Identificate migliaia di materiali organici che possono essere utilizzati nelle celle solari

Simulazioni al computer per verificare nuove molecole potrebbero portare a nuove tipologie di celle solari.

di Mike Orcutt

Facendo uso di potenze di calcolo donategli, e lavorando sulla tavola della meccanica quantistica, un gruppo di ricercatori di Harvard ha proiettato 2.3 milioni di molecole organiche con proprietà rilevanti per applicazioni fotovoltaiche e le ha quindi inserite in un database organizzabile. Questa nuova libreria, che è stata rilasciata al pubblico, contribuirà a guidare la ricerca di nuovi materiali organici fotovoltaici.

La pubbliazione del database, annunciata dall’Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca, ha segnato il secondo anniversario della Materials Genome Initiative, uno sforzo federale volto a “raddoppiare il passo dell’innovazione, della manifattura e della distribuzione di materiali high-tech” – un processo che solitamente puo richiedere anni o decenni. Nell’ultimo anno, le agenzie che partecipano al programma, che mira a incoraggiare la collaborazione e la condivisione di dati tra ricercatori accademici e privati in scienza dei materiali, hanno conferito a diversi progetti un totale di 63 milioni di dollari.

Per questa spinta è cruciale l’uso di enormi quantità di potenza di calcolo, e apprendimento dei processi, per collaudare virtualmente nuovi materiali e prevederne le proprietà. L’idea è che questi indizi semplificheranno e velocizzeranno la scoperta di materiali che si comportino nella maniera desiderata dagli ingegneri.

“E’ come se trascrivessimo tutto quello che, in principio, possiamo fare – tutte le proprietà di base dei materiali”, dice Gerbrand Ceder, docente di scienza e ingegneria e dei materiali presso il MIT. “Dopodiché le persone possono pensare a ingegnerizzazioni più mirate”.

Ceder, uno dei primi a promuovere l’idea, è stato anche il primo ad applicare il termine “genoma dei materiali” – come nome per il suo progetto mirato a individuare materiali inorganici che avessero proprietà tali da permettere di migliorare le tecnologie energetiche, specialmente nel campo delle batterie. Quel progetto, guidato oggi sia dal MIT che dal Lawrence Berkeley National Laboratory, è stato rinominato Materials Project quando la Casa Bianca ha deciso di lanciare l’iniziativa nazionale Materials Genome.

Il vasto database rilasciato rappresenta il lavoro del cosiddetto Harvard Clean Energy Project, guidato da Alàn Aspuru-Guzik, un docente di chimica di Harvard e uno degli Innovators Under 35 2010 dell’edizione statunitense di MIT Technology Review.

Uno degli obiettivi del progetto è quello di localizzare materiali che possono essere utilizzati per migliorare l’efficienza di dispositivi elettronici organici. Nel 2011, il gruppo ha utilizzato i suoi computer per identificare un materiale che, una volta sintetizzato e collaudato dai collaboratori della Stanford University, ha rivelato straordinarie proprietà elettroniche (vedi “Speeding Up Materials Design“).

L’identificazione di candidati promettenti per celle solari organiche è stata al centro dell’ultima fase del progetto. La raccolta di materiali pubblicata è organizzata in base alle proprietà più attraenti per le celle solari, quali l’efficienza con la quale un materiale riesce a convertire la luce solare in elettricità. I materiali organici generalmente non sono molto efficienti da questo punto di vista, ma celle basate su di essi sarebbero più leggere, flessibili e potenzialmente economiche rispetto a quelle realizzate in materiali inorganici.

Attualmente, solo una manciata di materiali è in grado di convertire il 10 percento o più dell’energia solare in elettricità, e il record mondiale di efficienza per una cella solare organica raggiunge appena l’undici percento. A confronto, la maggior parte delle celle solari in silicio ha un’efficienza tra il 15 e il 20 percento. Stando alle simulazioni al computer, la nuova raccolta presenterebbe 35,000 molecole che hanno il potenziale di superare l’efficienza del 10 percento. Un migliaio di queste dovrebbe superare l’efficienza dell’undici percento.

Il progetto ha avuto inizio con 26 “frammenti molecolari”, scelti perché esperimenti condotti in precedenza avevano mostrato che potrebbero essere utilizzate come base per molecole con proprietà desiderate. Sono stati collaudati milioni di combinazioni di questi frammenti utilizzando modelli di chimica quantica. Aspuru-Guzik spiega che servono solitamente 12 ore per testare una molecola. I pesanti calcoli computazionali sono stati eseguiti con l’aiuto del World Community Grid di IBM, che permette a volontari di donare gli eccessi di potenza di calcolo delle proprie macchine a progetti prescelti. Questo “supercomputer umano”, come a Aspuru-Guzik piace definirlo, ha contribuito al progetto con oltre 17,000 anni di tempo computazionale, che finora ha generato oltre 400 terabyte di dati.

Ceder spiega che la pubblicazione di queste informazioni è molto importante. E’ importante avere “molti occhi su questi dati” per poter avere un controllo della loro qualità e perché le persone creative sapranno come utilizzarli in maniera sorprendente e utile. “Non si puo prevedere quello che potrà essere fatto con questi dati”, dice.

(MO)

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