Guerra in Ucraina, è già catastrofe alimentare per i Paesi più poveri

Secondo Romano Prodi, oltre all’aumento dei prezzi energetici la ripercussione più grave a livello mondiale del conflitto ucraino sarà la crisi alimentare per i paesi poveri. Un motivo in più per chiedere, a gran voce, soluzioni praticabili. E pace

di MIT Technology Review Italia

L’invasione russa dell’Ucraina è già un disastro umanitario, sta già avendo serie ripercussioni sui prezzi dei generi alimentari in Europa, Italia compresa. Ma si profila come una vera e propria catastrofe alimentare per i paesi più poveri, in particolare in Africa e in Asia.

Secondo un articolo di Romano Prodi pubblicato da Il Messaggero il 10 aprile 2022, finora, in relazione al conflitto in Ucraina, si è riflettuto comprensibilmente sulle conseguenze nell’approvvigionamento dell’energia, in Europa e in Italia, ma l’impatto più drammatico è già e sarà sempre più quello sui prodotti alimentari.

Dato che “Russia e Ucraina sono tra i maggiori produttori ed esportatori al mondo di beni alimentari essenziali”, e ad essi si deve quasi un terzo delle esportazioni di grano, orzo e semi di girasole”.

La produzione e l’esportazione di questi beni sono in grave crisi, sia “a causa dei danni diretti della guerra, dell’interruzione delle vie di comunicazione e dei porti, ma anche perché un’elevata quota delle terre ucraine non può, in questa stagione delle semine, nemmeno  essere coltivata.

Un gran numero di agricoltori ha abbandonato i campi e in tutto il paese non arrivano dalla Russia i fertilizzanti necessari per la normale produzione”, nota l’ex Presidente del Consiglio e fondatore della Fondazione per la Collaborazione tra i popoli. Il rischio, secondo Prodi, è che la situazione alimentare mondiale diventi “del tutto intollerabile e del tutto inedita”. 

Come accennato ci sono i problemi di aumento dei prezzi in Europa, ma questa è una conseguenza, se pur grave, meno drammatica di quelle che si prospettano per altre parti del Pianeta: “Gran parte dell’Africa e intere regioni del Sud-Est asiatico -prosegue Prodi- sono entrate in una drammatica situazione di mancanza di cibo, senza alcuna prospettiva di una vicina soluzione del problema. Eritrea e Somalia dipendono interamente dalle importazioni di grano da Russia e Ucraina, così come i tre quarti degli egiziani, dei libanesi e di tanti altri paesi dell’Africa e del Sud Est dell’Asia”.

E aggiunge:  “Oggi l’unica certezza è che quest’anno arriveranno nei paesi più bisognosi 35 milioni di tonnellate di cereali in meno rispetto a quelli dello scorso anno. Sono già cominciate le lunghe file per il pane proprio a Tunisi (quasi in prospettiva di una nuova rivolta popolare), l’Egitto ha riserve di grano per pochissimi mesi e gli altri paesi africani, a partire da quelli del Mediterraneo, stanno ormai entrando in una progressiva e inevitabile crisi alimentare”. 

Prodi si domanda come affrontare la drammatica emergenza a livello internazionale. Il direttore della FAO, Maurizio Martina ha ricordato che ben 26 paesi a basso livello di reddito dipendono da Russia e Ucraina per oltre la metà della loro importazione di cereali, ma -si domanda Prodi- “C’è qualcuno che ci pensa oltre alla FAO?”

L’unico attore internazionale che sembra in grado di muoversi concretamente per fare fronte alla situazione sembra essere la Cina, che -ci ricorda Prodi- “nella sua strategia di assicurare il cibo al miliardo e quattrocento milioni dei suoi cittadini, ha da tempo acquistato enormi estensioni di terreno coltivabile tanto in Russia quanto in Ucraina”.

Prodi appare scettico sul fatto che la Cina, di voglia davvero impegnare per ristabilire la pace nell’area, e il su intervento si conclude con un appello, auspicando che “l’evidenza dell’estensione a tutti gli abitanti del pianeta delle conseguenze negative di questa “guerra mondiale a pezzi“, costituisca almeno uno stimolo per cercare gli accordi e i compromessi necessari per arrivare finalmente alla pace”.

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