Il signore delle luci di Holly-Wood

Paul Debevec mescola l’illuminazione del mondo reale con la grafica computerizzata d’avanguardia per creare alcuni degli effetti più sensazionali e realistici dell’industria cinematografica

UNA SPIAGGIA SOLEGGIATA.UN RISTORANTE A LUME DI CANDELA. UNA PRIGIONE ORRIPILANTE.

Nel mondo della produzione di film i registi usano sempre più gli strumenti digitali per aggiungere caratteristiche vere e virtuali a differenti tipi di ambienti.

La chiave per rendere tutto ciò realistico? L’illuminazione. «Come illuminare un attore è un problema serio», afferma Paul Debevec, un informatico che è alla guida del Graphics Laboratory all’Institute for Creative Technologies dell’Università della California meridionale. Con la creazione su computer di una luce artificiale più accurata, egli dice, il suo gruppo sta «fornendo più flessibilità a chi produce film» durante le riprese e sistemi più efficaci per generare effetti.

Ciò significa risparmio di soldi e tempo nel girare le scene, nel montaggio e nel disegno grafico, per non parlare dei risultati più convincenti.

L’obiettivo è creare personaggi e oggetti digitali più realistici che possono essere usati in qualunque scena. Comunque le tecniche basate sul lavoro di Debevec sono già state utilizzate da aziende di effetti speciali in numerosi film importanti, tra cui la serie di Matrix e X-Men.

Nel suo laboratorio a Marina del Rey, in California, Debevec ha mostrato a Gregory T. Huang, redattore di «Technology Review», edizione americana, come usare la luce del mondo reale – e gli algoritmi di quello digitale – per rendere l’espressione del viso di un attore più suggestiva in qualsiasi condizione e in qualsiasi momento.

1. LA SFERA AL TRAMONTO. Immaginiamo di voler illuminare un attore in uno studio come se fosse su un tetto all’ora del tramonto. La prima mossa è catturare la luce del mondo reale. Sul tetto del laboratorio Debevec e il programmatore della ricerca Andrew Gardner hanno montato una sfera riflettente su un treppiede. Debevec scatta foto della sfera da differenti punti di vista, usando una macchina digitale calibrata in modo speciale. La luce rimbalza sulla sfera da molte direzioni e si indirizza verso l’obiettivo della macchina fotografica, assicurando una rappresentazione a 360 gradi della luce ambientale. «Utilizzando una gamma di esposizioni e velocità dell’otturatore», dice Debevec, «registriamo l’intero arco dinamico della luce che si trova all’esterno». Così, quando arriva il momento di inserire digitalmente l’attore nell’appropriato sfondo scenico, abbiamo una quantità sufficiente di informazione catturata – luce solare diretta, luce diffusa dal cielo, riverbero del tetto – per illuminare il personaggio in modo veramente realistico. Le misurazioni della luce prese sul tetto del laboratorio vengono registrate e serviranno come riferimento per ricreare al computer condizioni d’illuminazione artificiali.

2-4. LUCI, FOTOGRAFIA, AZIONE. Il passo successivo: fotografare un attore per inserirlo digitalmente in una scena, come nel caso del tetto, con l’illuminazione più adatta. Giocando a fare l’attore, Gardner siede vicino a un apparecchio chiamato «Palco della luce»: un braccio ricurvo alto tre metri contenente 30 elementi a luce intermittente (2). All’interno di ogni elemento lampeggiante si trova un transistor che si accende e si spenge in un millisecondo e un chip programmabile che riceve istruzioni da un computer nelle vicinanze. Una macchina fotografica fissa ad alta velocità (in primo piano) scatta istantanee del volto di Gardner mentre le luci bianche si accendono una alla volta, in sincronia alle esposizioni della macchina fotografica (3). Poi, per riprendere l’immagine del suo volto «illuminato da ogni possibile direzione», continua Debevec, il Palco della luce ruota lentamente intorno a lui per circa 20 secondi (4). In questo arco di tempo, la macchina fotografica scatta centinaia di foto a Gardner, mentre i movimenti dellsono controllati da un computer grazie a un motore elettrico disposto sul soffitto.

5. MESSA A PUNTO DIGITALE. Ora un altro programmatore della ricerca, Tim Hawkins, inserisce tutti i dati nel computer e li mette in ordine. Il software di Hawkins esamina le singole istantanee da studio (sullo schermo ne appaiono sei) e le combina in modi differenti per calcolare come il volto potrebbe apparire «in presenza delle tante luci precedentemente riprese», spiega Debevec. Per ricreare la luce del tramonto, il computer sovrappone le immagini del volto che corrispondono alla direzione e all’intensità della luce reale catturata sul tetto.

6. IL PRODOTTO FINALE. Il risultato è una foto di Gardner illuminato digitalmente da un tramonto sul tetto (a destra), messa accanto allo stesso volto in una piazza di Firenze ripreso in un mattino nuvoloso (a sinistra). Queste immagini possono ora essere inserite nello sfondo scenico, con la giusta illuminazione, senza che l’attore sia mai stato nel luogo dove si gira la scena. In questo modo un regista può inserire volti digitali più realistici, stuntmen e «allestire nuovi set di luci» se ci sono modifiche al copione che, per esempio, prevedono la presenza di un personaggio in una zona a una certa ora del giorno, dice Debevec. «Noi lo facciamo sembrare reale. Il regista deve renderlo credibile», egli conclude.

Finora queste tecniche si sono applicate solo a facce e oggetti fissi. Il passo successivo sarà rendere animati i volti mescolando sequenze di differenti espressioni nel tempo – per esempio, il movimento delle labbra – fornendo in tal modo ai registi un nuovo strumento per creare film più vividi e realistici.

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