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Lo ha provato Jennifer Elisseeff e Science lo ha pubblicato

di Alessandro Ovi

Ipotesi di un possibile ruolo rigenerativo del sistema immunitario (distinto dal suo compito di difensore da elementi antigeni), si limitavano finora a pubblicazioni di scienze politiche o filosofia sociale.

Una ricerca pubblicata sulla rivista ‘Science’, nel numero del 15 aprile 2016, “Developing a pro-regenerative biomaterial scaffold microenvironment requires T helper 2 cells”, condotta da ricercatori della JHU, guidata dalla dottoressa Jennifer Ellisseff, direttore del Translational Tissue Egineering Center (TTEC) dela JHU, mette in luce questa realtà, con prove di laboratorio, anche per la biologia animale.

I ricercatori si aspettano pensano di poter presto dimostrare lo stesso anche per gli esseri umani.
La dr.ssa Elisseeff ha rivolto i propri studi a processi secondo cui strutture (Scaffolds) in biomateriali modellano il microambiente immunitario e impattano i tessuti.

Una popolazione variegata di cellule del sistema immunitario, tra cui macrofagi e cellule coinvolte nell’immunità adattiva , viene chiamata a collaborare in queste strutture.

L’articolo dimostra come la manipolazione dei processi di immunità acquisita nella progettazione di biomateriali, possa essere la base dello sviluppo di future terapie capaci di supportare in maniera efficace l’equilibrio immunitario nei tessuti, stimolando di conseguenza la riparazione degli stessi.

Ci si può aspettare una rivoluzione nella lotta a patologie infiammatorie di ogni genere, disturbi neurologici, fibrosi nonché alcune forme di cancro.
Perché una rivoluzione?
Prima di tutto perché le terapie di medicina rigenerativa rivolte alle cellule staminali non hanno finora ottenuto grandi successi. Il pensiero rivoluzionario alla base delle ricerche della dr.ssa Elisseeff sta nel puntare piuttosto l’attenzione sulle cellule del sistema immunitario, capaci di interagire direttamente con le strutture in biomateriali.

Tutto questo è reso possibile dall’emergere e dalla crescente popolarità dell’ingegneria biomedica, indubbiamente uno dei migliori esempi dei benefici che si possono ottenere dall’abbattimento delle barriere artificiali poste tra biologia dello sviluppo, immunologia, scienze dei biomateriali, medicina, biologia molecolare ed ingegneria biomedica. Sembra inevitabile giungere alla conclusione che la nostra comprensione della biologia, della salute e della malattia debba farsi radicalmente differente nel corso del prossimo decennio.

(sa)