La Cina sta reagendo alle sempre più rigide restrizioni alle esportazioni di semiconduttori.
Il conflitto tecnologico tra Stati Uniti e Cina continua e si aggrava.
La scorsa settimana, il Ministero del Commercio cinese ha annunciato un nuovo sistema di licenze di esportazione per il gallio e il germanio, due elementi utilizzati per produrre chip per computer, fibre ottiche, celle solari e altri dispositivi tecnologici.
La maggior parte degli esperti considera la mossa come la ritorsione più significativa della Cina contro il blocco tecnologico dei semiconduttori da parte dell’Occidente, che si è ampliato molto lo scorso ottobre quando gli Stati Uniti hanno limitato l’esportazione in Cina dei chip più all’avanguardia e delle attrezzature in grado di produrli.
All’inizio di quest’anno, la Cina ha risposto inserendo Raytheon e Lockheed Martin in una lista di entità inaffidabili e vietando alle aziende nazionali di acquistare chip dall’americana Micron. Tuttavia, nessuna di queste mosse può competere con l’impatto globale del controllo delle esportazioni di gallio e germanio. Imponendo una stretta su queste due materie prime, la Cina sta comunicando al mondo che, a sua volta, può causare gravi problemi al sistema tecnologico occidentale e spingere altri Paesi a riconsiderare le restrizioni.
Ma come ho riportato lunedì, i nuovi controlli sulle esportazioni cinesi potrebbero non avere un grande impatto a lungo termine. “Il controllo delle esportazioni non è altrettanto efficace se le tecnologie sono disponibili su altri mercati”, mi ha detto Sarah Bauerle Danzman, professore di studi internazionali presso l’Indiana University di Bloomington. Poiché la tecnologia per la produzione di gallio e germanio è molto matura, non sarà difficile per le miniere di altri Paesi aumentare la produzione, anche se ci vorranno tempo, investimenti, incentivi politici e forse miglioramenti tecnologici per rendere il processo più ecologico.
Cosa succede ora? Metà del 2023 è ormai alle spalle e anche se ci sono stati alcuni eventi diplomatici che hanno mostrato qualche schiarita nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, come i viaggi in Cina dei funzionari statunitensi Antony Blinken e Janet Yellen, le tensioni sul fronte tecnologico stanno solo peggiorando.
Quando a ottobre gli USA hanno introdotto le restrizioni alle esportazioni di chip, non era chiaro quale sarebbe stato il loro impatto, perché gli Stati Uniti non controllano l’intera catena di fornitura dei semiconduttori. Secondo gli analisti una delle maggiori questioni in sospeso era la misura in cui gli USA avrebbero potuto convincere i loro alleati ad aderire al blocco.
Ora gli Stati Uniti sono riusciti a coinvolgere i principali attori. A maggio, il Giappone ha annunciato di voler limitare l’esportazione di 23 tipi di apparecchiature utilizzate in diversi processi di produzione di chip. Il Giappone è andato addirittura oltre le regole degli Stati Uniti. Questi ultimi hanno infatti limitato l’esportazione di strumenti per la produzione dei chip più all’avanguardia, quelli della generazione a 14 nanometri o inferiore. Le restrizioni del Giappone si estendono addirittura alle generazioni di chip più vecchie e meno avanzate (fino al livello dei 45 nanometri), il che fa temere all’industria cinese dei semiconduttori che venga colpita anche la produzione dei chip di base utilizzati nei prodotti di uso quotidiano, come le automobili.
Alla fine di giugno, i Paesi Bassi hanno seguito l’esempio e hanno annunciato che limiteranno l’esportazione in Cina di macchine litografiche a ultravioletti profondi (DUV) utilizzate per modellare i chip. Anche questo è un irrigidimento delle regole precedenti, che dal 2019 limitavano l’esportazione solo delle macchine più avanzate per la litografia a ultravioletti estremi (EUV).
Questo incremento delle restrizioni ha probabilmente spinto la Cina a prendere esempio dai suoi nemici istituendo i controlli su gallio e germanio.
La visita della Yellen la scorsa settimana dimostra che questo tira e molla tra la Cina e il blocco guidato dagli Stati Uniti non finirà tanto presto. Sia la Yellen sia i leader cinesi hanno espresso la loro preoccupazione per i controlli sulle esportazioni della controparte, ma nessuno dei due ha detto di voler fare marcia indietro. Se verranno intraprese azioni più aggressive, potremmo assistere a un’espansione della guerra tecnologica al di fuori del settore dei semiconduttori, coinvolgendo anche tecnologie come quelle delle batterie. Come ho spiegato nel mio articolo di lunedì, è qui che la Cina avrebbe un vantaggio maggiore.