I Bitcoin non sono un bene rifugio

L’ultima recessione economica sta mettendo in crisi l’ormai decennale criptovaluta come tutte le altre risorse finanziarie. 

di Mike Orcutt

Sembra che si stia scatenando l’inferno nei mercati finanziari alla luce della pandemia di coronavirus. Ma se si parla con chi crede nei Bitcoin, probabilmente dirà che momenti simili sono ideali per la criptovaluta. Alcuni dei suoi sostenitori più accaniti ritengono che, dal momento che l’asset digitale è “non correlato” con gli asset tradizionali come le azioni, sia un “rifugio sicuro” contro le crisi del mercato come quella che stiamo vedendo in questo momento. 

I fatti, però, dicono che l’intero mercato delle criptovalute è crollato insieme al mercato azionario. Al momento della pubblicazione dell’articolo, era in calo di circa il 40 per cento rispetto a un mese fa. Il dibattito è aperto, ricordando comunque che stiamo ancora cercando di capire esattamente cosa sia o meno il Bitcoin.

Inoltre, non è chiaro neanche se il Bitcoin debba essere considerato qualcosa di particolare. Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dell’ancora anonimo creatore della criptovaluta, ha tracciato alcune considerazioni. Il titolo del white paper su Bitcoin di Nakamoto, che ha introdotto il concetto nel mondo, si riferisce al “denaro elettronico peer-to-peer”. Nell’introduzione, Nakamoto ha chiesto un’alternativa al tradizionale sistema di commercio online, che si basa troppo su “terze parti fidate”.

C’è anche da considerare il misterioso messaggio che il creatore di Bitcoin ha lasciato nel primissimo record di transazioni nella blockchain, noto come blocco Genesi, vale a dire il primo blocco di una catena: “The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks”, si riferisce al titolo di un articolo del “Times” del 3 gennaio 2009 che si potrebbe tradurre come “Secondo il ‘Times’ del 3 gennaio 2009, il Cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling ipotizza un secondo salvataggio per le banche. 

Nakamoto non ha mai spiegato cosa significasse questo messaggio. Tuttavia, è difficile non vedere Bitcoin come una reazione all’ultimo tracollo finanziario globale, iniziato nel settembre del 2008. Durante la notte di Halloween del 2008, infatti, in rete apparve su una mailing list di appassionati ed esperti di crittografia una email nella quale si annunciava di essere giunti a sviluppare una moneta digitale che non richiedeva terze parti per garantirne il funzionamento.

Nella realtà, Bitcoin è troppo lento e inefficiente per agire come denaro elettronico. Invece, molti fautori di questa criptomoneta lo vedono oggi come una forma di “oro digitale”. L’oro reale è stato a lungo considerato un deposito affidabile di valore e gli investitori lo intendono come una forma di assicurazione contro la recessione economica.

L’oro è anche noto come un bene “rifugio sicuro”, che Investopedia definisce come “un investimento che dovrebbe conservare o aumentare di valore durante i periodi di turbolenza del mercato”. Anche l’argento, il mais e il bestiame sono a loro volta considerati beni rifugio. Lo stesso vale per i buoni del tesoro e i contanti degli Stati Uniti. Molti sostenitori di Bitcoin hanno affermato che anche l’asset digitale appartiene a questo gruppo. Poi è arrivata la doccia fredda della settimana scorsa.

“Sono sorpreso di assistere alla caduta del prezzo dei Bitcoin, mi sarei aspettati il contrario”, ha twittato il 9 marzo Brian Armstrong, CEO della popolare piattaforma di scambio statunitense Coinbase, probabilmente esprimendo ciò che molti possessori di Bitcoin stavano provando. E questo era prima della carneficina del 12 marzo, quando Bitcoin ha perso più del 40 per cento del suo valore.

Ma cos’è successo? Una parte della spiegazione è quasi paradossale. Nei suoi primi giorni, la maggior parte delle persone che investivano in Bitcoin erano impegnate nella costruzione di un sistema finanziario alternativo. Lo vedevano come un investimento a lungo termine. Bitcoin era “la risorsa del futuro”, scrive Noelle Acheson, direttore della ricerca di CoinDesk. Era un sistema del tutto separato dal circuito finanziario tradizionale. 

Ma le iniziative che sono emerse intorno alla valuta negli ultimi anni, hanno promosso una serie di tentativi per favorirne l’adozione da parte di investitori “istituzionali” come hedge fund e altri sportelli professionali. Il recente selloff è la prova che questa politica ha funzionato. I trader professionisti hanno cercato disperatamente di raccogliere denaro,  spiega Acheson: “Bitcoin era solo una delle risorse finanziarie che veniva bruciata mentre gli investitori cercavano di uscire dal mercato”.

Nella sua breve vita, Bitcoin è passato da un bene estremamente “oscuro” detenuto solo dai fedelissimi a “uno tra i tanti beni di mercato”. Alla luce dell’ultima crisi finanziaria globale, non assomiglia più a un rifugio sicuro. Ma in altri contesti, come in paesi con un’inflazione elevata, come il Venezuela, è diventato una sorta di rifugio sicuro, almeno rispetto alla valuta nazionale.

Anche se in questa crisi è crollato al fianco del mercato azionario, Bitcoin può ancora essere considerato un “asset alternativo”, in quanto come l’oro non dipende dai flussi di cassa di altre istituzioni per il suo valore, dice Acheson.

Tra un decennio, Bitcoin sarà ancora più oro digitale che denaro digitale? Chi ci investirà e perché? Il valore di Bitcoin è destinato a continuare a cambiare insieme a questi fattori, allo stesso modo delle idee sul ruolo che può ricoprire per gli investitori e per la società più in generale.

(rp)

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