L’assistenza sanitaria alle donne è spesso ridotta alla sola riproduzione. Nuove startup “femtech” aprono le porte alle innovazioni dimenticate di conseguenza.
di Dayna Evans
La startup NextGen Jane, è stata fondata da Ridhi Tariyal e Stephen Gire nel 2014. L’obbiettivo della startup è utilizzare il sangue mestruale raccolto dagli assorbenti interni come strumento diagnostico.
Tariyal e Gire sono convinti di poter identificare nel sangue mestruale marcatori per l’endometriosi ed altri disturbi. La semplicità del metodo, se funzionerà, rappresenterà un notevole passo avanti rispetto agli standard di cura attuali.
I chirurgi diagnosticano l’endometriosi, una crescita di tessuti endometriosici anomala all’esterno dell’utero, inserendo una microcamera nella cavità pelvica per verificare la possibile presenza di cellule endometriosiche dove non dovrebbero normalmente crescerne. Le donne a cui viene diagnosticata l’endometriosi ne soffrono solitamente per decenni. Questa malattia cronica si accompagna a dolori atroci ed ha un impatto fisico, emotivo, sociale notevole sulla vita delle donne.
La maggior parte delle donne che ne soffre è convinta che la sofferenza sia normale. Spesso sono i medici stessi a promuovere l’idea di doversi semplicemente abituare, di soffrire di una ‘soglia del dolore bassa’, per parafrasare Padma Lakshmi, personaggio televisivo e fondatrice della Endometriosis Foundation of America.
La maggior parte dei casi di endometriosi non viene mai diagnosticata: i sintomi più evidenti vengono facilmente attribuiti ad altre cause e la loro severità non ha una correlazione diretta con la gravità del disturbo stesso.
Secondo le stime più recenti, soffre di endometriosi il 10% delle donne in età fertile, circa 200 milioni di persone.
Ciononostante, la NextGen Jane era stata inizialmente per occuparsi di fertilità, l’argomento che attira il capitale di ventura, spiega Tariyal. Sono centinaia, ora, le cosiddette startup femtech, dedicate alla ricerca sulla salute femminile. Secondo la Frost & Sullivan, una società di ricerche di mercato, l’industria femtech varrà $50 miliardi entro il 2025. La medicina per le donne si è finora concentrata soprattutto sulla riproduzione, un settore particolarmente lucrativo. Questo pregiudizio ha notevolmente rallentato il progresso della medicina.
Tariyal, laureata in ingegneria industriale alla Georgia Tech, ha lavorato sia per la Bank of America Securities, sia per la casa farmaceutica Bristol-Myers Squibb. Per avviare la propria società, ha conseguito un MBA alla Harvard ed un master in imprenditoria biomedica al MIT. Ha incontrato Stephen Gire collaborando ad una ricerca genetica condotta in Sierra Leone sulla Febbre di Lassa, una malattia simile all’ebola.
Nel 2013, Tariyal ricevette dalla Harvard Business School un’occasione per far partire la propria società life-science. A 33 anni, decise di chiedere ad un medico un esame del sangue chiamato AMH, capace di valutare il numero approssimativo degli ovuli a sua disposizione. Non desiderando avere figli, desiderava sapere se poteva permettersi di rimandare la maternità di 5 anni. Il medico le negò l’esame, suggerendo invece di verificare lo stato della propria fertilità rimanendo incinta, una sorta di ‘biopsia naturale’.
Frustrata ed alienata dal sistema sanitario, la Tariyal decise di creare un test AMH che le donne potessero condurre da sé, a casa propria. Chiese a Gire di aiutarla a creare un esame capace di identificare nel sangue mestruale di un tampone tracce di proteine ed ormoni, come l’AMH. Mise a confronto campioni di sangue venoso, sangue raccolto pungendo la pelle e sangue mestruale e scoprì, purtroppo, che i livelli di AMH rilevabili dal sangue mestruale erano consistentemente più bassi rispetto a quelli riscontrati nel sangue venoso.
L’idea iniziale non sembrava poter avere successo, eppure, il sangue mestruale si rivelò ricco di chiari segnali genomici. Ben 800 geni si rivelarono espressi diversamente nel sangue mestruale, composto di sangue, endometrio e cellule sia vaginali che cervicali, rispetto al sangue venoso. Una vera e propria “biopsia naturale.”
Con finanziamenti per$100.000 e sei mesi di accesso agli strumenti necessari per il sequenziamento genetico di un acceleratore gestito dalla Illumina, Tariyal e Gire decisero di concentrarsi, in particolare, sulla possibilità di identificare, con certezza, tracce di mutazioni nell’espressione genetica associate all’endometriosi dalla dottoressa Linda Giudice, della University of California, San Francisco. L’accesso della NextGen Jane agli strumenti della Illumina terminò nel 2015, prima che le ricerche potessero arrivare a risultati affidabili.
La NextGen Jane non è la sola società interessata alla creazione di un test da banco per l’endometriosi ed altre malattie prettamente femminili. Come tanti boom, anche quello delle società femtech ha le sue pecore nere. La storia della Theranos, ha reso sospette le ricerche dedicate a nuove formule di analisi del sangue. Secondo uno studio del 2016 condotto dalla Columbia University, la maggior parte delle app dedicate al ciclo mestruale risulta inaccurato o poco scientifico.
La NextGen Jane continua a studiare la possibilità di diagnosticare dal sangue mestruale non solo l’endometriosi, ma anche il cancro al collo dell’utero e altri disordini. Il brevetto più importante della società copre un dispositivo studiato per estrarre il sangue mestruale da un assorbente interno che non è ancora stato approvato dalla US Food and Drug Administration. La Tariyal si aspetta di impiegare ancora un paio di anni per raccogliere gli svariati milioni di dollari necessari a condurre su 800 donne i test clinici necessari a provare l’efficacia diagnostica dei test condotti sul sangue mestruale.
In un articolo pubblicato l’anno scorso sul Washington Post, la Tariyal ha descritto le difficoltà inerenti alla raccolta di fondi per una startup dedicata alla salute, invece che alla fertilità, femminile. “Alcuni dei miei mentori mi hanno suggerito di non fare cenno al sangue mestruale, di ridurre l’importanza della ricerca sulla salute femminile nel definire la società: sminuirebbe la validità scientifica della ricerca condotta,” ha scritto. “In parole povere: non dare ad intendere di essere una società sotto la conduzione di una donna, che si occupa di biologia femminile per promuovere il benessere di metà della popolazione mondiale.”
Immagine: Bruce Peterson
(lo)