La chimica affronta il problema della plastica

Una nuova ricerca potrebbe aiutare a trasformare un mix di rifiuti di plastica in nuovi prodotti

Tendiamo a raggruppare tutta la plastica in un’unica categoria, ma le bottiglie d’acqua, le brocche del latte, i cartoni delle uova e le carte di credito sono in realtà prodotti realizzati con materiali diversi, cosa immediatamente chiara quando si cerca di capire in quale cestino debba finire ciascun oggetto.

Una volta raggiunta una struttura di riciclaggio, la plastica deve essere separata, un processo che può essere lento e costoso e che, in ultima analisi, limita il tipo di materiali e la quantità che è possibile riciclare.

Alcuni ricercatori hanno ora sviluppato un nuovo processo in grado di trasformare una miscela di diversi tipi di plastica in propano, un semplice elemento chimico che può essere utilizzato come combustibile o convertito in nuova plastica o altri prodotti. Il processo funziona in quanto, nonostante la composizione chimica esatta possa differire, molte materie plastiche condividono una ricetta di base simile: sono costituite da lunghe catene di carbonio e idrogeno.

Insieme a politiche e protezioni ambientali, reinventare il riciclaggio potrebbe svolgere un ruolo nella prevenzione di alcuni dei peggiori danni causati dalla plastica.

Ogni anno in tutto il mondo vengono prodotte oltre 400 milioni di tonnellate di plastica. Di questi, meno del 10% viene riciclato, circa il 30% rimane in uso per qualche tempo e il resto finisce nelle discariche o nell’ambiente oppure viene incenerito.

La plastica è anche un motore significativo del cambiamento climatico: la sua produzione ha rappresentato il 3,4% delle emissioni globali di gas serra nel 2019.

Non solo il riciclaggio tiene la plastica fuori dalle discariche e dagli oceani, ma anche nuovi modi per produrre elementi costitutivi per la plastica potrebbero contribuire a ridurre le emissioni.

“Quello che stiamo davvero cercando di fare è trovare il modo di trasformare questi materiali plastici di scarto in una preziosa materia prima“, afferma Julie Rorrer, in ingegneria chimica al MIT e uno degli autori principali della recente ricerca.

Uno dei vantaggi del nuovo approccio sviluppato da Rorrer e colleghi è la sua applicabilità a due delle materie plastiche più comunemente utilizzate al giorno d’oggi: polietilene e polipropilene. Nel reattore entra una miscela delle materie plastiche di cui sono composte bottiglie e cartoni del latte, e ne esce il propano.

L’approccio ha un’elevata selettività, con il propano che costituisce circa l’80% dei gas del prodotto finale.

“Si tratta di un risultato davvero entusiasmante, un passo verso l’idea di circolarità”, spiega Rorrer.

Per ridurre la quantità di energia necessaria a trattare la plastica, il processo utilizza un catalizzatore con due componenti: il cobalto e un materiale poroso simile alla sabbia chiamato zeolite. I ricercatori non sono ancora sicuri di come funzioni esattamente la combinazione, ma Rorrer afferma che la selettività probabilmente deriva dai pori della zeolite, che limitano la reazione delle lunghe catene molecolari nella plastica, mentre il cobalto aiuta a impedire che la zeolite venga disattivata.

Il processo è ancora lontano dall’essere pronto all’applicazione industriale. In questo momento, la reazione viene eseguita in piccoli lotti e probabilmente dovrebbe essere continua per essere economica.

Rorrer afferma che i ricercatori stanno anche valutando quali materiali utilizzare. Il cobalto è più comune e meno costoso di altri catalizzatori che hanno provato, come il rutenio e il platino, ma stanno ancora cercando altre opzioni. Una migliore comprensione di come funzionano i catalizzatori potrebbe consentire loro di sostituire il cobalto con catalizzatori più economici e più abbondanti, afferma Rorrer.

L’obiettivo finale sarebbe un sistema di riciclaggio della plastica completamente misto, afferma Rorrer, “e tale quadro non è del tutto inverosimile”.

Tuttavia, raggiungere quella visione richiederà alcune modifiche. Il polietilene e il polipropilene sono semplici catene di carbonio e idrogeno, mentre alcune altre materie plastiche contengono altri elementi, come l’ossigeno e il cloro, che potrebbero rappresentare una sfida per i metodi di riciclaggio chimico.

Ad esempio, se il cloruro di polivinile (PVC), ampiamente utilizzato in bottiglie e tubi, finisce in questo sistema, potrebbe disattivare o inquinare il catalizzatore mentre produce prodotti secondari di gas tossici, quindi i ricercatori devono ancora trovare altri modi per gestire quella plastica.

Gli scienziati stanno anche studiando altri metodi per riciclare lotti di plastica mista. In uno studio pubblicato su Science in ottobre, i ricercatori hanno utilizzato un processo chimico insieme a batteri geneticamente modificati per abbattere una miscela di tre comuni plastiche.

Il primo passaggio, che coinvolge l’ossidazione chimica, taglia lunghe catene, creando molecole più piccole che hanno l’ossigeno attaccato. L’approccio è efficace perché l’ossidazione è “abbastanza promiscua”, lavorando su una gamma di materiali, spiega Shannon Stahl, autore principale della ricerca e chimico presso l’Università del Wisconsin.

L’ossidazione della plastica genera prodotti che possono poi essere inghiottiti dai batteri del suolo che sono stati modificati per banchettare con loro. Alterando il metabolismo dei batteri, i ricercatori potrebbero infine creare nuove materie plastiche, come nuove forme di nylon.

La ricerca è ancora un in corso, afferma Alli Werner, biologo del National Renewable Energy Laboratory e uno degli autori dello studio di Science. In particolare, il team sta lavorando per comprendere meglio le vie metaboliche utilizzate dai batteri per realizzare i prodotti in modo che possano accelerare il processo e produrre quantità maggiori di materiali utili.

Questo approccio potrebbe probabilmente essere utilizzato su scala più ampia, in quanto sia l’ossidazione che i batteri geneticamente modificati sono già diffusi: l’industria petrolchimica fa affidamento sull’ossidazione per produrre milioni di tonnellate di materiale ogni anno e i microrganismi sono utilizzati in industrie come lo sviluppo di farmaci e la trasformazione alimentare .

Mentre biologi come Werner e ingegneri chimici come Rorrer rivolgono la loro attenzione a nuovi metodi di riciclaggio della plastica, aprono opportunità per ripensare il modo in cui gestiamo le grandi quantità di rifiuti di plastica.

“Questa è una sfida che la comunità è pronta ad affrontare“, afferma Rorrer. E ha notato un afflusso significativo di nuovi ricercatori interessati a lavorare sulla plastica: “Sembra che tutti si stiano dedicando al riciclo della plastica”.

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