Ecco come l’apprendimento automatico sta aiutando le neuroscienze a comprendere il nostro codice neuronale

Comprendere come il cervello codifica le informazioni, è una grossa sfida per i neuro scienziati. Le reti neurali si stanno rivelando degli eccellenti decodificatori

di Emerging Technology from the arXiv

Ogni volta che muoviamo una mano, un dito, un occhio, il cervello invia un segnale ai muscoli che contengono le informazioni necessarie a produrre il movimento richiesto. Queste informazioni sono codificate in maniera tale da permetterne la trasmissione attraverso i neuroni e venire correttamente interpretate dai muscoli di riferimento.

I neuroscienziati sono in grado di rilevare queste informazioni mentre viaggiano lungo i neuroni. Esistono svariati algoritmi capaci di interpretazioni parziali. Joshua Glaser della Northwestern University di Chicago, assieme ad alcuni colleghi, ha usato l’apprendimento automatico per sviluppare un decodificatore dalle prestazioni tanto più elevate che la squadra crede possa divenire il nuovo metodo standard per le future analisi dei segnali neurali.

Le informazioni viaggiano lungo fibre nervosi in forma di spike, o potenziali d’azione. I neuroscienziati credono che lo schema degli spike codifichi informazioni relative a stimoli esterni, quali tocco, vista, suono, e che qualcosa di simile avvenga anche per le informazioni relative ai movimenti muscolari.

Comprendere questo codice permetterebbe una comprensione delle informazioni inviate ed elaborate dal cervello, e del meccanismo con cui controlla i muscoli, un’informazione che risulterebbe molto utile agli ingegneri interessati alla creazione di interfacce cervello-macchina per il controllo di sedie a rotelle, protesi, e video game.

La squadra di Glaser è partita dall’addestrare alcuni macachi ad usare un mouse per dirigere un cursore contro un bersaglio. In ciascun test, sia cursore che bersaglio compaiono in posizioni casuali sullo schermo. I ricercatori hanno poi registrato l’attività di dozzine di neuroni in quelle parti del cervello che controllano il movimento: la corteccia motoria primaria, la corteccia premotoria superiore e la corteccia somatosensoriale primaria. Il compito dell’algoritmo decodificatore è quello di estrapolare la distanza percorsa dal cursore semplicemente analizzando i dati neuronali della scimmia al comando. Sono stati messi alla prova svariati algoritmi, alcuni convenzionali e svariati nuovi algoritmi sviluppati in machine learning.

Gli algoritmi convenzionali applicano una tecnica statistica chiamata regressione lineare. Glaser e colleghi ne hanno messo a confronto il funzionamento con svariati approcci in machine-learning basati su reti neurali. Che acquisiscono le proprie capacità da set di dati: più ampio il seti di dati messo a disposizione, meglio imparano. Le tecniche sviluppate in machine-learning avrebbero dato risultati nettamente migliori, fino al 40 percento, rispetto alle analisi convenzionali. Le tecniche di apprendimento automatico basate su reti neurali si ispirano all’architettura del cervello stesso. Il loro punto debole è il quantitativo di informazioni necessarie alla loro educazione .

Glaser e colleghi sono riusciti ad ottenere risultati nettamente migliori pur riducendo deliberatamente il numero di dati utilizzati per addestrare gli algoritmi, probabilmente perché hanno scelto di utilizzare reti più piccole di quelle convenzionalmente usate per tecniche come il riconoscimento facciale. Glaser e colleghi hanno messo il proprio codice a disposizione della comunità neuro scientifica perché ogni set di dati neurali esistenti possa essere ri-analizzato.

Un risultato interessante sarebbe arrivare a decodificare dei segnali neurali in tempo reale per predire il movimento mentre avviene.

(LO)

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