Come rendere più coinvolgenti le riunioni a distanza

Poiché il lavoro ibrido e remoto sta diventando la norma, gli incontri sulle app stanno includendo elementi di videogiochi e realtà virtuale per favorire l’interesse dei partecipanti.

di Tanya Basu

Tre settimane fa, Mark Zuckerberg stava chiacchierando con l’ospite Gayle King nello show televisivo CBS This Morning. Invece di stare seduti in uno studio o utilizzare un’app di videoconferenza, tuttavia, i due stavano parlando tra loro in realtà virtuale. Zuckerberg era in prima serata per presentare Horizons Workroom, un’app di Facebook che collega gli utenti a uno spazio di realtà virtuale tramite il visore dell’azienda, Oculus. Per l’occasione, Zuckerberg e King avevano creato avatar di se stessi stile cartone animato, grazie a sensori di movimento che replicavano i movimenti della testa e delle mani.

L’intero effetto era, nella migliore delle ipotesi, imbarazzante. Da quando Zoom è diventata la norma, l’azienda ha incassato quasi un miliardo di dollari. Ma la sua ubiquità ha avuto un costo. Diciotto mesi dopo che la pandemia ha spinto per la prima volta gli impiegati a incontrarsi in riunioni virtuali, le lamentele sulla stanchezza di riunirsi su Zoom sono diventate comuni tra le persone che utilizzano quotidianamente l’app di videoconferenza. (Si veda link)

Non c’è da stupirsi che altre aziende tecnologiche si chiedano come potrebbero reinventare queste riunioni, soprattutto perché non sembra che il lavoro a distanza scomparirà in breve tempo. Ma per togliere lo scettro a Zoom sarà necessaria molta creatività e trovare modi per evitare che i dipendenti si sentano esauriti da infinite videochiamate.

Tra queste aziende c’è, ovviamente, Facebook. Horizons Workroom è il primo passo dell’azienda verso la sua piuttosto vaga ambizione di creare un “metaverso” digitale, uno spazio virtuale in cui le persone lavorano, giocano e presumibilmente entrano in contatto con una serie di annunci redditizi. Ma Horizons Workroom è stato ampiamente ridicolizzato dopo l’uscita della sua demo. Uno scrittore ha affermato che rappresenta “il peggio della vita quotidiana in ufficio” mentre un altro lo ha definito “non coinvolgente”. Il dato di fondo sembra essere che né la tecnologia né i dipendenti erano pronti per un luogo di lavoro virtuale completamente immersivo.

Tuttavia, le aziende sono alla disperata ricerca di modi per coltivare la collaborazione e la collegialità in un ambiente remoto. Sebbene una configurazione VR completamente immersiva possa rappresentare un passo troppo lungo per ora, molti stanno cercando di rendere le riunioni più divertenti creando mondi virtuali che assomigliano ad ambienti di videogiochi o utilizzando i videogiochi stessi come impostazione della riunione. 

La speranza è che questo possa essere un modo per rendere i dipendenti più produttivi e più felici. Un obiettivo cruciale è rendere piacevole l’esperienza, suggerisce Jaime Teevan, responsabile scientifico di Microsoft per esperienze e dispositivi, che ha approfondito il tema della produttività. Teevan afferma che le riunioni a distanza hanno messo alla prova il modo in cui utilizziamo lo spazio per comunicare, limitando i nostri mondi a claustrofobici piazze digitali. 

A suo parere, una migliore comunicazione richieda l’apertura dello spazio attraverso il gioco. “Siamo esperti nell’uso dello spazio e non riusciamo a garantirlo nelle riunioni online”, afferma. “Capire il gioco e la connessione sociale è fondamentale lì”. Ecco perché una mattina all’inizio del mese scorso sono entrata in Kumospace, una startup che annovera Google tra i suoi clienti e promette sulla sua home page di “creare connessioni significative in spazi virtuali indimenticabili”. 

La mia immagine video si aggirava in uno spazio virtuale con divani, un pianoforte, piante di serpente e un jukebox che suonava a tutto volume un mix di Spotify chiamato “Quiet Hours”. Il fondatore della startup, Brett Martin, si è avvicinato e mi ha portato a fare un giro della hall. La sua voce si affievoliva se restavo troppo indietro, una caratteristica acustica destinata a imitare la vita reale. “Aspetta, lascia che ti mostri una cosa. Pronta?” , mi ha chiesto Martin improvvisamente. Prima che potessi rispondere, mi sono ritrovato a camminare lungo una spiaggia.

L’intera esperienza è stata sconcertante. Ero disorientata da tutte le cose che sentivo di dover fare allo stesso tempo: parlare con Martin, essere sicuro di stare a portata d’orecchio o rischiare di perderlo mentre si muoveva, e tenere conto dei vari ostacoli che si presentavano: onde dalla spiaggia, una radio che ricopriva la nostra conversazione se ci avvicinavamo troppo, il mio bicchiere di “vino” che si svuotava da solo. Ho trovato difficile concentrarmi sull’incontro. In effetti, mi sentivo sovrastimolata e in ansia.

Martin, tuttavia, afferma che Kumospace ha trovato un pubblico di nicchia di aziende che ospitano incontri casuali in cui i dipendenti vogliono conoscersi: happy hour, eventi di networking, escursioni “fuori sede”. Da quando è stato lanciato a giugno, afferma Martin, “oltre un milione di persone” hanno utilizzato il prodotto.

Lo scopo di questi incontri – conoscere gli altri, non trovare soluzioni con il brainstorming – potrebbe indicare il contesto in cui incontri più immersivi potrebbero godere di un vantaggio. “Zoom è davvero perfetto per scambiare informazioni con persone che già si conoscono, ma non è eccezionale a costruire relazioni con chi non si conosce”, afferma Martin.

In effetti, molte delle innovazioni nella tecnologia delle riunioni nell’ultimo anno si sono concentrate sugli aspetti ricreativi che contribuiscono a unire i dipendenti. Queste conversazioni generiche (sul tempo, sullo sport o sulla TV, forse) sono cruciali per creare un senso di fiducia e prospettive per una futura collaborazione. Ma sono interazioni che richiedono un ambiente ospitale, che non è esattamente quello della grafica di Zoom. (Si veda tweet)

Alcune aziende stanno riproponendo le piattaforme digitali esistenti per il lavoro. Un paio di mesi dopo l’inizio della pandemia, la designer di libri e giochi Viviane Schwartz ha scritto un thread virale su Twitter, descrivendo come il suo gruppo di lavoro stava tenendo riunioni nel selvaggio west del gioco di sopravvivenza Red Dead Redemption 2.  Non è la prima volta che un videogioco viene utilizzato per le riunioni. Solo un mese prima del tweet di Schwartz, un’azienda giapponese ha utilizzato Animal Crossing: New Horizons per le riunioni. E i dirigenti hanno invitato i clienti a giochi come Grand Theft Auto. (Si veda tweet)

Quando il thread di Schwartz è diventato virale, Red Dead Redemption 2 è stato annunciato come “una piattaforma perfetta per riunioni di lavoro”. Nonostante l’esperienza positiva, Schwartz, non è davvero una fan dell’uso dei videogiochi per le riunioni. In primo luogo, afferma, ci sono modi più semplici per connettersi con persone per portare a termine un lavoro. Ora che i lockdown sono diminuiti in tutto il mondo, incontrarsi di persona è possibile ed efficace e le telefonate sono ancora molto più accessibili e veloci di un videogioco.

Questa è la linea di confine lungo la quale ci si muove. Da un lato, gli elementi divertenti possono rendere gli incontri più interessanti e ispirare idee, ma dall’altro questi incontri sono più difficili da organizzare e possono confondere. “Stiamo assistendo a particolari sfide sulle connessioni sociali”, afferma Teevan. Microsoft, come Facebook, sta cercando aggressivamente di inventare strumenti per riunioni. Uno è Together Mode che ha creato per il suo software Teams, utilizzando l’intelligenza artificiale per ritagliare i profili degli utenti e posizionarli in un ambiente virtuale.

Teevan afferma che i lavoratori si sentono sempre più isolati nel lavoro a distanza e sono alla disperata ricerca di connessioni. La sua ricerca interna a Microsoft mostra che i lavoratori stanno diventando più esclusivi nell’ambiente di videoconferenza, il che può portare a decisioni sbagliate. “Stiamo codificando i nostri social network esistenti”, afferma. I giochi potrebbero espandere queste reti, migliorare la fiducia e persino portare a decisioni migliori. 

Sílvia Fornós, borsista presso il Center for Computer Games Research dell’Università IT di Copenhagen, dopo aver trovato deludenti Slack e Zoom, ha recentemente aiutato a organizzare un summit di una settimana su Gather, uno spazio virtuale in cui gli utenti possono tenere riunioni in un ambiente pixelato a 8 bit. Invece di distrarre, afferma Fornós, lo stile anni 1980 aggiungeva un senso di informalità e intimità agli incontri. 

Nonostante ciò, la connessione effettiva è mancata. “Il legame di squadra è una parte fondamentale della ricerca multidisciplinare e ha un impatto diretto nel nostro lavoro”, spiega. “Dobbiamo trovare una via di mezzo, come spazi ibridi che offrano la flessibilità degli spazi virtuali con la possibilità di socializzare e frequentarsi di persona, se necessario”.

Questa via di mezzo nella tecnologia delle riunioni è dove il profitto e le caratteristiche individuali si intersecano, e Facebook spera che il suo Horizons Workroom soddisfi questi requisiti, per quanto ridicolo possa sembrare parlare con l’avatar animato del tuo capo nella realtà virtuale. Anche King ha ammesso che Horizons Workroom lo faceva sentire goffo.

La soluzione potrebbe trovarsi da qualche parte tra le tecnologie di videoconferenza convenzionali e quelle simili a giochi, suggerisce Jeremy Bailenson, professore di comunicazione alla Stanford University e fondatore del Virtual Human Interaction Lab. Quest’estate ha condotto un esperimento su quale sistema funzionasse meglio, con 102 studenti che hanno totalizzato oltre 60.000 minuti sia su Zoom che sulla piattaforma VR Engage.

“Dovremmo rimanere su Zoom o passare alla realtà virtuale? La mia risposta è che dovremmo fare entrambe le cose”, afferma Bailenson. Il suo lavoro, che esce questa settimana, ha dimostrato che il tipo di incontro è cruciale. “Se c’è una testa parlante e tutti gli altri ascoltano, Zoom è perfetto”, dice. “Ma se è necessario un confronto in piccoli gruppi, la realtà virtuale immersiva è migliore”. A suo parere, la realtà virtuale era un modo migliore per le persone di leggere segnali non verbali o stabilire un contatto visivo, che sono fondamentali per costruire fiducia e comprensione. 

Ma Bailenson ammette che la realtà virtuale non è al punto in cui possiamo usarla per più di pochi minuti alla volta prima che il nostro sistema percettivo si trovi in difficoltà. Nel caso non si abbia accesso alla realtà virtuale, un modo per migliorare gli incontri in corso è introdurre un elemento di giocosità in forme meno tecnologiche. Teevan ha condiviso una ricerca interna di Microsoft che suggerisce di utilizzare i giochi durante una riunione per “concentrare l’attenzione sul contesto della riunione e far partire la conversazione”. Un altro studio interno di Microsoft ha scoperto che invece di mettere i dipendenti l’uno contro l’altro, i giochi offrivano supporto e connessione “per costruire capitale sociale”.

I benefici del divertimento possono estendersi a un futuro in cui potremmo incontrarci anche fisicamente. Prima della pandemia, Teevan ha condotto una ricerca sull’uso di giochi come i concorsi a quiz per supportare l’interazione sociale nelle riunioni. “Abbiamo scoperto che giochi del genere incoraggiavano una maggiore interazione sociale, più conversazione e un maggior coinvolgimento individuale”, afferma. A luglio Zoom ha aggiunto giochi nell’app  che le persone in teleconferenza potevano utilizzare durante le riunioni, ma Noah Weiss, vicepresidente del prodotto di Slack, mi ha detto che l’azienda non è interessata alla ludicizzazione.

Comunque, Schwartz concorda sul fatto che alleggerire le riunioni potrebbe renderle più coinvolgenti per i lavoratori stanchi della pandemia, a condizione che il sistema non sia imposto ai dipendenti da manager troppo zelanti. “La giocosità può includere molte altre cose, come essere attaccati da un orso mentre si controlla un foglio di Google perché si è deciso di entrare in Red Dead Redemption 2. Ma questa può essere solo una libera decisione di un gruppo di pari che sentono che è lì che vogliono essere, e mai qualcosa che può essere imposto”, conclude Schwartz.

Immagine di: Ms. Tech, Pexels

(rp)

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