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La missione di sette anni, ora conclusa, ha rappresentato uno degli studi più importanti mai condotti su come il tempo spaziale influenza l’ambiente appena oltre l’atmosfera del nostro pianeta.

di Neel V. Patel

La fascia di Van Allen è una zona di particelle cariche alimentate da intensi venti solari e raggi cosmici, intrappolate in due strati all’interno della magnetosfera terrestre grazie al campo magnetico terrestre, lo stesso che protegge il pianeta dalle radiazioni spaziali. 

Satelliti e veicoli spaziali in orbite alte o in viaggio verso lo spazio profondo possono essere danneggiati dall’esposizione prolungata a queste radiazioni. Gli esseri umani rischiano gravi problemi di salute. Eppure proprio queste fasce svolgono un ruolo significativo nella modulazione del clima spaziale capace di danneggiare satelliti, reti elettriche e altre infrastrutture elettroniche sulla Terra. 

La NASA ha lanciato le due sonde Van Allen in orbita ellittica nel 2012, per studiare la cintura di radiazione direttamente. Ciascun satellite ha fatto uso di una suite di cinque strumenti per rilevare particelle, studiare il campo magnetico e le onde di plasma che caratterizzano la regione dello spazio direttamente circostante la Terra. Le operazioni della sonda B sono state interrotte in luglio all’esaurito del carburante, mentre le operazioni della sonda A si sono concluse settimana scorsa. La coppia di sonde ricadere verso terra e bruciare nell’atmosfera tra circa 15 anni. 

I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti dalla missione per meglio comprendere la distribuzione delle particelle cariche nelle cinture di Van Allen, in previsione di progettare veicoli spaziali sempre più capaci di resistere alle radiazioni cosmiche. La missione ha anche portato ad una migliore comprensione di come il clima spaziale faccia ciclicamente gonfiare e restringere le fasce ogni 11 anni. L’emozione è stata grande alla scoperta di come nuove fasce transitorie si formino in caso di eventi di attività solare estremi. 

L’impatto maggiore delle sonde Van Allen potrebbe derivare dal loro stesso progetto. La durata della missione era stata fissata a soli due anni, in quanto si temeva che le radiazioni avrebbero eroso rapidamente i componenti elettronici delle sonde. Eppure la coppia di satelliti è durata un tempo inaspettato e sarebbe sopravvissuta oltre gli anni ’20 se fosse stata fornita di carburante a sufficienza. Considerando la possibilità di lanciare missioni a lungo termine nello spazio, le sonde rappresentano ora un esempio di progettazione per i veicoli spaziali del futuro. 

La prossima missione scientifica di grande interesse è la Lagrange della ESA. Seguirà la missione TRACERS della NASA, che studierà come le particelle cariche interagiscono con il campo magnetico ai poli. Nessuna delle due studierà le cinture Van Allen direttamente. Nel frattempo, NASA e NOAA monitorano le condizioni meteorologiche spaziali con diversi veicoli spaziali e tengono le agenzie informate di tutti gli eventi solari che potrebbero devastare i moderni sistemi elettronici.

(lo)