Il divieto di WeChat ha un costo umano: 100 milioni di legami

Mentre si aspetta di capire l’effetto dell’ordine esecutivo di Trump, le famiglie si preoccupano delle relazioni con amici e parenti che perderanno nella lotta geopolitica.

di Karen Hao

Nel gennaio 1989, mio padre a 26 anni ha rivoluzionato la sua vita per trasferirsi dall’altra parte del mondo. Non era mai stato su un aereo, figuriamoci fuori dalla Cina. Ma un professore americano gli aveva offerto di seguire un postdottorato, un’opportunità che non poteva rifiutare. Quando è atterrato ha fatto una sola chiamata a un telefono pubblico dell’aeroporto per annunciare il suo arrivo: non a casa, ma alla sua università. 

Aveva 100 dollari a suo nome e le chiamate internazionali erano troppo costose. I suoi genitori, che ancora vivevano nella sua città natale, non avevano comunque un telefono. Per i successivi sette anni, i costosi voli per tornare a casa erano fuori questione. Il suo contatto con la famiglia sono state le lettere: ha scritto degli Stati Uniti, del suo programma di studi e alla fine della sua nuova moglie, mia madre.

È stato solo dopo la mia nascita che i telefoni sono diventati disponibili nel villaggio dei miei nonni. Mio padre ha chiesto loro di installarne uno solo per poter chiamare casa. Per quanto esorbitanti fosse ancora il costo delle chiamate internazionali, la promessa di una comunicazione più fluida era una ricompensa più che allettante. Iniziò così un rituale settimanale; mio padre chiamava i suoi genitori, spiegava cosa faceva e ascoltava i loro racconti.

Non è esagerato dire che WeChat ha cambiato la vita di mio padre. Quando l’app è diventata popolare a metà degli anni 2010 come hub per messaggi, social media, pagamenti e altri servizi quotidiani, ha chiesto ai suoi genitori di installare Internet in modo da poterli videochiamare sui loro telefoni cellulari. Finalmente ha anche avuto un modo per rimanere in contatto con i suoi fratelli e riconnettersi con i vecchi amici. WeChat è diventato un collegamento digitale essenziale che ha creato un pertugio nel Great Firewall cinese.

Ma l’esistenza di questa connessione è ora una questione aperta. Il 6 agosto, il presidente Trump ha emesso due ordini esecutivi, con una scadenza di 45 giorni, nei quali si vieta alle persone negli Stati Uniti di effettuare “transazioni” con WeChat e TikTok. Nessuno sa veramente quanto saranno ampie le restrizioni, se saranno definitive o consentiranno soluzioni alternative; se si applicheranno solo agli Stati Uniti o rimuoveranno WeChat a livello globale dagli app store di Apple e Google.

Anche se mio padre pensa che il problema si risolverà, tuttavia teme di svegliarsi un giorno senza il suo accesso a WeChat. “Se l’app di messaggistica viene bandita, verrà meno il nostro gruppo familiare”, egli dice. “Tutto cambierebbe. Sarebbe un enorme impatto sulla mia vita”.

Un filo che non va spezzato

Secondo Apptopia, azienda leader nell’analisi e monitoraggio dati delle app, circa 19 milioni di persone negli Stati Uniti usano WeChat ogni giorno. Questi 19 milioni di utenti rappresentano almeno un ordine di grandezza in più di relazioni: rapporti con la famiglia e gli amici, con i colleghi e le fonti informative. 

A livello geopolitico, il divieto di WeChat sarebbe solo l’ultima mossa nella continua escalation della faida con la Cina da parte dell’amministrazione Trump. Ma a livello umano, sarebbe l’indebolimento o l’interruzione di centinaia di milioni, forse miliardi, di connessioni, una perdita innegabile anche se difficile da quantificare.

Non avrebbe solo un impatto su persone come mio padre che perderebbero il loro canale di contatto principale con la famiglia, ma anche su aziende, giornalisti e ricercatori che si affidano ugualmente alla piattaforma per svolgere il proprio lavoro con persone e gruppi in Cina. Queste connessioni ormai tenui sono alla fine le fondamenta delle relazioni USA-Cina: sono ciò che consente a entrambi i paesi di mantenere un dialogo aperto e di far crescere il commercio e le collaborazioni.

Graham Webster, un ricercatore della Stanford University che studia la Cina da oltre un decennio, usa continuamente WeChat per capire cosa sta succedendo all’interno del paese, per chiamare esperti cinesi su questioni difficili da capire dall’esterno e per restare in contatto con i colleghi. Dopo la pandemia, questi canali sono diventati sempre più importanti nel sostituire le interazioni di persona. Webster ha già notato quanto la perdita di conversazioni faccia a faccia abbia ridotto la sua capacità di comprendere questioni delicate, come le vicende politiche.

Se perdesse anche WeChat, recuperare quelle linee di comunicazione diretta sarebbe molto più difficile: la posta elettronica non è affidabile, sia perché le persone in Cina controllano raramente le loro caselle di posta, sia perché le email spesso scompaiono misteriosamente durante la trasmissione oltre confine. Zoom, una delle poche piattaforme ancora in piedi, è a sua volte un terreno instabile con gli utenti cinesi tagliati fuori dalla vendita diretta del servizio.

Ma anche se ci fosse un altro modo per continuare le conversazioni, verrebbero comunque meno gli account pubblici di WeChat, blog che spesso esistono esclusivamente nell’ecosistema dell’app e servono come fonte cruciale di informazioni primarie. “Se non ho più accesso agli account pubblici di WeChat, difficilmente riuscirò a capire quello che pensano i responsabili politici cinesi e come lo spiegano alla loro popolazione”, egli dice. “Perdere questa forma di accesso danneggerebbe sicuramente la capacità degli Stati Uniti di negoziare in modo equilibrato con la Cina in futuro”.

Jeffrey Ding, un ricercatore americano presso l’Università di Oxford che studia la strategia cinese nel campo dell’intelligenza artificiale, utilizza WeChat per tenersi in contatto con la famiglia, gli amici e gli studiosi. Oltre l’80 per cento dei blog e dei documenti che traduce come parte del suo lavoro provengono da account pubblici e gruppi di messaggistica di WeChat che coinvolgono ricercatori cinesi.

“Esistono delle alternative e se devo adattarmi lo farò”, dice Ding. Per esempio, tornerà alle telefonate per sostituire le sue chat video settimanali con sua nonna. Ma mentre è più fiducioso di poter trovare sostituti per le sue relazioni più strette, si preoccupa per le connessioni più episodiche che perderà nella sua rete. “Non dovremmo sottovalutare il significato dei contatti occasionali, che a volte possono portare a una comprensione molto più profonda di quanto accade nella società”.

Gli Stati Uniti si stanno facendo male

Il motivo per cui WeChat è l’unica piattaforma ancora disponibile per comunicare con le persone in Cina è che il governo cinese ha vietato tutto il resto. Prima c’erano Facebook e Google, poi Telegram e WhatsApp. “I cinesi hanno le loro responsabilità per la situazione che si è venuta a creare”, dice Webster. “Ma anche le ritorsioni non sono la soluzione. Un paese come gli Stati Uniti non può pretendere di proteggere i dati degli utenti sul suo territorio, utilizzando azioni politiche e mezzi legali per respingere la concorrenza. Semplicemente non è quello che ci si aspetterebbe da un paese liberale e libero”, dice Youyou Zhou, un cittadino cinese che lavora come giornalista negli Stati Uniti e si affida a WeChat per parlare con le fonti e i propri cari. 

Webster e Zhou temono che la decisione di chiudere WeChat possa danneggiare gli Stati Uniti. Quello che sta accadendo in Cina in questo momento, dice Webster, è “veramente preoccupante”, come nei casi dell’escalation dell’oppressione degli uiguri musulmani nello Xinjiang e la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. Ma le azioni dell’amministrazione Trump vanno contro gli interessi del paese americano, egli continua. “Se ci preparassimo per una nuova guerra fredda e non ci fosse la possibilità di monitorare cosa accade in Cina, penso che potremmo perdere l’opportunità di appianare le tensioni in futuro”.

Zhou ha recentemente scaricato tutti i suoi dati da WeChat in previsione dello scenario peggiore. Webster invece aspetta di vedere cosa accadrà, in attesa delle decisioni sulla legittimità delle decisioni di Trump.

Per quanto riguarda mio padre, ha continuato a videochiamare i suoi genitori su WeChat e a inviare messaggi al gruppo familiare. “L’uragano Isaias ha attraversato la costa orientale degli Stati Uniti e ha sradicato un piccolo albero davanti a casa mia”, ha scritto di recente insieme a una foto. “Quest’anno è stato davvero un disastro senza fine”, ha risposto sua sorella in Cina. “Spero che tutto passi presto”.

(rp)

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