Esiste una soluzione migliore per sequestrare l’anidride carbonica?

Il naturale sequestro di anidride carbonica nei monti dell’Oman potrebbero aiutare gli scienziati a sviluppare nuovi metodi per immagazzinare il gas serra nel sottosuolo.

di Jamie Condliffe

Sequestrando l’anidride carbonica al di sotto della superficie della Terra potremmo riuscire a ridurne la concentrazione nell’atmosfera. Ora, un team di scienziati spera che l’attenta osservazione di campioni presi da una rara conformazione del manto terrestre possa aiutarci ad accumulare il gas in maniera più efficiente.

Il consumo di combustibili fossili genera l’anidride carbonica che rifluisce nell’aria; è però possibile catturare questo gas e iniettarlo in profondità sottoterra. Questo risultato viene spesso ottenuto forzandolo all’interno di vecchie riserve di gas o petrolio a pressioni e temperature elevate, anche se l’approccio non può garantire che, una volta sequestrato, il gas rimarrà bloccato.

Recentemente, un progetto in Islanda ha dimostrato come l’iniezione del gas in particolari parti del pianeta può portare alla sua reazione con il calcio, il magnesio e il ferro presenti, e alla formazione di minerali carbonati. Si ritiene che questa pietrificazione possa trattenere la CO2 per secoli o persino migliaia di anni; il processo, per giunta, avverrebbe più in fretta del previsto.

Alcuni ricercatori ritengono che il processo possa essere ottimizzato. Nei monti dell’Oman, un gruppo di scienziati sta studiando la sola sezione esposta del manto terrestre in cui le stesse reazioni che vengono sfruttate in Islanda avvengono naturalmente in superficie. Associated Press riporta che i ricercatori, guidati da by Peter Kelemen della Columbia University, hanno trascorso quattro mesi a perforare13 tonnellate di campioni da analizzare per comprendere nel dettaglio come avviene la pietrificazione.

La speranza è che una maggiore comprensione del processo permetta al team di replicare questo sistema naturale di sequestro dell’anidride carbonica. Kelemen spera di riuscire a sfruttare questo fenomeno per creare gigantesche vasche sottomarine per la raccolta di CO2. Nel frattempo, però, la conversione della CO2 in roccia resta poco più di un progetto di ricerca – persino in Islanda, dove appena 5.000 tonnellate di gas vengono pompate nel sottosuolo ogni anno.

Gli Stati Uniti, intanto, continuano a esplorare tecniche più convenzionali. Per quanto il progetto Kemper nel Mississippi sia stato disastroso, la tecnologia alla base potrebbe cominciare a prendere piede.
La centrale a carbone di Petra Nova, in Texas, ha riaperto i battenti utilizzando la propria CO2 sequestrata per ottimizzare le operazioni di estrazione in un pozzo petrolifero adiacente. Come precisato su Vox, un nuovo movimento bipartisan potrebbe incoraggiare l’adozione di simili strategie in futuro.

(MO)

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