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La creazione del quinto stato della materia sulla Stazione Spaziale Internazionale è un’impresa tecnologica che potrebbe aiutare a svelare i misteri profondi della fisica.

di Neel V. Patel

Da maggio del 2018, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale c’è una struttura di dimensioni di un mini-frigo chiamata Cold Atom Lab (CAL), in grado di raffreddare gli atomi nel vuoto fino a temperature di un decimo di miliardesimo di grado sopra lo zero assoluto. È, a tutti gli effetti, uno dei punti più freddi nell’universo conosciuto. 

Secondo un  nuovo studio pubblicato su “Nature”, gli scienziati lo hanno appena usato per creare per la prima volta uno stato raro della materia nello spazio. I condensati di Bose-Einstein, a volte chiamati il quinto stato della materia, sono nuvole di atomi gassosi che smettono di comportarsi come singoli atomi e iniziano a comportarsi come un collettivo. 

I BEC, come vengono spesso chiamati, sono stati previsti per la prima volta da Albert Einstein e Satyendra Nath Bose oltre 95 anni fa, ma sono stati osservati per la prima volta in laboratorio dagli scienziati solo 25 anni fa.

L’idea generale quando si produce un BEC è quella di iniettare atomi (nel caso di CAL, rubidio e potassio) in una camera ultra-fredda per rallentarli. Viene quindi creata una trappola magnetica nella camera con una bobina elettrificata, che viene utilizzata insieme a laser e altri strumenti per spostare gli atomi in una nuvola densa. A questo punto gli atomi “si confondono l’uno con l’altro”, afferma David Aveline, fisico del Jet Propulsion Laboratory della NASA e primo autore del nuovo studio.

Per eseguire esperimenti utilizzando un BEC, è necessario trattenere gli atomi nella trappola magnetica. La nuvola di atomi affollati si espanderà, il che è utile perché i BEC devono rimanere freddi e i gas tendono a raffreddarsi man mano che si espandono. Ma se gli atomi in un BEC si allontanano troppo, non si comportano più come un condensato. È qui che entra in gioco la microgravità dell’orbita terrestre bassa. 

Se si prova ad aumentare il volume sulla Terra, dice Aveline, la gravità porterà gli atomi dal centro della nuvola BEC fino al fondo della trappola, dalla quale fuoriusciranno, distorcendo la condensa o rovinandola completamente. Ma nella microgravità, gli strumenti nella CAL possono tenere insieme gli atomi anche quando il volume della trappola aumenta. 

Ciò crea un condensato di lunga durata, che a sua volta consente agli scienziati di studiarlo più a lungo di quanto potrebbero sulla Terra (questa dimostrazione iniziale è durata 1,118 secondi, anche se l’obiettivo è arrivare almeno a 10). 

Sebbene rappresenti solo un primo passo, l’esperimento con la CAL un giorno potrebbe consentire ai BEC di costituire la base di strumenti ultra sensibili che rilevano segnali deboli da alcuni dei fenomeni più misteriosi dell’universo, come le onde gravitazionali e l’energia oscura. 

In una prospettiva più immediata, Aveline ritiene che il lavoro del team potrebbe spianare la strada a sensori inerziali migliori. “Le applicazioni spaziano da accelerometri e sismometri a giroscopi”, egli afferma.

Nel frattempo, i ricercatori hanno a disposizione CAL, che Aveline descrive come un sistema di “manopole da girare”, per creare condizioni uniche per sperimentare gli atomi. Il team ora sa che può ottenere condensati di Bose-Einstein nello spazio. Il prossimo passo sarà modificare le impostazioni per vedere cosa succede loro quando si aumenta il numero di manopole.

(rp)