Come parlare a bambini e adolescenti della disinformazione

Alcune semplici regole dovrebbero aiutare a riconoscere l’informazione veritiera e non lasciare che i più giovani siano preda della manipolazione. 

di Tanya Basu

Gli americani sono colpiti da un flusso continuo di notizie, annunci elettorali e persino segnali di “guerra”. La posta in gioco è alta e stiamo tutti lottando per capire cosa è vero e cosa è finzione. I bambini e gli adolescenti non sono diversi. Essere giovani non è mai stato facile, ma è particolarmente difficile quando i social media, i programmi televisivi e forse anche gli adulti spesso trasformano la verità in disinformazione.

Ecco alcuni suggerimenti per adulti e giovani su come parlare con qualcuno della disinformazione e assicurarsi che le informazioni che si condividono siano vere.

Come parlare ai bambini della disinformazione

Non sappiamo molto di come i bambini siano influenzati dalle teorie del complotto e dalla disinformazione. “C’è così poca ricerca che esamina cosa pensano i giovani di queste teorie”, dice Karen Douglas, professoressa di psicologia sociale all’Università del Kent e madre di due adolescenti. La letteratura ha chiarito che una maggiore istruzione aiuta a proteggere le persone dalla disinformazione e che la stessa logica probabilmente si applica ai bambini, che in virtù della loro inesperienza sono ritenuti più propensi a credere alla disinformazione. 

Douglas sta sviluppando una scala psicometrica per misurare quanto gli adolescenti credono alla teoria della cospirazione, ma fino ad allora non sapremo esattamente come i bambini prendono la disinformazione, il che rende più difficile combatterla.

Essere in sintonia con l’età. Per esempio, non tutti i bambini sono pronti a capire la genesi dell’omicidio di George Floyd o il razzismo sistemico sottostante. Né dovrebbero esserlo se hanno meno di dodici anni, afferma Tanner Higgin, direttore della strategia editoriale educativa di CommonSense Media. “Per i bambini sotto i sette anni, è il caso di non coinvolgerli in discussioni politiche o farli preoccupare di problemi seri”, egli dice. I bambini più piccoli devono sapere che sono al sicuro e che i genitori li tengono al sicuro, specialmente durante una pandemia, quando hanno meno contatti con i loro amici.

Non rendere la pillola troppo dolce. Di fronte a un bambino particolarmente precoce e maturo che fa domande mirate e può digerire le informazioni senza precipitare nell’ansia e nella preoccupazione, è giusto essere chiari e onesti. Mentire non aiuterà i bambini che senza dubbio scopriranno la verità altrove. “Anche i più piccoli possono capire come non dire la verità o basare le decisioni su informazioni sbagliate, può essere dannoso”, afferma Peter Adams, vice presidente senior del News Literacy Project. “Possono anche comprendere concetti giornalistici fondamentali come l’equità o l’importanza dell’accuratezza. E’ solo necessario adattare gli esempi o gli argomenti che si impiegano per renderli concreti”.

Provare a introdurre una teoria della cospirazione “leggera”. Questo potrebbe andare contro la logica, ma Douglas dice che farlo è importante, soprattutto per i piccoli più creduloni: “Una volta che credono nelle teorie del complotto, queste convinzioni sono difficili da correggere”. Li si può proteggere introducendo una versione debole della disinformazione prima che ne siano esposti nel mondo reale e successivamente smascherarla con loro. In questo modo si aiutano i bambini a capire cosa c’è di problematico nel ragionamento, quindi quando arriva una teoria del complotto più persuasiva, sono in grado di fare un passo indietro e metterla in discussione.

Come combattere la disinformazione a qualsiasi età

Tutti possiamo cadere nella trappola. “Molti adolescenti, in particolare quelli che sono esperti di tecnologia, pensano di essere troppo acuti per cadere vittime della disinformazione, quindi non se ne preoccupano”, dice Adams. Ma vale la pena ripeterlo: nessuno è immune da questo pericolo.

Diffidare dei repost. “Se uno screenshot viene trasferito su una piattaforma diversa, la mancanza del contesto informativo, potrebbe essere un segnale preoccupante”, afferma Alexa Volland, un’esperta di disinformazione che lavora a Teen Fact Checking Networkdi Media Wise (una collaborazione tra il Poynter Institute e Google News Initiative) per addestrare i futuri controllori di fatti. Ha visto molte storie con screenshot inseriti all’interno di storie di Instagram o di TikTok nate in altro modo. La soluzione al problema che suggerisce è di andare alla piattaforma originale e controllare a cosa si riferiva quella persona prima di condividere.

Impostare il sistema di ricerca del percorso delle immagini è il modo migliore per i controlli dei meme. Sui social media, le persone a volte pubblicano immagini sorprendenti che sembrano relative a un particolare evento, ma che in realtà non hanno nulla a che fare con quello di cui si parla. Volland dice che fare una semplice ricerca all’indietro dei diversi passaggi dell’immagine è uno dei modi più semplici e veloci per verificare se un’immagine virale è davvero ciò che pretende di essere.

Chiedersi chi c’è dietro le informazioni. Il sistema migliore è guardare l’organizzazione o la persona che originariamente ha condiviso la storia e pensare ai loro possibili obiettivi. Cosa guadagnano dalle informazioni condivise? Possono essere motivati a distorcere la verità in modi che possono portare alla disinformazione.

Andare alla ricerca di una prova. Comportarsi come un fact checker e provare a verificare le informazioni fino a dove è possibile. Chiedersi: quali sono le prove? Ci sono collegamenti a fonti? E sono affidabili? La notizie proviene da più parti? Siti come FactCheck.org e PolitiFact possono aiutare. 

Tenere sotto controllo i pregiudizi.  Se si ha una reazione del tipo: “Uffa, è disgustoso!” o si annuisce vigorosamente in accordo con un post, è meglio fare un passo indietro. “Un’affermazione che scatena un’intensa reazione emotiva, può tradursi automaticamente in una forma di convalida”, afferma Volland. Questo ci rende più propensi a credere alla disinformazione.

Controllare il contesto. Volland dice che molta della disinformazione che diventa virale sui social media decontestualizza le immagini per costruire i meme. Per esempio, il suo gruppo ha smascherato un’immagine virale presumibilmente sulle recenti proteste di Black Lives Matter che è stata fatta passare per le immagini delle proteste a Ferguson, nel Missouri, alcuni anni fa.

Confrontarsi in forma privata. A nessuno piace essere attaccato, sia a tavola che nella sezione commenti su Facebook. E’ sempre consigliabile parlare con qualcuno male informato in privato, che si tratti di messaggi diretti o indiretti.  

Cercare altre prospettive. “Tendiamo a leggere un articolo dall’inizio alla fine senza andare a cercare altre fonti di notizie o leggere i tweet e i comunicati stampa di politici con cui non si è d’accordo”, afferma Volland. Si impiega tempo, ma permette di sapere cosa è vero e cosa è gonfiato.

Controllare i commenti. La sezione commenti svolgerà spesso gran parte del lavoro per determinare se qualcosa è vero o meno puntando a fonti alternative e può essere un modo semplice e veloce per vedere se il post è stato contrassegnato da altri come sospetto o fuorviante.

Essere gentili. E’ in definitiva il modo più potente per affrontare la disinformazione. Attaccare le persone per le loro convinzioni può farle diventare ancora più radicali. Volland suggerisce di “scambiare fonti” quando una notizia è oggetto di controversia. Un altro suggerimento: se una persona è scettica nei confronti di una fonte di notizie, presentare le informazioni da quella fonte sarà inutile. Meglio cercare una fonte condivisa da entrambi.

Foto: Ms Tech / Pexels

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