La geopolitica del renminbi

La questione dell’entrata del renminbi al Fondo Monetario Internazionale è ancora aperta. Secondo il direttore dell’FMI, Lagarde, è solo questione di tempo, mentre rimangono forti le resistenze del Congresso degli Stati Uniti.

di Geminello Alvi (Fonte ABO/OIL)

Quanto si accorda agli interessi della Cina un ordine mondiale centrato ancora sull’egemonia delle nazioni anglofone e dell’Occidente? La domanda è non diversa da quella che alla fine dell’ottocento e ancora negli anni Venti si posero per esempio gli economisti e tutta la politica tedesca. E visto il suo esito allora, e le guerre che ne seguirono, non è dunque meno importante da considerare di altre questioni come il declino demografico della Cina o la sproporzione del suo debito o l’eccesso di investimenti. E peraltro la Cina proprio in questi mesi sta proponendo allo scenario internazionale la questione, quando richiede al IMF di aggiungere il renminbi al paniere di valute che determinano il valore delle riserve per i diritti speciali di prelievo, e che già comprende sterlina, dollaro, euro e yen. Malgrado le dichiarazioni della Lagarde secondo la quale l’inserimento sarebbe soltanto ormai una questione di tempo, l’ex presidente della Federal Reserve Ben Bernanke a Shangai il mese scorso si è rivelato assai più prudente, vincolandolo alle riforme finanziarie finanziario e dell’intero modello di crescita cinese. E tra l’altro anche le resistenze del Congresso degli Stati Uniti non rendono scontata la posizione degli Stati Uniti nel voto di ottobre per l’inclusione del renminbi nei SDR.

Scenario politico o economico?

Resta insomma dubitabile, e più complicato del previsto, che l’essere la Cina divenuta la prima economia del mondo in termini di potere d’acquisto implichi un immediato salto di potere anche per la sua moneta. Anche la questione della AIIB conferma le varie resistenze degli Stati Uniti all’inserimento della Cina nelle strutture di comando dell’economia mondiale. E tuttavia cinquantasette Paesi, Francia, la Germania, e Regno Unito compresi, vi hanno aderito come soci fondatori. E va anche considerato il fatto che la leadership cinese malgrado la deflazione non stia affatto assecondando una guerra delle valute; a confermare l’importanza che la Cina attribuisce alla conquista di un nuovo ruolo internazionale per il renminbi. Ma anche le gravi tensioni politiche della Cina con le nazioni confinanti entrano in questo complicato gioco. Lo scenario economico si confonde ora sempre più con quello geopolitico.

L’articolo è disponibile anche su abo.net

(sa)

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