I NEUTRONI SVELANO I SEGRETI DEI BENI ARCHEOLOGICI E ARTISTICI

La caratterizzazione, l’analisi e la conservazione dei beni culturali suggerisce da sempre un approccio multidisciplinare e l’utilizzo di tecniche diversificate a seconda del manufatto e del «problema» archeologico che si vuole studiare. Dalla gestione della conoscenza alla diagnostica, al controllo ambientale, all’impiantistica, alla ricerca sui materiali per il restauro, alla simulazione di tensioni dei materiali e degrado, alla prevenzione e protezione antisismica, numerosi sono gli ambiti in cui la ricerca, pura e applicata, in certi settori viene trasferita in tecnologie sviluppate ad hoc per la conservazione del patrimonio culturale.

di Carla Andreani e Giuseppe Gorini

Un esempio di questo approccio multidisciplinare, che vede la collaborazione tra ricercatori di diversa formazione – operatori dei beni culturali, chimici, fisici – è il progetto europeo Ancient Charm (in italiano Fascino Antico) (http://ancient-charm.neutron-eu.net/ach). Dal gennaio 2006 Ancient Charm vede coinvolti dieci tra università, musei e centri di ricerca dell’Unione Europea e i gruppi italiani dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca – coordinatore europeo del progetto – e dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Il progetto – finanziato nell’ambito dell’azione NEST (New and Emerging Science and Technology) del VI Programma Quadro dell’Unione Europea – ha l’obiettivo di sviluppare un insieme di tecniche d’indagine tomografica che utilizzano i neutroni per l’analisi non invasiva dei beni culturali. Questi potenti «occhi artificiali» sono simili a quelli di Superman che riescono a vedere dentro «le cose» con un potere di penetrazione di decine di centimetri, permettendo di indagare in dettaglio le proprietà dei materiali di cui è costituito un artefatto, di approfondirne la conoscenza, di intervenire per la sua conservazione, il restauro e magari riportarlo all’antico splendore.

I neutroni sono particelle che insieme ai protoni costituiscono il nucleo atomico; furono impiegati da Fermi come proiettili per bombardare e rompere i nuclei di uranio, aprendo la strada all’applicazione della fissione nucleare. A partire dall’inizio degli anni Cinquanta i neutroni sono stati sistematicamente utilizzati come una sonda per l’indagine delle proprietà dei materiali (Fig.1). La tecnica consiste nell’inviare fasci di neutroni sul campione che si desidera esaminare e misurare la variazione di alcune proprietà del fascio conseguente all’interazione con il materiale.

I fasci di neutroni impiegati negli esperimenti sono generati o mediante reazioni di fissione all’interno di un reattore nucleare o, a partire dagli anni Ottanta, bombardando con protoni ad alta energia un bersaglio contenente elementi ad alto numero atomico (processo noto con il nome di spallazione). Il livello di complessità tecnologica richiesto da queste apparecchiature richiede la costruzione di grandi installazioni di ricerca (GIR) che solitamente deve essere affrontata nell’ambito di accordi internazionali tra più paesi.

Da tempo il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha stipulato degli accordi con enti omologhi europei così da garantire ai ricercatori italiani l’accesso alle migliori sorgenti di neutroni disponibili in Europa. Fin dalla metà degli anni Ottanta, un accordo stipulato tra il CNR e l’omologo inglese CCLRC fornisce l’opportunità ai ricercatori italiani di condurre esperimenti presso la sorgente a spallazione di neutroni ISIS, localizzata vicino a Oxford. Questo accordo ha favorito l’instaurazione di proficue collaborazioni internazionali e ha stimolato lo sviluppo di gruppi di ricerca italiani in grado di progettare una strumentazione avanzata, che successivamente ha trovato applicazione in ISIS. Col progetto Ancient Charm per la prima volta si propone la realizzazione di una strumentazione dedicata esclusivamente all’indagine dei beni culturali.

Lo stato dell’arte

Perché è interessante utilizzare i neutroni per studiare i beni culturali? I neutroni interagiscono debolmente con gli atomi e questo spiega come essi possano penetrare in profondità nel campione senza provocarne modificazioni significative. Per molti aspetti il loro comportamento è simile a quello dei raggi X comunemente usati in medicina nelle radiografie e nella tomografia assiale computerizzata (TAC). In generale però i neutroni riescono ad attraversare anche materiali che sono poco trasparenti ai raggi X, come i metalli. Quindi il loro potere di penetrazione consente di utilizzarli per l’indagine mediante radiografia e tomografia «neutronica» (l’analogo della TAC) di oggetti complessi, e particolarmente opachi alla radiazione, sui quali i raggi X non danno buoni risultati.

La radiografia X è uno strumento comunemente usato nella diagnostica medica. A seconda del contenuto di idrogeno e di elementi leggeri il corpo umano «appare» più o meno trasparente ai raggi X. Le ossa e i metalli hanno invece un coefficiente di attenuazione (densità) ai raggi X più alto della «materia soffice» di cui sono composti i tessuti umani. L’indagine con i raggi X permette facilmente di distinguere i diversi tipi di componenti e il contrasto nelle immagini X aumenta molto quando nei materiali sono presenti componenti con più alto numero atomico (per esempio metalli). La penetrazione della sonda X è però limitata e, nel caso di metalli pesanti quali piombo o mercurio, pochi millimetri di materiale sono sufficienti per bloccare il fascio di raggi X. Questo problema viene risolto con la radiazione di neutroni. Infatti i neutroni sono una sonda molto penetrante e l’attenuazione dei neutroni da idrogeno è molto maggiore che per i raggi X. Dunque piccole quantità di idrogeno nei materiali sono sufficienti a garantire un alto contrasto. Nel caso dei raggi X, variando la loro energia è possibile solo entro certi limiti variare trasmissione e contrasto. Fasci di neutroni freddi (0,03 eV) e termici (0,25 eV) possono invece essere più efficacemente utilizzati per diagnostica per immagini: abbassando l’energia dei neutroni (da valori termici a freddi) il contrasto aumenta di circa un fattore 3. I metalli sono più trasparenti ai neutroni che permettono anche segnali con migliore contrasto nel caso di materiali organici quali tessuti, lana, pelle o cere. Nel complesso le due sonde possono considerarsi complementari per quanto riguarda lo studio dei materiali di interesse artistico e culturale.

Per una informazione sul materiale tridimensionale è necessario «guardare» l’oggetto da molti angoli diversi. Questo si realizza ponendo l’oggetto in rotazione rispetto al suo asse verticale, relativamente al fascio di neutroni (o raggi X). In tal modo è possibile raccogliere il segnale in diverse proiezioni del campione ai diversi angoli e ricostruire la sua immagine tomografica tridimensionale (Fig. 2). Questa preziosa informazione si aggiunge a quella dei tradizionali esami radiografici, che forniscono proiezioni ricavate dall’attenuazione totale del fascio di radiazioni con ambiguità di interpretazione dovute alle sovrapposizioni delle immagini. L’immagine tomografica contiene due tipi di informazione: quella spaziale (forma e dimensione), e quella relativa alle intensità.

Un sistema tomografico è costituito dalla sorgente di radiazioni, dalla catena di rivelazione e da un banco meccanico sufficientemente preciso che consenta la movimentazione del pezzo in esame e la sua rotazione. L’immagine tomografica (X o neutroni) è sostanzialmente una mappa dei coefficienti di attenuazione di una determinata sezione del materiale.

Oltre che nei settori di scienza di materiali e dei beni culturali, esempi concreti di applicazioni di queste tecniche di indagine riguardano i settori medicale/biomedicale, della «materia soffice», della chimica, dell’ingegneria, della fisica, della geologia, dell’energia, della sicurezza e dell’ambiente, con un crescente significativo impatto sull’economia e la cultura.

Il progetto Ancient Charm

Il progetto Ancient Charm si pone traguardi ancor più ambiziosi rispetto allo «stato dell’arte» raggiunto nella tomografia neutronica. Oltre ai neutroni «freddi» (ottenuti facendo passare il fascio di neutroni attraverso materiali raffreddati a basse temperature-quelle dell’azoto liquido) attualmente utilizzati per la tomografia, per la prima volta si farà uso anche dell’intenso flusso di neutroni «caldi» o, più precisamente, «epitermici», prodotti dalla sorgente a spallazione ISIS. Metodi e dispositivi di misura sperimentale con i neutroni caldi sono sviluppati, a partire da metà degli anni 1980, nell’ambito di una collaborazione italo britannica e sono alla base di queste nuove tecnologie di indagine della materia.

In particolare i gruppi italiani hanno elaborato negli ultimi anni, nel corso delle loro ricerche presso ISIS, una nuova tecnica di misura dei neutroni caldi denominata «rivelatore risonante». L’applicazione per cui questa tecnica è stata sviluppata è lo studio della fisica della materia (in sistemi magnetici, in semiconduttori e in isolanti), ma le sue applicazioni potenziali sono molteplici e una di queste sarà sviluppata proprio nell’ambito di Ancient Charm.

Si potrà in tal modo sfruttare appieno una proprietà importante di un fascio caldo di neutroni, e cioè quella di possedere un ampio intervallo di energie. Ogni elemento della tavola periodica è trasparente alla maggior parte dei neutroni caldi di alta energia, ma è opaco ai neutroni se questi hanno un ben preciso valore di energia. Questi valori sono diversi per i diversi elementi. Dunque, se un oggetto contiene argento, sarà opaco ai neutroni che hanno una certa energia; se invece contiene oro o ferro o altri elementi, sarà opaco a neutroni di energia diversa. Succede qualcosa di simile alla luce nelle vetrate di una cattedrale: il vetro lascia passare luce di diverso colore a seconda delle sostanze (coloranti) aggiunte alla pasta di vetro.

Se dunque misuriamo la quantità di neutroni assorbiti dall’oggetto da analizzare in funzione dell’energia dei neutroni, possiamo stabilire quali elementi contiene. Combinando questa proprietà esclusiva dei neutroni caldi con la tecnica della tomografia neutronica, sarà possibile ricostruire la distribuzione spaziale degli elementi all’interno dell’oggetto e ottenere diverse immagini tridimensionali che ci mostrano dove si trova il ferro, dove l’argento eccetera. Il tutto senza dover smontare, forare o danneggiare in alcun modo l’oggetto, sia esso una statuetta o un gioiello o un reperto proveniente da un sito archeologico.

Alcuni esempi di applicazione

Le potenzialità della diffrazione e della tomografia neutronica per l’indagine di materiali di interesse artistico e culturale è ben illustrata da alcune recenti analisi di materiali bronzei e marmorei. Nella tecnica di diffrazione il fascio di neutroni incidente sul campione (Fig. 2) viene diffuso ad angoli differenti, a seconda degli atomi che lo costituiscono, con intensità che dipendono dalla struttura cristallina. Misurando il numero di neutroni diffusi a un certo angolo è quindi possibile risalire alla composizione chimica dell’oggetto, alla struttura e determinare le fasi presenti e l’orientazione microscopica dei piani atomici/cristallini (tessiture). Queste ultime permettono di risalire ai tipi di tensioni residue a cui è stato sottoposto il materiale e vengono solitamente rappresentate mediante le «mappe di orientazione dei piani atomici/cristalli» (pole figure). Le tensioni residue, a livello di struttura macroscopica (dimensioni dei millimetri), sono principalmente osservabili con microscopi ottici. Esistono poi anche forme di aggregazione che danno origine a strutture mesoscopiche (intermedia tra la struttura microscopica e quella macroscopica), che caratterizzano in maniera univoca la storia di un dato reperto. Mediante l’utilizzo integrato di tecniche di diffrazione e di tomografia di neutroni è possibile ottenere informazioni sia sulle strutture microscopiche (dimensioni atomiche) sia su quelle mesoscopiche e macroscopiche (dimensioni millimetriche).

I bronzi

Tredici bronzi del Rijksmuseum di Amsterdam – statuette italiane e nordeuropee del XVI-XVII secolo – sono state studiate con radiografia e tomografia di neutroni presso la sorgente di neutroni del Paul Scherrer Insitut (PSI), utilizzando lo spettrometro NEUTRA. Le misure di diffrazione, radiografia e tomografia, ottenute combinando l’informazione di decine di migliaia di radiografie neutroniche, hanno consentito di ricostruire l’immagine tridimensionale delle statue, fin nei minimi particolari. Un esempio si evince dalla statua composita Hercules e Anteus della figura 3. I risultati di queste caratterizzazioni hanno permesso di identificare i composti costituenti la figura dell’Hercules – lega binaria di bronzo, con rame e zinco – e quella dell’Anteus – lega terziaria di bronzo, con rame zinco e piombo – e dimostrare che le due figure sono il risultato di due processi di fusione separati. è stato infine possibile identificare le parti cave e piene nelle due strutture. L’analisi di questi e altri particolari fornisce informazioni preziose per comprendere la tecnica di fusione della statua e per valutare eventuali interventi di conservazione.

Indagini sulla struttura microscopica e tomografiche sono state inoltre effettuate su una coppa etrusca della collezione del Museo Nazionale di Arte Etrusca «Villa Giulia» di Roma, portati alla luce nello scavo di Vulci (Fig. 4). I risultati dello studio di diffrazione di neutroni effettuato presso la sorgente ISIS, utilizzando lo spettrometro INES, hanno rivelato la presenza di uno stato di corrosione della coppa non osservabile a occhio nudo. Lo stato di corrosione è evidenziato dalla presenza della nantokite (CuCl) (Fig. 5). Nel caso di altri manufatti provenienti dallo stesso sito archeologico, l’indagine con i neutroni ha permesso di ricavare le composizioni del bronzo, in particolare la percentuale di stagno e rame, e da queste ottenere informazioni sui processi di lavorazione e risalire all’ambiente fisico-chimico (condizione/percentuale di umidità) del terreno di provenienza.

I marmi

Villa Adriana è un complesso monumentale eretto nel II secolo a.C. durante l’impero di Adriano (Fig. 6 (a) e 6 (b)), patrimonio dell’UNESCO, con elementi architettonici di grande prestigio. Di particolare interesse sono i rivestimenti marmorei policromi presenti in alcuni edifici del complesso, in particolare nell’ «Edificio delle Tre Esedre» (Fig. 7), che sono stati oggetto di studio approfondito con la diffrazione e la tomografia termica di neutroni. I marmi sono composti principalmente da calcite (CaCO3) e/o dolomite (CaMg(CO3)2), da silicati (quarzo, plagioclasio, mica), ossidi (rutite, magnetite) e fosfati (apatite). Le misure di diffrazione di neutroni sono state effettuate su diversi campioni marmorei, presso la sorgente ISIS, utilizzando gli spettrometri ROTAX e GEM. I risultati dimostrano che questi si differenziano l’uno dall’altro a secondo della composizione atomica e della tessitura; quest’ultima, rappresentativa dell’orientazione dei microgranuli, dipende dai processi geologici (pressioni e temperature) a cui è stato sottoposto il materiale. Le misure hanno permesso di classificare i campioni in quattro diverse categorie, a seconda della composizione atomica: 1) marmi con presenza di sola calcite (Fig. 8); 2) marmi con presenza di calcite al di sopra del 90 per cento in peso e tracce di quarzo; 3) marmi con presenza di calcite, quarzo, muscovite/illite; 4) materiali «non marmorei» in quanto composti principalmente da plagioclasio, ma privi di calcite e/o dolomite. Le mappe di tessitura di alcuni dei campioni marmorei studiati sono mostrate nella figura 9. I risultati dell’indagine di tomografia, su marmi policromi di Villa Adriana, ha inoltre permesso di determinare con grande accuratezza la struttura macroscopica (Fig. 10) e la distribuzione di tre componenti principali.

Carla Andreani è docente di fisica della materia al Dipartimento diFisica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Giuseppe Gorini è docente di fisica sperimentale al Dipartimento di Fisica «G. Occhialini» dell’Università degli Studi di Milano Bicocca

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