I videogiochi dividono la Corea del Sud

Nel paese asiatico si è sviluppato un acceso dibattito sulla dipendenza dal gioco che ha visto contrapposti alcuni dipartimenti governativi e ha acceso la miccia di un dibattito nazionale sulle politiche da intraprendere.

di Max S. Kim

Si dice che StarCraft sia stato il gioco che ha cambiato tutto (si veda box 1). Ce ne erano già stati altri in precedenza, da Tetris e Super Mario Bros a Diablo, ma quando nel 1998 l’azienda di intrattenimento americana Blizzard ha pubblicato il suo gioco di strategia di fantascienza in tempo reale, non è stato solo un successo, ma un terremoto.

All’epoca, la Corea del Sud era vista più come un deserto tecnologico che come un grande mercato. Blizzard non si era nemmeno preso la briga di adattare il gioco alla realtà coreana. Nonostante ciò, StarCraft – in cui i giocatori si combattono con eserciti galattici in guerra tra loro – è stato un successo strepitoso. Su 11 milioni di copie diffuse in tutto il mondo, 4,5 milioni sono state vendute in Corea del Sud. I media nazionali lo hanno incoronato il “gioco del popolo”.

Il gioco è diventato così popolare che ha innescato un altro boom: le “PC bang”, sale da gioco rifornite di cibo e bevande dove gli utenti potevano intrattenersi per meno di un dollaro l’ora. Mentre scomparivano sale da biliardo e negozi di fumetti, i giochi al PC hanno preso il loro posto, alimentando il crescente appetito per StarCraft. Nel 1998 c’erano solo 100 PC bang in tutto il paese; nel 2001 erano arrivate a 23.000. Gli economisti hanno soprannominato il fenomeno “Starcnomics”.

“Queste sale da gioco erano davvero l’unico posto in cui le persone potevano alleviare lo stress”, afferma Edgar Choi, un ex bambino prodigio che è diventato uno dei primi giocatori professionisti di StarCraft.

Choi, ora 35enne e ancora attivo nel gioco professionale, afferma che StarCraft e la cultura delle PC bang hanno risposto alle esigenze di una generazione di giovani sudcoreani bloccati dall’ansia economica e dalle crescenti pressioni accademiche. “I giovani in particolare avevano pochi altri posti in cui potevano andare, soprattutto perché i genitori avrebbero semplicemente detto loro di studiare se fossero rimasti a casa”, egli spiega.

L’aspetto sociale di StarCraft pone le basi per un altro fenomeno: gli e-sport. Le PC bang hanno iniziato a ospitare le prime competizioni di StarCraft, in cui i premi si limitavano a tempo di gioco gratuito e gratificazione personale. Dopo che un canale di cartoni animati ha trasmesso un torneo in TV con grande successo nel 1999, le competizioni organizzate hanno spiccato il volo. Nel 2004, una partita di finale disputata sulla spiaggia di Gwangalli di Busan ha attirato più di 100.000 spettatori.

Folle del genere hanno significato denaro e fama. Le sponsorizzazioni aziendali, arrivate da aziende come Samsung, hanno permesso la creazione di team di professionisti con grandi stipendi. Lim Yo-hwan, il Michael Jordan di StarCraft, era un nome familiare il cui profilo pubblico superava quello di artisti pop e star del cinema. Choi, un autodidatta “giocatore di medio livello”, dice ancora oggi di essere occasionalmente riconosciuto dai tassisti che lo guardavano in TV.
Al di là delle cerchie di gioco, tuttavia, un disagio aveva cominciato ad affiorare.

QUALCOSA NON STAVA ANDANDO PER IL VERSO GIUSTO

Appena fuori Seoul, in un ospedale nella vicina città di Uijeongbu, lo psichiatra Lee Hae-kook ha assistito fina dall’inizio alla parabola di StarCraft. Ma più che al gioco in sé, era interessato alle ricadute mediche di questa attività.

Alcuni rapporti provenivano da altri paesi, come Giappone, Cina e Germania, ma gli incidenti più inquietanti erano locali. Nell’ottobre 2002, un disoccupato di 24 anni era morto in una PC bang nella città sud-occidentale di Gwangju dopo aver giocato per 86 ore di fila. È stato il primo caso di morte segnalato al mondo a causa del gioco. 

Nel 2005, un uomo di 28 anni nella città sud-occidentale di Daegu ha avuto un infarto dopo una “seduta” di StarCraft di 50 ore. Un’altra morte è avvenuta pochi mesi dopo a Incheon, nella parte opposta del paese.

“I giovani stavano giocando fino al punto in cui le loro normali funzioni subivano un crollo e qualcuno di loro veniva a curarsi”, afferma Lee, che lavora all’ospedale St. Mary’s University dell’Università cattolica coreana. Il medico si è chiesto se si trovasse dinanzi a qualcosa di più di una semplice moda. Si trattava di una nuova forma di dipendenza?

Altri, incluso il governo, si stavano ponendo la stessa domanda. Nel 2002, un altro psichiatra ha stimato che dal 20 al 40 per cento degli adolescenti sudcoreani mostrava segni di dipendenza dal gioco, come l’aggressività nei confronti dei genitori o l’incapacità di gestire il tempo, e ha iniziato a ricoverare i suoi pazienti.

Nel 2005, il governo di Seoul ha iniziato ad aprire centri di disintossicazione da dipendenza da Internet e dai giochi in mezzo alla natura selvaggia.

Anche i giochi, secondo Lee, stavano diventando molto più coinvolgenti, con elementi progettati per “far rimanere l’utente il più a lungo possibile davanti allo schermo”. Nel 1998 la società di gioco sudcoreana Nexon aveva inventato il modello di business “free-to-play”, in cui i giochi sono teoricamente gratuiti, ma richiedono costanti infusioni di denaro per consentire al giocatore di progredire in modo significativo. 

Da allora, le aziende hanno sfornato giochi che hanno indotto gli utenti a spendere soldi in modi simili al gioco d’azzardo. Questo meccanismo spiegava qualcos’altro che Lee aveva notato: il debito che i suoi pazienti stavano accumulando.

Nel 2011, Lee era convinto che la dipendenza da gioco fosse reale e diagnosticabile e che ostacolasse il rendimento scolastico e il sonno dei bambini. Nello stesso anno, mentre cresceva il panico nazionale, il governo ha proposto la Shutdown Law, un “coprifuoco” che avrebbe vietato l’accesso ai giochi online per i minori di 16 anni tra mezzanotte e le 6 di mattina.

In uno studio commissionato dal governo che delinea i benefici della politica, Lee ha sostenuto che la dipendenza da gioco aveva inflitto “traumi di massa” alla nazione ed era responsabile di suicidi e omicidi. La legge è stata approvata a larga maggioranza ed è ancora in vigore oggi.

L’anno seguente, Lee ha unito le forze con un politico di nome Shin Eui-jin, che aveva messo la dipendenza da gioco in cima alla sua agenda. Ex psichiatra infantile, Shin stava preparando un “disegno di legge sulla dipendenza” che mirava a regolare ciò che i colleghi legislatori chiamavano i quattro mali della società sudcoreana: gioco d’azzardo, alcol, droghe e videogiochi. 

La dipendenza da gioco, sosteneva Shin, era responsabile di episodi di bullismo nei cortili della scuola e del crimine violento. Durante un’audizione parlamentare del 2014, Lee ha detto ai deputati che il gioco potrebbe essere “una dipendenza ancora più forte delle droghe”, e quando gli è stato chiesto se fosse favorevole a eliminarla dall’elenco delle dipendenze, ha risposto: “Prima eliminerei la droga”(Lee ora insiste sul fatto che il commento è stato rimosso dal contesto: “Volevo dire che mancava il supporto legale per affrontare il problema che era più diffuso nel paese della droga).

Ma mentre la Shutdown Law è stata approvata abbastanza rapidamente, le affermazioni di Shin hanno provocato polemiche. Mentre esperti medici come Lee hanno affermato che la dipendenza da gioco era reale, altri hanno sostenuto che non c’erano prove conclusive che i videogiochi fossero da considerare alla stregua di una droga. 

I critici hanno parlato di caccia alle streghe e la sua proposta di legge non è stata approvata. Sembrava che il dibattito avesse raggiunto un punto morto, fino a quando non è stato riacceso di recente in modo imprevedibile

È davvero un serio problema di salute pubblica?

Il 25 maggio 2019, a Ginevra, in Svizzera, i membri della settantaduesima assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno votato all’unanimità per approvare l’undicesima revisione della classificazione internazionale delle malattie, il catalogo ufficiale delle malattie dell’OMS. 

Tra le revisioni c’è l’aggiunta del “disturbo da gioco”, definito come “un modello di comportamento di gioco persistente o ricorrente” accompagnato da una perdita di controllo e compromissione funzionale. È la seconda dipendenza comportamentale riconosciuta a livello globale; la prima è stata il gioco d’azzardo, inserito nell’ultima revisione dell’ICD nel 1990.

L’ICD-11, che entrerà in vigore nel 2022, aggiunge migliaia di nuovi codici per definire in modo più preciso disturbi e malattie specifiche, oltre a correggere errori storici. Gli ictus, per esempio, saranno ora classificati come un problema neurologico invece che circolatorio; Il “disturbo dell’identità di genere” è ora “incongruenza di genere” e non è più classificato come disturbo mentale.

L’aggiunta del disturbo da gioco al lessico medico ufficiale segna un cambiamento storico. Nonostante gli anni di preoccupazione e studio sugli effetti dei videogiochi, è stato difficile trovare prove conclusive di eventuali collegamenti alla dipendenza o alla violenza. 

Per molti, l’idea che qualcuno possa essere clinicamente dipendente da comportamenti, piuttosto che da sostanze come alcol o oppioidi, rimane controversa. Altri pensano che la definizione di dipendenza da gioco in particolare sia troppo vaga per essere utile.

“Ci sono ormai più di 30 anni di ricerca sulla dipendenza da gioco (si veda box 2) e non siamo ancora vicini alla comprensione di ciò di cui stiamo effettivamente parlando”, ha recentemente affermato la ricercatrice comportamentale Pete Etchells a “MIT Technology Review” americana.

Per uno psichiatra come Lee, la decisione è una conferma delle sue idee. Il fondamento della decisione dell’OMS è emerso dai colloqui tra un gruppo consultivo di ricercatori sulla salute mentale a cui era stato invitato a partecipare nel 2014. I rapporti degli incontri annuali del gruppo, che si sono svolti dal 2014 al 2017, hanno rilevato “i vantaggi della politica di prevenzione del governo in Corea del Sud e gli sviluppi significativi nella prevenzione, nelle terapie e nella ricerca”.

Eppure alcuni hanno contestato il successo degli interventi sudcoreani. Secondo un recente meta-studio, 91 dei 614 articoli sulla dipendenza da gioco pubblicati a livello internazionale dal 2013 al 2017 provenivano da quel paese, rendendolo il singolo maggiore contributo in termini di volume. 

L’autore dello studio, Yoon Tae-jin, professore di ricerche sui media della Yonsei University, sostiene che molti di questi studi sono eccessivamente ampi, trattando i giochi come una singola categoria e non riuscendo a distinguere i diversi generi di giochi. Gran parte della ricerca, secondo Yoon, soffre di una distorsione: supporre che la dipendenza da gioco sia reale sin dall’inizio, piuttosto che cercare di dimostrarlo scientificamente.

Qualcuno ha anche sostenuto che i paesi asiatici come la Corea del Sud – che sono generalmente più sensibili alla dipendenza da gioco rispetto alle loro controparti occidentali – hanno fatto pressioni sull’OMS per includere il disturbo da gioco nell’ICD-11. 

Nell’agosto 2016, uno psicologo clinico americano, Christopher Ferguson, ha inviato un’e-mail all’OMS per sconsigliare questa inclusione. “Credo sia ancora troppo presto per arrivare a una conclusione di questo tipo”, ha scritto.

Uno dei destinatari dell’email, Geoffrey Reed, responsabile del progetto ICD-11, ha risposto: “Non tutto dipende da me. Siamo stati sottoposti a enormi pressioni, soprattutto da parte dei paesi asiatici, affinché lo includessimo” (In una e-mail a me, Vladimir Poznyak, coordinatore del dipartimento dell’abuso di sostanze dell’OMS, ha negato che la pressione politica abbia influenzato l’ICD-11).

Sorprendentemente, la decisione dell’OMS ha riaperto, piuttosto che risolto, l’acceso dibattito. Perfino le agenzie governative sono entrate in conflitto tra loro; il ministero della cultura sudcoreano si è rifiutato di unirsi a un organo consultivo guidato dal ministero della salute lo scorso maggio, mettendo a dura prova i primi tentativi rendere operativa la classificazione. 

La frattura ha spinto il primo ministro Lee Nak-yeon a creare un comitato arbitrale separato per decidere se la Corea del Sud adotterà le raccomandazioni dell’ICD-11 nei prossimi anni. 

E nei numerosi forum parlamentari, dibattiti televisivi e simposi accademici convocati sulla scia della decisione dell’OMS, la stessa domanda si profila: una cultura del gioco intensivo ha davvero causato un problema di salute pubblica?

Un disturbo in quanto tale o una reazione?

Quando l’ho incontrato nel suo ufficio a settembre, Lee Hae-kook era al limite delle forze. Ora cinquantenne, lo psichiatra è snello e all’apparenza fragile, con un modo altero che sembra inadatto agli interventi in pubblico. Le sue opinioni, al centro di rinnovata attenzione a seguito della decisione dell’OMS, lo hanno reso il nemico pubblico numero 1 nella comunità dei giochi, dove è ampiamente visto come l’architetto di una vendetta moralista.

Ha iniziato il nostro incontro con un attacco alle “notizie false” propagate dai giornalisti per distorcere le sue opinioni e oscurare un problema dilagante di salute pubblica. “Discutere se sia o meno un codice di malattia è una pura perdita di tempo”, ha detto. Le autorità mediche si sono espresse, quindi cos’altro c’è da dire?

Per illustrare i pericoli della dipendenza da gioco, Lee mi ha raccontato la storia di uno dei suoi recenti pazienti: un disoccupato di 25 anni che è stato “trascinato” da lui dalla sorella maggiore dopo che aveva accumulato circa 18.000 dollari in debiti da acquisti nel gioco. 

Il paziente aveva trascorso la sua adolescenza a giocare per due o tre ore al giorno, con scarso interesse per i compiti scolastici. Da adulto, Lee ha detto, “ha iniziato a trascorrere 10 ore al giorno online, cinque giocando e cinque guardando video di YouTube”.

Il paziente sembrava essere un caso da manuale di un disturbo del gioco in base ai criteri dell’OMS: perdita di controllo, gioco che inglobava altri aspetti della vita e compromissione funzionale. Quindi, quando ho chiesto a Lee della terapia, mi aspettavo di sentir parlare di qualcosa di nuovo.

“Nel complesso, questa persona soddisfa i criteri per l’ADHD per adulti, quindi abbiamo iniziato a somministrare farmaci per l’ADHD”, ha spiegato invece Lee. “Ha anche mostrato sintomi temporanei di depressione, quindi le sue condizioni sono state parzialmente migliorate dall’uso di antidepressivi”.

Quando ho chiesto perché la diagnosi fosse “disturbo del gioco”, e non ADHD e depressione, Lee ha risposto che “giocare molto può causare impulsività simile all’ADHD”.
La conversazione incarna uno dei punti di discordia al centro della decisione dell’OMS: il gioco eccessivo è davvero un disturbo in sè o è semplicemente una manifestazione di altre condizioni?

La ricerca attuale conferma che i pazienti con disturbo del gioco hanno maggiori probabilità di avere ADHD e depressione, ma i neurologi e gli psichiatri che contestano l’affermazione di Lee sottolineano che la correlazione non equivale alla causalità.

Altri, come gli autori di un documento del 2017 contro la proposta dell’OMS di includere il disturbo da gioco, credono che l’eccesso sia da intendere come un meccanismo per far fronte ad altre condizioni mentali di base. Ma, naturalmente, questo è il tipo di dibattito che Lee ritiene inutile a causa della sentenza dell’OMS.

La tirannia dei vecchi contro i giovani

Per i giocatori sudcoreani, la “crociata” di Lee indica che la spinta a codificare la dipendenza da gioco è guidata principalmente dall’allarmismo. Il tentativo di collegare i crimini violenti ai giochi – un’affermazione smentita dai criminologi – rende chiaro questo tentativo. La stessa cosa vale per l’accostamento alle droghe.

“Anche il gioco più stupido non potrà mai avere la stessa valenza negativa di droga o gioco d’azzardo”, afferma l’ex designer di giochi Kim Seong-hoe. “Metterli sullo stesso piano è una forzatura fuori luogo”.

Nel 2018, dopo aver lasciato il lavoro con una delle più grandi aziende di gioco della Corea del Sud, il 41enne Kim ha iniziato a lavorare a tempo pieno sul suo canale YouTube al tema del gioco, soffermandosi sulle polemiche relative al disturbo di gioco per 336.000 abbonati.

Mentre è critico nei confronti delle aziende che realizzano quelle che chiama “slot machine sotto mentite spoglie” – i tipi di giochi in cui gli utenti possono accumulare debiti per un valore di 18.000 dollari – Kim si chiede anche se i medici possano fare diagnosi credibili se la ricerca non riesce a distinguere il gioco d’azzardo da quelli che richiedono una risoluzione creativa dei problemi.

“Gli effetti psicologici di alcuni giochi sono molto più complessi di qualcosa come l’alcool”, egli afferma. “Ma provare a giudicare la dipendenza da gioco senza nemmeno differenziare il tipo o il genere? Mi sembra ridicolo”.

Kim vede la spinta a patologizzare i giochi come una tirannia dei vecchi contro i giovani, radicata in atteggiamenti autoritari. Egli racconta di un recente scandalo in un orfanotrofio, in cui i custodi hanno somministrato ai bambini indisciplinati farmaci per l’ADHD ottenuti da medici con pretesti come “l’immersione da smartphone”.

Potrebbe accadere lo stesso con il disturbo del gioco? Kim lo crede possibile. “Sembra che ciò che questi medici considerano la terapia per la dipendenza da gioco sia solo la sterilizzazione delle necessità umane fondamentali”, egli spiega. 

Un criterio fondamentale per la diagnosi dell’OMS, la compromissione funzionale, è particolarmente ambiguo da lasciare aperta la strada a possibili abusi: “A mio parere, stanno dicendo che è accettabile curare i bambini che hanno prestazioni scarse sotto il profilo accademico”.

Soprattutto, vuole che il dibattito porti a un più ampio confronto sulle esperienze dei giovani nel paese. Cita ricerche recenti che collegano i giochi problematici negli adolescenti sudcoreani con genitori prepotenti e stress accademico. L’implicazione è che nel concentrarsi sui giochi e sulle persone che li giocano, il concetto di disordine del gioco si sposta sulle disfunzioni di una società plasmata dagli adulti.

In effetti, mentre la Corea del Sud è diventata una delle economie più forti dell’Asia, ciò non si è tradotto in un arricchimento culturale o sociale più ampio per i giovani del paese. Piuttosto, i giovani nel sistema educativo punitivo della Corea del Sud hanno i tassi di suicidio tra i più alti al mondo.

“Sotto la pressione di una continua concorrenza”, ha detto un deputato, “i nostri bambini sono sempre più disorientati”. Anche Lee Hae-kook riconosce che il gioco è una delle poche fonti di piacere e svago disponibili per i giovani sudcoreani. È una triste conclusione, ma è di fatto l’unica cosa su cui Lee e i suoi avversari sono d’accordo.

Un percorso di carriera ambito

I problemi che l’industria del gioco ha provocato non sono eludibili, vista la sua posizione predominante nella cultura popolare. Si prevede che il mercato globale dei giochi raggiungerà i 152 miliardi di dollari nel 2019 e a oggi ci sono 2,5 miliardi di giocatori in tutto il mondo. Gli e-sport da soli hanno un valore di oltre 1 miliardo di dollari, una cifra che dovrebbe raddoppiare entro il 2022, e ora si parla di introdurli alle Olimpiadi. 

Questa realtà non è mai stata più evidente di quando ho incontrato Edgar Choi, l’ex professionista di StarCraft, in una giornata di sole a settembre. In questi giorni lavora come capo allenatore della Gen G, un’organizzazione sudcoreana di e-sport per un valore stimato di 110 milioni di dollari.

All’interno della sede centrale, un edificio di cemento multipiano imponente ed elegante nel ricco quartiere di Gangnam di Seoul, Choi allena i giocatori a League of Legends, lo StarCraft di questa generazione.

Il lusso delle strutture e il campus all’ultima moda sono una testimonianza della notevole espansione del settore fin dai primi giorni del gioco professionale. Gen G ha recentemente ricevuto 46 milioni di dollari in finanziamenti da aziende di capitali di rischio della Silicon Valley e celebrità come Will Smith. 

Chris Bosh, due volte campione della NBA, è il “consigliere per la gestione dei giocatori”. Ci sono una sala massaggi, una sala per riposare, una caffetteria in stile buffet, altre due sedi a Los Angeles e Shanghai ed eleganti computer da gioco neri nelle sale di tutto l’edificio.

Il gioco professionale è diventato uno dei percorsi di carriera più ambiti tra i giovani della Corea del Sud, e queste classi sono le aree di formazione di Gen G per le prospettive future. “Solo circa il 10 per cento dei tirocinanti diventerà professionista”, ha affermato Choi. Non è più come ai suoi tempi; ora i giocatori non possono più permettersi di giocare solo per divertimento. “Allora, non potevo neanche immaginare che saremmo arrivati a questo punto”, ha detto.

Su una fila di computer nella sala dei dipendenti, tre degli addetti al marketing della squadra hanno giocato durante la loro pausa. Whisky costosi e trofei d’argento scintillanti sono esposti nelle bacheche.

Per Choi, che vive in un mondo in cui il gioco è diventato una forma di lavoro, l’idea della dipendenza da gioco sembra anacronistica. Ha voluto che i suoi due bambini stessero lontani dal mondo iper-competitivo degli e-sport ed è stato attento a infondere in loro abitudini di gioco personali sane. Tuttavia, è più preoccupato per gli smartphone che per i giochi. 

I bambini, egli dice, passano il loro tempo sui telefoni, guardano YouTube, vanno sui social media e guardano i webtoon, oltre a giocare a giochi “free to play”. Con l’OMS si parla ora di normative governative specificamente finalizzate all’utilizzo dello smartphone. Forse la generazione di StarCraft, a loro volta ora genitori, ha trovato il prossimo uomo nero.

Box 1

Perché StarCraft era così popolare?

Quando StarCraft arrivò sulla scena, la crisi finanziaria asiatica del 1997 aveva appena colpito l’economia della Corea del Sud, causando disoccupazione di massa e disordini. Il Fondo monetario internazionale salvò il governo di Seoul per un importo di 58 miliardi di dollari, una somma senza precedenti al momento, ma solo in cambio di un accordo per la revisione completa dell’economia della nazione. 

L’anno seguente, su consiglio di Bill Gates e Masayoshi Son di Softbank, il governo sudcoreano lanciò programmi aggressivi per rilanciare l’economia costruendo infrastrutture Internet e rendendo i computer accessibili al pubblico.

Nel 2002, 10,4 milioni di famiglie disponevano di Internet ad alta velocità, con un incremento di 700 volte rispetto ai 14.000 del 1998. Catalizzato dalla banda larga, StarCraft si trasferì nelle case delle persone e nelle PC bang, offrendo un rifugio gradito agli adolescenti che sentivano il peso degli anni di crisi. Le competizioni locali hanno reso il gioco un passaggio importante nella vita di molte comunità, oltre a fornire agli adolescenti una valvola di sfogo sicura per lo stress dell’ambiente accademico.

Nel 1999, un giovane produttore televisivo appassionato di StarCraft ha avuto l’idea di trasmettere su un canale locale, Tooniverse, il primo torneo televisivo di e-sport al mondo. Le riprese sono state effettuate sui tavoli da ping-pong di uno studio inutilizzato. Il costo si è aggirato sui 300 dollari e l’evento è diventato un successo, aprendo la strada ad altri tornei. 

Quando le vendite di giochi in Corea del Sud hanno raggiunto i 2 milioni nel 2002, il fondatore e l’allora CEO di Blizzard Mike Morhaime ha fatto un pellegrinaggio a Seoul, dove ha visto la sua prima partita di e-sport dal vivo e il programmatore principale Bob Fitch ha ricevuto una standing ovation.

L’eredità culturale variegata e duratura di StarCraft può essere sentita anche oggi. Il gergo di gioco dell’epoca vive nel linguaggio giovanile contemporaneo ed è una pietra miliare nella memoria della Generazione X. 

Blizzard ha pubblicato un’edizione rimasterizzata del gioco nel 2017, che ha ispirato “tornei StarCraft salarymen” e eventi live di ritorno al passato. E anche dopo 20 anni, il gioco mantiene ancora un rispettabile settimo posto nella lista più giocata nelle PC bang.

Box 2

I videogiochi sono stati controversi per decenni

1994 Gli Stati Uniti introducono un sistema di classificazione volontaria per i giochi dopo le audizioni del Senato sui titoli violenti.

2002 Un’abbuffata di gioco di 86 ore porta alla prima “morte per gioco” del mondo in Corea del Sud.

2011 La Corte Suprema degli Stati Uniti stabilisce che i videogiochi sono protetti dal Primo Emendamento.

La Shutdown Law della Corea del Sud vieta ai minori di 16 anni di giocare online dopo mezzanotte.

2019 L’OMS vota per aggiungere la voce “disturbo da gioco” alla prossima revisione della classificazione internazionale delle malattie.

(rp)

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