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La neutralità della rete, auspicata dal Presidente della FCC, non ha in realtà ampliato l’accesso a Internet.

di Angela Chen

Secondo Ajit Pai, Presidente della Commissione federale per le comunicazioni (FCC) degli Stati Uniti, la fine della neutralità della rete, vale a dire il sistema che richiedeva ai fornitori di servizi Internet di trattare tutti allo stesso modo i dati, avrebbe indotto più americani ad accedere alla banda larga.
E’ trascorso un anno da allora, ma la realtà non sembra confermare questa previsione.
Ogni anno, la FCC pubblica un rapporto che mostra lo stato dell’accesso alla banda larga negli Stati Uniti.
Questo rapporto è la principale fonte di informazioni del governo per misurare lo stato della connettività e contribuisce a determinare le modalità di stanziamento dei sussidi per la banda larga.
In una bozza del rapporto di quest’anno, diffusa a febbraio, risultavano significativi incrementi di accessi alla banda larga.

Ajit Pai, che considera negativa la neutralità della rete in quanto scoraggia l’innovazione, ha allora affermato che “il nostro approccio funziona”.
A fronte delle contestazioni sulla validità dei dati raccolti, la FCC ha modificato i numeri, ma Pai ha insistito sul fatto che “i nuovi dati non cambiano la conclusione fondamentale del rapporto”: il cosiddetto digital divide si sta restringendo.
Ora, la FCC ha pubblicato la relazione finale.
Si conferma l’aumento dell’accesso alla banda larga, ma non è chiaro se sia dovuto alla fine della neutralità della rete.

La polemica su come la FCC misuri lo stato della connettività ha una lunga storia.
L’agenzia governativa compila il rapporto utilizzando le autodichiarazioni dei fornitori di servizi internet.
Questi dati dipingono una visione piuttosto rosea.
Se, per esempio, la banda larga raggiunge solo una parte di una zona censita nel rapporto si legge che tutta la zona è coperta dal servizio.

Si fa anche riferimento alle velocità ipotizzate della banda larga, che possono essere molto diverse dalla velocità effettiva a disposizione degli utenti.
Ciò significa che i dati forniscono un punto di partenza, ma “richiedono un controllo rigoroso da parte dei responsabili politici prima di prendere decisioni in favore dell’ implementazione”, afferma Horrigan del Technology Policy Institute.
“Se la raccolta dei dati fosse effettuata in modo più accurato, si potrebbe porre rimedio ai problemi con più efficacia”.

La questione ha già creato profonde divisioni politiche.
Il voto della FCC per porre fine alla neutralità della rete si è diviso secondo le diverse indicazioni dei partiti, con i due commissari democratici contrari e i tre repubblicani a favore (I democratici contestano ancora i dati nell’ultima versione del rapporto).

La polarizzazione è destinata ad aumentare con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane del 2020.
La senatrice democratica Amy Klobuchar, per esempio, ha messo il nodo della connettività al centro della sua campagna elettorale, proponendo un disegno di legge che prevede lo stanziamento di miliardi di dollari per collegare ogni famiglia alla banda larga entro il 2022.

Con altri tre senatori, è anche sponsor della Bipartisan Improving Broadband Mapping Act, che chiede alla FCC di utilizzare altre fonti di dati per compilare questi report.
Come sostiene Jessica Rosenworcel, uno dei due commissari democratici della FCC: “Non si può gestire ciò che non si riesce a misurare”.

(rp)