Un nuovo studio approfondisce gli effetti dell’insonnia sulla salute. Soprattutto ora che la pandemia ha peggiorato le cose
Lisa Ovi
Secondo la European Insomnia Network (EIN), si tratta del più diffuso tra i disturbi del sonno al mondo. In Europa, affligge in maniera cronica probabilmente più del 10% della popolazione, con notevoli rischi per la salute fisica e mentale.
Insonnia: dal latino ‘senza sonno’
In forma cronica, l’insonnia è stata strettamente associata a casi di ipertensione, attacchi cardiaci e ictus, obesità, diabete, depressione e ansia, diminuzione delle funzioni cerebrali, perdita di memoria, sistema immunitario indebolito, tassi di fertilità inferiori e disturbi psichiatrici.
Tra le cause più comuni di insonnia troviamo dolore cronico, stress, orari irregolari, cattive abitudini del sonno, ma anche disturbi della salute mentale come ansia e depressione, o malattie neurologiche, disturbi del sistema endocrino e gli effetti collaterali di alcuni farmaci.
In una Europa che desidera approfondire lo studio della salute abbracciando il concetto di benessere e prevenzione, diventa sempre più importante la pubblicazione di testi come ‘The European guideline for the diagnosis and treatment of insomnia‘, in cui sono raccolte le raccomandazioni sul trattamento del disturbo da insonnia cronica di esperti di tutto il continente.
Il nuovo studio
Ora, un nuovo studio dell’Università di Helsinki ci allerta sul potenziale dell’insonnia come chiara concausa di disturbi cognitivi dopo i 60 anni.
Condotto dall’Helsinki Health Study, una task force dedicata allo studio dello stato di salute della popolazione in età lavorativa ad Helsinki, il gruppo di ricercatori ha analizzato l’effetto dell’insonnia sulla memoria, sulla capacità di apprendimento e di concentrazione dei volontari una volta in pensione. Il periodo di follow-up è stato di 15-17 anni.
Publicato da Journal of Aging and Health i risultati dello studio porterebbero alla luce una chiara correlazione diretta tra i sintomi dell’insonnia cronica su lungo periodo e l’emergere di disturbi cognitivi in un secondo tempo. Lo studio rivela anche che il prolungarsi dei sintomi dell’insonnia si associa a problemi di memoria e difficoltà nell’apprendimento sempre maggiori.
Già numerose ricerche hanno dimostrato l’esistenza di meccanismi che spiegano la correlazione tra sonno e capacità cognitive. Ciò che rende eccezionale il nuovo studio è il lungo periodo di follow-up sui sintomi dell’insonnia. Lo studio ha anche dimostrato come agire nel corso degli anni sui sintomi dell’insonnia può portare a miglioramenti cognitivi rispetto al mancato intervento.
“Sulla base dei nostri risultati, sarebbe giustificato un intervento precoce per affrontare i sintomi dell’insonnia o misure volte a migliorare la qualità del sonno“, spiega la professoressa Tea Lallukka, direttrice del Dipartimento per la Salute Pubblica all’Università di Helsinki.
Cosa si può fare
La buona notizia è che nella maggior parte dei casi di insonnia si può intervenire con alcune ‘semplici’ alterazioni delle abitudini quotidiane che non richiedono l’intervento di specialisti del sonno o l’utilizzo di sonniferi.
Tra queste possiamo elencare l’adozione di ritmi di vita quotidiana regolari tra ore dedicate al riposo, al lavoro ed all’esercizio fisico. Anche le abitudini alimentari giocano la loro parte: dall’evitare sostanze eccitanti come il caffè al nutrirsi in orari regolari. Può aiutare persino un monitoraggio delle temperature e dei livelli di luminosità nella stanza da letto.
Ciò non toglie che questi semplici interventi possano non essere poi così semplici o sufficienti. La professoressa Lallukka ritiene che siano necessari studi ancora più approfonditi sulle misure necessarie per sostenere un buon sonno.
“Nei prossimi studi, sarebbe interessante chiarire, ad esempio, se il trattamento dell’insonnia può addirittura rallentare lo sviluppo di disturbi della memoria“, afferma Lallukka. Il presente studio è stato condotto soprattutto sui sintomi della memoria auto-riferiti.
Impatto della pandemia
Questi anni di pandemia hanno alimentato un aumento significativo nei casi di insonnia (la chiamano Coronasomnia), con un 60% circa della popolazione che segnala ora di avere problemi a dormire regolarmente.
Come non fosse stato sufficiente lo stress indotto da una crisi internazionale della salute pubblica con tutte le sue sfide ed incertezze , i disturbi del sonno sono ora tra i sintomi del Long-Covid, ovvero quanto rimane di un’infezione da Covid-19 anche a guarigione avvenuta.
La necessità di nuovi studi sulla correlazione tra buon sonno e salute si fa dunque sempre più incalzante.
Immagine d’apertura: Kinga Cichewicz, su Unsplash
(lo)