Sfide industriali
On line, gli inserzionisti pubblicitari stanno spendendo una modesta frazione di quanto abitualmente investivano per gli spazi sui media tradizionali. Questa situazione crea dei seri problemi alle aziende del settore dei media. Anche se risparmiano soldi diffondendo i loro prodotti su Internet, queste aziende devono tuttavia sostenere costi fissi considerevoli per creare contenuti. Come possono allora fare profitti? Le possibili risposte si affidano soprattutto ai ricavi degli abbonamenti e delle vendite dirette (si veda La convergenza è vincente, pag. 67) o al passaggio a un modello no profit sostenuto da sovvenzioni e donazioni. Ma queste strategie da sole non sono sufficienti a chiudere il gap finanziario. La maggior parte delle aziende del settore dei media devono convincere gli inserzionisti che gli spazi pubblicitari on line che vendono – banner, box eccetera – valgono di più di quanto gli inserzionisti al momento credano.
La società specializzata in ricerche di mercato, eMarketer, stima che nel 2009 gli inserzionisti abbiano speso on line 22,4 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Sfortunatamente per gli editori, la «parola chiave» o il search advertising (lo spot legato alla piattaforma di ricerca in rete) – i collegamenti venduti da Google e altri motori di ricerca – si stanno impossessando di una fetta sempre più larga di questa torta, a scapito dei banner pubblicitari. Nel 2008, il search advertising è cresciuto del 25 per cento, mentre i banner hanno avuto un incremento solo del 9 per cento. Gli inserzionisti sono riluttanti a pagare i banner a causa delle difficoltà a mantenere il controllo sul comportamento on line degli utenti. Tradizionalmente, le aziende di telecomunicazioni e della carta stampata hanno fornito informazioni accurate e affidabili sulle dimensioni e la composizione demografica del loro pubblico. Ma nessuna fonte d’informazione attuale è riuscita a spingere gli inserzionisti ad avere fiducia nella pubblicità on line e a incrementare i loro investimenti, spiega Paula Storti, fondatrice di Worldwalk Media, un’agenzia pubblicitaria che si occupa di global marketing.
Un calcolo accurato degli utenti dei siti Web è essenziale, poiché gli inserzionisti pagheranno di più se dieci persone diverse guardano un avviso pubblicitario rispetto allo stesso utente che lo guarda dieci volte. Due metodi principali dominano i sistemi di misurazione dell’audience on line. Il primo è l’analisi dei cookie memorizzati sui browser dei visitatori e nei «file di registro» degli editori (un resoconto delle richieste di pagine Web). Il secondo si affida ai profili di audience, delineati a partire da gruppi di consumatori. Non si è trovato un accordo su quale di questi sistemi fornisca agli inserzionisti un quadro preciso del pubblico dei siti Web. Le aziende che fanno uso dei cookie e dell’analisi dei file di registro, come Omniture (di recente acquistata da Adobe), WebTrends e Coremetrics forniscono informazioni demografiche molto limitate e vengono di frequente accusate di sopravvalutare le dimensioni dell’audience a causa di una serie di fattori, tra cui l’uso di più computer da parte dell’utente e il software per la tutela della privacy, che cancella automaticamente i cookie. Le aziende che si avvalgono dei gruppi di consumatori per le misurazioni, come ComScore e Nielsen Online, arruolano gli utenti Web per rispondere a dettagliate indagini demografiche e monitorano i loro browser con software installato sui loro computer. I gruppi garantiscono l’informazione demografica che gli inserzionisti ottengono normalmente da media come le riviste e la televisione, ma il metodo sottovaluta gli utenti dei siti Web, specialmente quando i visitatori si collegano dai posti di lavoro. In particolare, vengono sottostimati grossolanamente gli utenti dei siti minori.
La crescita di Internet mobile – con tecnologie, apparecchi, protocolli comunicativi, sistemi operativi e sistemi per il supporto delle immagini, cookie e JavaScript di tipo diverso – complica ulteriormente il calcolo dell’audience. Startup come Mobilytcs, Bango, AdMob (di recente acquistata da Google), Localytics e Motally hanno prodotto etichette software che gli editori possono inserire nei loro siti Web e applicazioni mobili per monitorare l’audience. Solo una cosa è sicura: se le aziende del settore dei media vogliono rimanere sul mercato, devono trovare una soluzione gradita agli inserzionisti, e rapidamente.