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Con una mossa forse troppo azzardata, il presidente Trump potrebbe aver condannato il futuro delle rinnovabili negli Stati Uniti e distrutto migliaia di posti di lavoro.

di James Temple

Il presidente Donald Trump ha appena approvato un piano per applicare tasse sull’importazione di celle e moduli fotovoltaici, commettendo un grave errore che promette di costare caro su una delle fonti di energia rinnovabili più promettenti degli ultimi anni.

Una mossa forzata: La decisione è stata presa a seguito di una petizione lanciata da due società produttrici di pannelli solari che lo scorso anno si sono appellate alla International Trade Commission sostenendo che i produttori statunitensi pativano ingiustamente gli effetti dell’afflusso di celle fotovoltaiche a basso costo prodotte in altri paesi, in particolare in Cina. Alla fine di ottobre, i commissari dell’ITC si erano raccomandati con il presidente perché imponesse dei limiti e delle tariffe sull’importazione di sistemi fotovoltaici.

Nessuna concorrenza: La tariffa pare un chiaro esempio di protezionismo, volto a rinvigorire una industria americana che la concorrenza cinese aveva già battuto sul mercato. Il settore solare cinese è stato fondamentale per abbattere il costo dei pannelli, grazie al quale è stato possibile allineare il costo dell’energia solare con quello dei combustibili fossili (per lo meno se si escludono i problemi di intermittenza ed accumulo associati al solare).

Già in precedenza, la Solar Energy Industries Association aveva avvertito che l’introduzione di tasse sull’importazione avrebbe potuto provocare il raddoppio del costo dei pannelli solari ed eliminare decine di migliaia di posti di lavoro. I nuovi dazi entreranno in funzione quando i paesi supereranno certi volumi di vendita, e partiranno da una tassa del 30 percento per i primi cinque anni, per poi scendere del 5 percento annuo nei successivi tre anni.

(MO)