoro.

“Può sembrare inammissibile chiedere alle persone di correre il rischio di prendersi gravi malattie o addirittura di morire, anche se la contropartita è il bene pubblico”, scrivono gli autori della proposta di sfida. “Ma in realtà facciamo questa cosa ogni volta che chiediamo ai vigili del fuoco volontari di correre negli edifici in fiamme”.

Immagine: Ms Tech / Getty

(rp)

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