Coronavirus: come può aiutarci la Data Science?

Giovanni Bocchi (Managing Partner – Head of Data Science & A.I. Researcher) e Francesco Cuccio (Managing Partner & Data Architect) di Kiwi Data Science, una delle imprese che ha sede in OpenZone ce lo spiegano.

di OpenZone

La società ha sviluppato una dashboard di monitoraggio dei numeri mondiali della situazione coronavirus, aggiornati in tempo reale. La Data Science ci può aiutare in questo periodo così particolare?

Mai come in questi giorni l’opinione pubblica ha rivolto la propria attenzione verso numeri, statistiche, diagnosi, terapie e prognosi. Se da un certo un punto di vista questo denota quanto seriamente venga percepita dalla comunità la situazione che stiamo vivendo, da un altro è necessario constatare come spesso l’enorme mole di dati che ci sommerge ogni giorno non necessariamente si trasforma in informazioni realmente utili.

“Il progetto è nato quando abbiamo capito che la situazione italiana non sarebbe rimasta limitata ai primi due focolai individuati, ma che i numeri avrebbero potuto crescere molto” racconta Giovanni Bocchi. “All’inizio ci siamo concentrati sulla letteratura scientifica. Era importante sapere quali studi potessero esserci di aiuto per analizzare i dati mondiali. Successivamente, dopo aver individuato le fonti ufficiali dalle quali prendere i dati, abbiamo progettato l’analisi in termini di calcoli di visualizzazione. Esattamente come in tutti i lavori che facciamo, abbiamo scelto la miglior tecnologia da utilizzare e in un paio di giorni abbiamo sviluppato il tutto.

“Ad oggi, le analisi vengono  aggiornate automaticamente in real-time permettendoci di continuare a leggere articoli scientifici, studiare e apportando migliorie a quanto fatto. Per farlo, ci atteniamo a fonti ufficiali e affidabili. Il nostro lavoro si basa su due fonti distinte: il repository gestito dalla John Hopkins University Center for Systems Science and Engineering e quello della Protezione Civile italiana.”

“Se prendiamo in considerazione – per esempio – il numero di contagiati, solo confrontandolo con i valori dei giorni precedenti ed eventualmente anche con altri dati (il numero di decessi, di guarigioni, etc.) esso fornisce un’informazione rilevante al fine di ottenere indicazioni sull’evoluzione dell’epidemia. L’accesso pubblico a dati ufficiali e contestualizzati è indispensabile ma non sufficiente: occorre agevolare l’interpretazione con visualizzazioni chiare, semplici e supportate da commenti che aiutino anche i non esperti nella comprensione dei numeri. La speranza è che il nostro contributo, cosi come quello di molti altri Data Scientist, possa essere di supporto ai report ufficiali nazionali e internazionali, possa agevolare la lettura dei freddi numeri e fornire un metodo per interpretarli in modo corretto.”

L’apporto che in questo momento la Data Science può offrire è di estrema importanza. Nell’ultimo mese sono stati pubblicati numerosi articoli scientifici riguardanti il virus SARS-CoV-2 da parte dei principali centri di ricerca mondiali. Inoltre, i cosiddetti Big Data potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel monitoraggio e nel contenimento dell’epidemia come sta succedendo in Corea del Sud dove si tracciano i movimenti degli individui con un’app. così facendo si possono ricostruire movimenti, interazioni, individuare cluster e, tramite l’intelligenza artificiale, individuare le zone di contagio più probabili ed ottimizzare i controlli delle forze dell’ordine. Questa tematica apre sicuramente un dibattito etico-morale in termini di privacy. Pertanto un’attenta valutazione spetta a chi scientificamente, politicamente e giuridicamente sta gestendo l’emergenza.

Continua sul sito di OpenZone.

(lo)

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