I video sulle violenze sono strumenti di lotta politica

Alcuni gruppi di destra hanno iniziato a fare affidamento sulla diffusione di video sui social media che descrivono piccole storie di rivolte caratterizzate dall’illegalità, creando uno stato d’animo favorevole alla scesa in campo dei “giustizieri”.

di Joan Donovan

Quando Kyle Rittenhouse ha sparato e ucciso i manifestanti a Kenosha, nel Wisconsin, non è stato solo l’atto di un giustiziere solitario, ma una diretta conseguenza dell’organizzazione dei gruppi di milizie bianche sui social media. Da giugno, i media maker di destra hanno registrato e diffuso video di scontri durante le proteste in città come New York, Boston, Filadelfia, Los Angeles e Portland, in Oregon. 

Amplificati da un ecosistema mediatico con un pregiudizio consolidato nei confronti dei manifestanti, i video hanno indotto milizie bianche e gruppi di “vigilantes” a prendere le armi contro il movimento di Black Lives Matter e gli “antifa”. Questo feedback ha creato un ciclo che si autoavvera in cui i giustizieri bianchi si sentono giustificati nel minacciare e attaccare fisicamente chi manifesta in favore della giustizia razziale. 

Il ruolo svolto dai video

La ricerca sui movimenti sociali si è concentrata a lungo sui modi in cui i media spingono le persone all’azione. I clip audio e video delle proteste possono suscitare una reazione emotiva e viscerale in chi li vede. Negli ultimi dieci anni, è successo spesso di fronte a richieste di giustizia razziale ed economica.

La scorsa estate, le immagini dell’omicidio di George Floyd – solo uno di una serie apparentemente infinita di eventi spietati e crudeli perpetrati dalla polizia contro i neri, da Selma a Mike Brown, da Rodney King a Sandra Bland e Jacob Blake – hanno portato milioni di persone in tutto il mondo a protestare contro la brutalità della polizia.

Non sono solo le proteste per la giustizia razziale a trarre vantaggio dall’indignazione provocata dai video. Nel settembre 2011, pochissime persone si preoccupavano del movimento Occupy Wall Street: un gruppo di hippy, anarchici e ribelli che dormivano in un parco a Manhattan. Ma dopo che Anthony Bologna, un ufficiale del NYPD, ha utilizzato lo spray urticante contro alcune giovani donne bianche manifestanti a Wall Street, le immagini sono rimbalzate sui social media e migliaia di persone hanno diffuso il movimento Occupy in tutto il mondo. 

Non si sa cosa sarebbe successo in assenza di quel video, ma nel corso di quattro anni che ho passato a intervistare i manifestanti di Occupy sulla loro esperienza, molti l’hanno ricordato come il motivo per cui sono scesi in strada. 

Le immagini possono essere sfruttate a proprio vantaggio anche da chi è schierato dall’altra parte, come mostra la storia recente. Non avendo la stessa capacità di mobilitazione della sinistra, i gruppi di destra fanno affidamento sui social media – in particolare Facebook, YouTube e Twitter – per far scendere in strada i cittadini. I loro tentativi di contrastare l’ondata di sostegno pubblico alle proteste di Black Lives Matter hanno fatto ampio uso di questa tattica.

In qualità di studioso dei media e dello sviluppo dei movimenti sociali, vedo un’allarmante divisione tra i tipi di contenuti consumati dai militanti della destra e dai sostenitori della giustizia sociale di sinistra. Dato il modo in cui i resoconti dei media modellano le percezioni pubbliche sulla protesta parlano di “uso legittimo della violenza”, i tipi di contenuti condivisi all’interno di questi sistemi mediatici iper schierati svolgono un ruolo importante, ma spesso invisibile, nella mobilitazione dei gruppi di vigilantes bianchi. Se le aziende di social media non agiscono rapidamente per fermare le richieste di interventi molto decisi contro i manifestanti, la situazione non può che peggiorare.

L’enfasi sulle immagini decontestualizzate

Dopo le proteste per l’uccisione di George Floyd, i media conservatori tra cui Fox News (in particolare Tucker Carlson e Sean Hannity), One America News, BlazeTV di Glenn Beck e YouTuber di destra hanno seguito quotidianamente le vicende dei Black Lives Matter e di altre proteste di sinistra, evidenziando ogni singolo caso di violenza, scontri e danni alla proprietà. Questa copertura è arrivata a dominare la narrativa di destra in un modo nuovo, capovolgendo il copione per suggerire che i manifestanti neri – che manifestano perché temono la violenza della polizia – rappresentano una minaccia per i bianchi. 

Il pregiudizio dei media mainstream nella copertura sulle violenza nelle proteste è ben studiato e riassunto al meglio dal detto “Se c’è sangue, fai ascolti”. La maggior parte delle proteste sono in gran parte pacifiche, ma “i cittadini si riuniscono, protestano e se ne vanno” non è una “storia” che coinvolge lo spettatore. Ciò indirizza una quantità sproporzionata di attenzione nell’intero ecosistema dei media verso i manifestanti violenti. Ora, con i social media come sistema di trasmissione, i media di destra hanno alzato la posta.

Secondo l’analisi che ho condotto utilizzando MediaCloud, uno strumento di ricerca del MIT e di Harvard, i media di destra hanno scritto da cinque a sei volte più articoli sulla “Zona autonoma di Capitol Hill” di Seattle rispetto ai media di centro o di sinistra. Quella che è stata una vicenda poco seguita dal pubblico di sinistra è stata drammaticamente enfatizzata dai media di destra perché queste proteste hanno fornito molti spunti ai creatori di contenuti online.

In un caso, Fox News ha manipolato le foto per far apparire i manifestanti più minacciosi, mentre altri organi di stampa di destra hanno falsamente riferito che i manifestanti occupanti stavano compiendo delle estorsioni nei confronti di attività commerciali locali.

Queste narrazioni sono state intensificate e integrate dal lavoro dei media-maker di destra come Elijah Schaffer e Andy Ngo, che raccolgono video di scontri durante le proteste pubbliche e li fanno circolare tra il loro pubblico online. Entrambi sono persino andati “sotto copertura”, fingendosi manifestanti, per fare dei filmati per i loro canali, cercando di raccogliere episodi spiacevoli tra coloro che marciavano. 

I loro video sono modificati, decontestualizzati e condivisi tra un pubblico affamato di una nuova dose di “spazzatura anti manifestanti”, che diventa immediatamente virale nell’ecosistema dei media di destra con l’aiuto di influenti esperti e politici, incluso il presidente Donald Trump. Il filmato ha una qualità ipnotica che altera la capacità di mantenere uno sguardo oggettivo da parte degli osservatori che lo visionano da una distanza di sicurezza online. 

Questi tipo di video sono diversi da quelli di abusi e violenze compiuti dalla polizia e non possono essere messi sullo stesso piano. Nella registrazione dell’omicidio di George Floyd, il video ha mobilitato centinaia di migliaia di persone indignate per il fatto che l’assassino di Floyd non fosse stato arrestato. Con i video spazzatura, ciò che spinge è la voglia di fare giustizia con le proprie mani, come il poliziotto del film Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, che non rispetta alcuna regola e uccide a suo piacimento.

A giudicare dalle reazioni condivise dai seguaci degli influencer di destra, i video spazzatura anti manifestanti alimentano le loro percezioni di rischio e pericolo. Nelle chat room, chi osserva il video esulta attivamente mentre i poliziotti e altri aggressori compiono violenze sugli attivisti di Black Lives Matter. Queste reazioni emotive aiutano a sviluppare un rapporto strettissimo tra i creatori di contenuti di parte e i consumatori di contenuti.

Una macchina di propaganda

L’indignazione è il motivo che ha portato i McCloskeys, marito e moglie, a puntare le pistole contro i manifestanti di Black Lives Matter a St. Louis. È anche il motivo per cui la coppia è stata invitata a parlare alla Convention nazionale repubblicana. Hanno parlato di argomenti come armi, proprietà e la minaccia rappresentata dai “liberali marxisti”. Sbirciando nella telecamera da un divano di velluto, hanno letto il loro messaggio dal gobbo elettronico.

“Quello che avete visto potrebbe facilmente accadere a chiunque di voi viva in un quartiere tranquillo di una città … Non commettere errori: non importa dove vi trovate, ma la vostra famiglia non sarà mai al sicuro nell’America dei Democratici radicali … Ci avete visto sugli schermi TV e sui feed di Twitter e potete fidarvi: Non siamo il tipo di persone che si tirano indietro”.

I due coniugi sono il prodotto di questi video anti manifestanti e contribuiscono a un ulteriore salto di qualità della propaganda. In primo luogo, essi avevano guardato le immagini delle proteste di St. Louis, durante le quali è stato bruciato un 7-Eleven. Questo episodio, affermano i McCloskeys, li ha spinti a mettere estintori in ogni stanza e a tenere pronto un fucile. Quando gli attivisti di Black Lives Matter hanno marciato per le loro strade, hanno reagito come se fossero minacciati di morte. Non lo erano, e la loro esibizione delle loro armi da fuoco ha provocato una serie di denunce. I media di destra e i repubblicani li hanno trasformati in eroi insieme a Kyle Rittenhouse, noto come “Kenosha Kid”.

Il problema non è la diffusione di questi video o che le persone con opinioni divergenti possano interpretarli in modo diverso a seconda dei loro feed sui social media. E neanche che le piattaforme di social media non sanno come porsi di fronte al fenomeno del giustiziere bianco. Anche se chiaramente non lo fanno: il tentativo di Facebook di limitare la diffusione della propaganda su Rittenhouse bloccando le ricerche sul suo nome è una soluzione drastica a un problema che l’azienda ha contribuito a creare. 

Facebook non ha intrapreso alcuna azione malgrado le 455 segnalazioni che denunciavano la pericolosità delle sue pagine. I meme a sostegno di Rittenhouse e le richieste di raduni armati del MAGA (Make America Great Again) sono in aumento. 

La vera difficoltà è che i contenuti concorrenti circolano in universi paralleli. Kevin Roose del “New York Times” ha sottolineato che la maggior parte delle persone su Facebook sta assistendo a una narrativa radicalmente diversa da quella presentata ai consumatori dei media mainstream. Per esempio, ad agosto, ha twittato che la CNN ha 21 milioni di contatti su Facebook mentre il commentatore di destra Ben Shapiro arriva a 55 milioni. 

Ciò non significa che ci sia una maggioranza silenziosa di consumatori di media di destra, anzi, ma che l’ecosistema dei media di destra continua a essere compatto e isolato, il che rende il ciclo di feedback della propaganda molto più efficace nel plasmare la percezione del pubblico e il mondo delle visualizzazioni. I ricercatori di Harvard Yochai Benkler, Rob Faris e Hal Roberts hanno descritto questo effetto nel loro studio Networked Propaganda

Escalation, non riconciliazione

Sono passati quasi tre mesi da quando un gruppo indipendente di esperti delle Nazioni Unite ha invitato il governo degli Stati Uniti a condurre un’indagine indipendente sul terrorismo razziale. La reazione all’omicidio di George Floyd ha suggerito per un momento che il pubblico statunitense si fosse risvegliato dagli orrori del proprio paese e potesse essere mobilitato per fare qualcosa. 

Eppure, come hanno dimostrato gli eventi della scorsa settimana, sono seguite ondate di violenza da parte di vigilantes bianchi. Diverse città e paesi sono diventati un terreno insidioso, dove milizie, gruppi MAGA e cospirazionisti stanno portando avanti le loro fantasie di guerra civile attaccando i manifestanti di Black Lives Matter mentre la polizia si limita a guardare. La situazione ricorda quella del gruppo di attivisti dei Freedom Rides negli anni 1960, quando la polizia si voltava mentre i vigilantes bianchi locali attaccavano i difensori dei diritti civili. 

Lo scorso fine settimana a Portland, una lunga carovana di sostenitori di Trump è  arrivata con targhe oscurate, pistole paintball, pistole vere e mazze da baseball, guidando i loro camion direttamente contro i manifestanti. Alcune di queste azioni violente sono stati trasmesse in diretta su Facebook e YouTube. Trump in seguito ha giustificato le loro azioni, dicendo che “le scritte non sono proiettili”. Quella stessa notte, un membro del gruppo di estrema destra Patriot Prayer è stato ucciso, ma non sono disponibili dettagli sul tiratore. Tuttavia, la narrazione dei media a destra è chiara: è stato antifa.

Usando questi video spazzatura per provocare panico nei bianchi, l’ecosistema mediatico di destra sfrutta il vero dolore sperimentato dai neri americani per giustificare l’operato dei vigilantes bianchi che assumono funzioni di polizia. Le aziende di social media devono lavorare attivamente per impedire alle milizie e ai gruppi di vigilantes di creare queste situazioni di contrapposizione armata. Ciò include la chiusura delle pagine degli eventi utilizzate come hub organizzativi centrali e la rimozione degli account di coloro che invocano violenza fisica. Quanto accaduto a Portland e Kenosha questa settimana è un’altra conferma che il terrore razziale è reale e la situazione sta peggiorando.

Joan Donovan è direttore della ricerca presso il Shorenstein Center di Harvard Kennedy.

Immagine: Nathan Howard / Getty

(rp)

Related Posts
Total
0
Share