L’universo è pieno di miliardi di galassie, ma la loro distribuzione nello spazio è tutt’altro che uniforme. Come si è formata l’attuale struttura dell’universo e come si è evoluta?
di Lisa Ovi
Per dieci anni, Daniel Kelson e Andrew Benson, del Carnegie Institution for Science, ha studiato decine di migliaia di galassie utilizzando il Magellan Baade Telescope all’Osservatorio di Las Campanas, in Cile. Lo studio, pubblicato Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ha portato alla formulazione di un nuovo approccio al mistero della struttura fondamentale dell’universo.
Il nuovo approccio è il risultato di un’osservazione diretta degli effetti della gravità sull’evoluzione della struttura fin dai primi tempi dell’universo. Il programma Carnegie-Spitzer-IMACS Redshift Survey è stato appositamente costruito per studiare la relazione tra crescita delle galassie e l’ambiente circostante negli ultimi 9 miliardi di anni, il periodo di tempo in cui le galassie moderne hanno preso la forma attuale.
Le prime galassie si sono formate poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang, dal brodo caldo di particelle altamente cariche che era, allora, l’universo. Nel corso del processo di espansione generato dall’esplosione iniziale, la materia dell’universo si è raffreddata e le particelle che la componevano si sono fuse in molecole d’idrogeno gassoso neutro.
Nella sua corsa all’espansione, la materia non era equamente distribuita. Con il procedere del processo di espansione, nelle macchie di materia più dense la gravità locale ha preso il sopravvento sulla traiettoria espansiva, conducendo al della materia verso l’interno ed alla formazione dei primi blocchi di struttura nel cosmo.
Lo studio di queste differenze nella densità, a cui dobbiamo la formazione di strutture in alcuni luoghi e in altri no, si è confrontato con i limiti della matematica, insufficiente a formulare modelli sulle interazioni gravitazionali tra le particelle dell’universo. Gli astronomi hanno finora utilizzato approssimazioni matematiche e simulazioni al computer parziali delle interazioni tra le particelle.
Il nuovo studio ha dimostrato per la prima volta che la crescita delle singole proto-strutture può essere calcolata e il calcolo applicato ad ogni settore dello spazio. Dai calcoli dei ricercatori è emerso che gli agglomerati più densi sono cresciuti più velocemente di quelli meno densi. I ricercatori sono stati quindi in grado di calcolare all’indietro la distribuzione originale e i tassi di crescita delle variazioni nella densità a cui si devono le strutture su larga scala e la loro attuale distribuzione nello spazio.
Questa semplice ed accurata descrizione dell’impatto delle fluttuazioni nella densità originale dell’universo sulla sua struttura attuale è stata possibile grazie al numero straordinario di osservazioni condotte con i telescopi Magellan del Las Campanas Observatory in Cile.
(lo)