Dalla nanotecnologia grandi speranze per la terapia del cancro al colon

Rimane uno dei più mortali e difficili da trattare. Ma ora una nuova modalità di somministrazione dei farmaci, che si basa sulla nanotecnologia, porta grandi speranze.

di Erika Jonietz

Nanoparticelle capaci di somministrare 2 o più farmaci allo stesso tempo hanno la possibilità di portare ad una significativa diminuzione delle dimensioni dei tumori al pancreas, riducendone anche nel contempo la diffusione, affermano ricercatori del Massachusetts General Hospital. Tayyaba Hasan, anche professore di dermatologia alla Harvard Medical School, ha guidato lo sviluppo e i test di due “nano cellule”. Queste nanocellule combinano una terapia a base ottica con molecole che inibiscono la crescita di cellule cancerogene o di vasi sanguigni che le possano nutrire.

Nonostante le particelle siano state finora solo testate su topi, la comunità della ricerca sul cancro è entusiasta. Il cancro al pancreas rimane la forma di tumore più mortale e difficile da trattare; i livelli di mortalità ad esso associati sono rimasti pressoché invariati negli ultimi 30 anni. Dal momento della diagnosi, la vita media dei pazienti è di 6 mesi, meno del 5% sopravvive 5 anni.” In termini di popolazione di pazienti c’è molto poco che possiamo fare per loro una volta diagnosticato il tumore,” racconta Craig Thompson, direttore del Abramson Cancer Center presso la University of Pennsylvania. Hasan e due ricercatori del suo laboratorio, Prakash Rai e Lei Z. Zheng, hanno presentato i loro primi risultati lo scorso novembre all’ International Conference on Molecular Targets and Cancer Therapeutics, tenuto dalla American Association for Cancer Research, dall’ U.S. National Cancer Institute (NCI), e dall’European Organization for Research and Treatment of Cancer.

Il primo tipo di nano cellula progettato dalla squadra è studiato per affamare i tumori tagliando loro ogni fornitura di sangue. Hanno intrappolato un farmaco fotosensibile chiamato verteporfin, capace di creare radicali d’ossigeno tossici quando esposto a specifiche lunghezze d’onda luminosa all’interno di nanoparticelle in polimeri solidi. Queste nano particelle sono poi state incapsulate in particele lipidiche assieme a bevacizumab, un anticorpo specifico capace di inibire la crescita di nuovi vasi sanguigni bloccando la proteina chiamata VEGF. Verteporfin e bevacizumab sono entrambi già stati approvati dalla U.S. Food and Drug Administration.

Il bevacizumab è stato approvato per il trattamento di forme avanzate di cancro al colon, seni, polmoni e reni ed è commercializzato dalla Genentech con il nome di Avastin. Il verteporfin, di regola utilizzato per l’eliminazione di vasi sanguigno fuori norma in casi di degenerazione molecolare essudativa, è venduto con il nome di Visudyne da Novartis.

In un test clinico su piccola scala effettuato all’inizio, il verteporfin da solo aveva incrementato il tempo medio di sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro al pancreas da 6 a 9 mesi. Ciononostante, l’aggiunta dell’Avastin, non ha dato incrementi della sopravvivenza – probabilmente perché l’azione distruttiva dell’Avastin sui vasi sanguigni rende difficile far arrivare al tumore un quantitativo sufficiente del farmaco fotosensibile. Al contrario, quando le nano cellule vengono iniettate per endovena, somministrano entrambi i farmaci direttamente all’interno delle cellule tumorali. I vasi sanguigni dei tessuti normali sono impermeabili alle nanoparticelle, ma i vasi propri ai tessuti tumorali sono più aperti, con pori molto più ampi che permettono il passaggio delle nanoparticelle. Di conseguenza, le nanoparticelle si accumulano all’interno del tumore e vi rilasciano un quantitativo dei farmaci a loro affidati molto superiore rispetto a quanto può finire in cellule sane.

Le nanocellule sono capaci quindi di portare un dosaggio dei farmaci molto più alto al tumore stesso, a fronte della somministrazione di un quantitativo totale inferiore al comune per entrambe le sostanze, con la conseguenza di alleviarne gli effetti collaterali.

La squadra ha trapiantato cellule pancreatiche umane nei topi per poi indurre la formazione di tumori. Hanno quindi iniettato ai topi una singola dose di nanocellule ed esposto il tumore a luce ad ampia lunghezza d’onda.

I topi sottoposti a questo trattamento hanno evidenziato una maggiore riduzione delle dimensioni del tumore rispetto ai topi trattati con i farmaci separatamente. Non solo, i topi così trattati hanno sviluppato anche almeno la metà delle metastasi a fegato, polmoni e linfonodi.

“Iniettare queste sostanze come entità separate non ha l’efficacia che si ottiene facendone un unico insieme,” afferma Hasan. Hasan crede che questo sia il meccanismo grazie al quale le nanocellule si fondono effettivamente con le cellule tumorali e introducono l’Avastin al loro interno, piuttosto che solo all’esterno. E nonostante il laboratorio di Hasan non abbia eseguito alcun test sulla tossicità, spera che l’accumularsi delle nanocellule quasi esclusivamente all’interno dei tessuti tumorali possa generare una riduzione degli effetti collaterali dei farmaci, spesso altamente rischiosi. Il 30% dei pazienti a cui viene somministrato l’Avastin soffre di effetti collaterali cardiovascolari, compresi pericolosi picchi di pressione alta, ictus, e attacchi cardiaci.

Shiladitya Sengupta, assistente alla cattedra di Medicina, scienza e tecnologia della salute presso la Harvard Medical School, definisce ‘impressionanti’ i risultati ottenuti dagli studi di Hasan sui topi. “Nel campo del cancro al pancreas, questi risultati sono notevoli, perché non c’è una terapia.”, dice. Sengupta non ha partecipato alla ricerca di Hasan, ma è l’originatore dell’idea di somministrare i farmaci attraverso l’utilizzo di nanocellule. Technology Review gli riconobbe per questa idea il premio 2005 TR35 . è tra i fondatori della Cerulean Pharma , dedicate alla commercializzazione della piattaforma a nanocellule e di altri metodi di somministrazione nanofarmaceutici.

Uno degli aspetti complessi di questa tecnologia risiede nel fatto che debba essere ottimizzata per ciascuna combinazione di farmaci caso per caso, fa notare. La squadra di Hasan ha già sviluppato una seconda nanocellula progettata per prevenire lo sviluppo di immunità alla chemioterapia nei cancri al pancreas, un problema molto comune. Già altri ricercatori hanno identificato due proteine, EGFR e MET, come particolarmente interessate nel processo di sviluppo e crescita del cancro al pancreas. In laboratorio, tra i filari di cellule cancerogene, quando i ricercatori inibiscono la EGFR, le cellule incrementano la loro produzione di MET, e viceversa. Pertanto, al fine di meglio controllare i tumori, la squadra di Hasan si è impegnata nel tentativo di bloccare in contemporanea sia la EGFR che la MET, colpendo ancora una volta il tumore con la luce per potenziar l’efficacia del trattamento. Questa seconda nanocellula ha richiesto un progetto molto più sofisticato. Rai è partito da una piccolo molecola chiamata PHA-66572, capace di inibire la proteina MET, per poi confinarla nel medesimo tipo di nanoparticella in polimero solido utilizzata per la prima nanocellula. Ha quindi avvolto queste nano particelle con del cetuximab, un anticorpo capace di bloccare la EGFR. Infine, ha incorporato del Visudyne in una sfera lipidica per incapsularvi i primi due strati. Zheng racconta che i tumori si sono ridotti drasticamente nei topi a cui era stato impiantato il tumore al pancreas e poi somministrata una dose di nanocellule seguita dalla terapia luminosa. Ancora non ha terminato di eseguire le misurazioni degli effetti sulle metastasi, ma essendo la MET attiva in quasi tutti i casi di tumori che abbiano generato metastasi, non solo quelli al pancreas, i ricercatori sono ottimisti in merito alla capacità delle nano cellule studiate per il fattore crescita di ridurre notevolmente il numero e la misura anche delle metastasi. Zheng sottolinea che questi risultati sono particolarmente incoraggianti dal punto di vista della riduzione della tossicità dei farmaci. Pfizer ha sviluppato il PHA-66572 specificamente per bloccare la MET nelle cellule tumorali, ma il farmaco è risultato così tossico da dover essere abbandonato. Al contrario, secondo Zheng, gli animali a cui ha somministrato le nanocellule hanno mantenuto il loro comune livello di attività senza perdere nemmeno peso. Hasan spera che entrambe le nanocellule possano essere testate su pazienti affetti da cancro al pancreas entro i prossimi anni. Essendo l’Avastin e il Visudyne già approvati dalla FDA, è probabile che la prima ad essere testate sarà la nanocellula in due parti, entro un paio d’anni o forse anche prima. La NCI sta già conducendo test tossicologici sulla nanocellula Avastin-Visudyne come parte di un nuovo farmaco da sottoporre alla FDA. La nanocellula sul fattore crescita dovrebbe entrare in clinica “poco dopo”, racconta Hasan. La chiave sta nel trovare il miglior inibitore per la MET, e secondo Hasan, diversi altri ricercatori stanno testando vari candidati promettenti.

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