Sistemi di check-in via app e tweet, combinati con i tradizionali dati di rilevamento, potrebbero fornire alle squadre di pronto intervento e ai residenti uno strumento vitale per rispondere alle emergenze.
di Charlotte Jee
Quando un terremoto colpisce una comunità, ogni minuto può essere vitale. Il rilevamento e la localizzazione del punto di impatto possono fare la differenza fra la ricerca di un rifugio, con il rischio di restare schiacciati dalle macerie, o la fuga all’aperto e la sopravvivenza. Informazioni simili possono persino assistere le squadre di pronto intervento nel loro operato.
Ciononostante, la velocità dei sistemi di allerta varia sensibilmente da un paese a un altro. In Giappone e in California, una vasta rete di sensori e stazioni sismiche permette di allertare i cittadini in caso di terremoto. Queste reti hanno però un elevato costo di installazione e manutenzione. Altri paesi interessati da attività sismiche, come Messico e Indonesia, non dispongono di sistemi avanzati distribuiti come questi. Una soluzione economica per ridurre questo divario fra paesi potrebbe trovarsi nei rapporti in crowdsourcing abbinati alle informazioni raccolte dai tradizionali sistemi messi a disposizione dalle stazioni di monitoraggio. Questo approccio è stato decritto in un paper su Science Advances.
I rapporti in crowdsourcing proverrebbero da tre fonti: persone munite di LastQuake, un’app creata dallo Euro-Mediterranean Seismological Centre; contenenti parole chiave associate a terremoti; orario e indirizzi IP associati a visite sul sito dell’EMSC.
Quando questo metodo è stato applicato a terremoti registrati nel 2016 e nel 2017, i rilevamenti comunicati in crowdsourcing sono risultati accurati nell’85% dei casi. Abbinando questa tecnica ai dati tradizionali raccolti dai sismografi e da altri sensori, l’accuratezza delle informazioni è salita al 97%. Il sistema in crowdsourcing è persino risultato più veloce. Intorno al 50% delle località colpite da un terremoto sono state identificate in meno di due minuti, un minuto in meno rispetto al tempo impiegato facendo riferimento ai soli dati forniti dalle tradizionali reti di rilevamento.
Quando l’EMSC identifica un possibile terremoto, un segnale di allerta viene trasmesso sull’app LastQuake per chiedere informazioni addizionali agli utenti che si trovano nelle prossimità della località interessata: immagini, video, descrizioni della forza delle vibrazioni e così via dicendo. Questo sistema permette di valutare l’entità dei danni ed aggiornare le squadre di pronto intervento.
L’idea dietro questo approccio è nata in seguito alla scoperta di un aumento nel traffico di visite sul sito EMSC e sull’app LastQuake. A detta di Rémy Bossu, segretario generale dell’EMSC, durante un terremoto a Bali nell’agosto 2018, il team avrebbe ricevuto 100.000 rapporti sull’app in una manciata di minuti. Previo consenso, l’app rileva la posizione dell’utente, mentre il team utilizza la posizione dell’indirizzo IP come proxy per localizzare l’attività sismica in base alle visite effettuate sul sito. “È un segnale efficace e alquanto chiaro. Un terremoto è legato a un momento fisso nel tempo, momento al quale possiamo associare un incremento nel numero di ricerche da parte delle persone”, spiega Robert Steed, un programmatore scientifico dell’EMSC nonché coautore dello studio.
“Le persone diventano i nostri sensori in tempo reale”, aggiunge Bossu. Piuttosto che sostituire i dati riguardanti le attività sismiche in una regione, questo metodo d’analisi può accelerare il rilevamento e migliorare l’attendibilità di un dato percepito dai sensori grazie alle informazioni trasmesse dall’uomo. È così possibile sollecitare il meccanismo di pronto intervento perché agisca più rapidamente e precisamente. Questo è il primo caso in cui un progetto di scienza applicata al cittadino permette di migliorare le prestazioni di un sistema di monitoraggio sismico, spiega Bossu.
“È un buon esempio di come alcuni recenti sviluppi tecnologici e la quantità di dati oggi disponibili online disponibili quasi in tempo reale stiano migliorando i risultati scientifici”, commenta John Douglas, un esperto di sismologia presso la University of Strathclyde in Scozia. Questa strategia potrebbe ridurre il numero di morti allertando rapidamente le autorità ed assistendole nella preparazione dei team.
Il prossimo step di questo progetto consisterà nel collaudare il sistema durante un evento sismico corrente. Il metodo è ancora in fase prototipale, ma sarà pronto per una prima sperimentazione a partire da questa estate.
(MO)