Il lungo addio del petrolio

di Kevin Bullis

Per almeno qualche decennio gli idrocarburi liquidi – benzina, gasolio e cherosene – continueranno a rappresentare il punto di forza del sistema dei trasporti. Sono economici; il rifornimento è rapido e la loro densità energetica, cruciale per gli spostamenti lunghi, è difficile da superare. «La tecnologia avanzata sta venendo alla luce molto lentamente», dice Daniel Sperling, direttore dell’Institute for Transportation Studies all’Università della California, a Davis, e membro del California Air Resources Board. «Dobbiamo impegnarci per rendere più efficienti le tecnologie tradizionali».

Si potrebbe ridurre il consumo di carburante di una berlina di media grandezza fino al 60 per cento senza sacrificare dimensioni o prestazioni, ma semplicemente adottando con intelligenza le tecnologie attuali. I materiali leggeri contribuirebbero. La sovralimentazione avanzata e la tecnologia a iniezione diretta ricaverebbero più potenza da motori più piccoli che perderebbero meno energia per l’attrito. Allo stesso modo, costruendo aerei più leggeri, con motori più efficienti, si potrebbero ridurre i consumi di carburante dal 30 al 50 per cento entro il 2020.

I biocombustibili dovrebbero aiutare a contenere il consumo di petrolio greggio, anche se il loro contributo dipenderà da molti fattori, tra cui il prezzo del petrolio e lo sviluppo di nuove tecnologie. L’International Energy Agency ha valutato che entro il 2050 etanolo e biodiesel potrebbero coprire il 13 per cento della domanda globale di combustibile da trasporto. La Energy Information Administration statunitense prevede che i consumi di biocombustibili negli Stati Uniti arriveranno da 7,7 miliardi di galloni (1) l’anno nel 2007 a 35 miliardi di galloni nel 2030, mentre i consumi di benzina, gasolio e cherosene rimarranno stabili a circa 220 miliardi di galloni l’anno.

All’inizio gran parte dei biocombustibili sarà costituita da etanolo prodotto da granturco o canna da zucchero. La quantità di etanolo che si può produrre da queste fonti, soprattutto il granturco, è soggetta alla disponibilità di terreni agricoli. Inoltre le riduzioni di gas serra sono minime, perché la produzione di etanolo da granturco richiede l’impiego di una grande quantità di combustibile fossile.

Invece le fonti cellulosiche dell’etanolo, come l’erba Panico verga e il legno, possono svilupparsi su terreni marginali, incrementando notevolmente la produzione potenziale del combustibile. Inoltre il processo di produzione dell’etanolo da questi materiali consuma meno combustibile fossile. L’etanolo da granturco sviluppa all’incirca da 1,3 a 1,7 volte l’energia dei combustibili fossili utilizzati per produrlo; per l’etanolo cellulosico si sale da 4,4 a 6,1 volte. Nel 2030, una porzione significativa dei biocarburanti verrà sintetizzata dalla biomassa con tecnologie biologiche e termochimiche per creare benzina e gasolio. Questi biocarburanti potranno addirittura sostituirsi all’etanolo cellulosico.

Ci vorranno decenni prima che qualcosa di diverso dai combustibili liquidi fornisca energia a una percentuale significativa del miliardo di automobili in circolazione sulle strade. In realtà, le automobili faranno sempre più affidamento sull’elettricità.

Le auto ibride, che hanno raggiunto appena il 2 per cento delle vendite statunitensi di veicoli commerciali leggeri nel 2007, potrebbero arrivare al 40 per cento entro il 2030. Ci sono anche gli ibridi plug in, veicoli elettrici caricabili dalla presa, che stanno per essere messi in vendita e che potrebbero raggiungere il 2 per cento del mercato entro il 2030. A differenza degli ibridi tradizionali, che derivano la loro potenza dai motori a combustione interna alimentati a benzina, i veicoli ibridi plug in possiedono batterie che possono essere caricate dalla rete elettrica, utilizzando preferibilmente la capacità generativa notturna in eccesso. Questi veicoli possono coprire la distanza di uno spostamento medio solo con la carica notturna, grazie al motore elettrico, mentre quello a benzina, anch’esso a bordo, interviene nei viaggi lunghi. Poiché parte dell’energia per muovere le automobili proviene dalle centrali elettriche, le emissioni complessive di gas serra dipendono dal combustibile adottato da queste centrali. Assumendo gli schemi di guida tipici, un veicolo ibrido plug in con un’autonomia elettrica di 20 miglia genererà circa 325 grammi di emissioni di anidride carbonica per miglio, se l’elettricità proviene da una centrale alimentata a carbone (un veicolo tradizionale emette circa 450 grammi per miglio). Se l’elettricità arriva da un impianto eolico, il veicolo ibrido produrrà 150 grammi per miglio.

L’alto costo delle batterie rallenterà inizialmente l’adozione dei veicoli ibridi e delle automobili solo elettriche (si veda Biocarburanti: un problema di investimenti, a pag. 27). Le batterie agli ioni di litio che sono in grado di garantire un’autonomia di 40 miglia costano al momento più di 16.000 dollari, secondo un calcolo della Carnegie Mellon University. Ma gli sviluppi tecnologici e la produzione di massa potranno ridurre questo prezzo del 75 per cento o anche più.

Nel frattempo, i ricercatori stanno esplorando formule chimiche differenti, come le batterie al litio aria. Queste tecnologie consentirebbero di accumulare 10 volte più energia delle tradizionali batterie agli ioni di litio, estendendo l’autonomia del veicolo e abbassando i costi.

(1) Il gallone americano corrisponde a 3,785 litri.

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