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Antonio Regalado, editore Biomedicine di Technology Review porta all’attenzione del proprio pubblico un dialogo in corso su On Point, programma radiofonico di attualità, prodotto dalla WBUR di Boston e tenuto dal giornalista Tom Ashbrook.

di Antonio Regalado 

Lo smartphone ha aperto la strada a grandi cambiamenti nelle nostre vite quotidiane, modificando radicalmente la nostra società e il modo in cui ci relazioniamo gli uni agli altri.

Recenti ricerche dimostrano quanto questi strumenti limitino il funzionamento dei nostri cervelli, persino da un’altra stanza o spenti. Gli smartphone sono divenuti un’estensione di noi stessi, ne siamo dipendenti.

Uno studio della University of Missouri descrive l’ansia da separazione dal proprio iPhone ed il calo nelle capacità cognitive creato dalla dipendenza dallo strumento. I ricercatori hanno registrato picchi di pressione e battito cardiaco negli individui osservati quando impossibilitati a rispondere al proprio dispositivo.

Secondo Christian Harris, già product manager della Google, gli smartphone sono progettati per indurre l’utente a controllarli con sempre maggiore frequenza, al punto da indurre un’abitudine non dissimile da quella provocata dalle slot machine.

Nicholas Carr , Wall Street Journal, ha ben descritto come questi strumenti ci rendano meno intelligenti. Non solo il telefono ci distrae comunemente da quello che stiamo facendo, ma le nuove ricerche segnalano quanta parte della nostra attenzione e delle energie del nostro cervello siano consumate dall’idea di farne uso, persino quando è spento o in un’altra stanza.

Non c’è mai stato uno strumento personale capace di incorporare così tante funzioni, informazioni, così tante conversazioni in corso con il mondo a cui apparteniamo.

Questo effetto nasce, inizialmente, dalla sua utilità. Uno studio condotto sotto la guida di Adrian Ward, University of Texas, Austin, sulle nostre capacità mnemoniche e sociali e pubblicato dal Journal of the Association for Consumer Research evidenzia come le capacità di un individuo di conservare e rielaborare informazioni incrementino esponenzialmente in assenza del proprio smartphone.

La semplice vista dello smartphone sembra drenare le risorse intellettuali del proprietario, anche quando spento o rovesciato. Apparentemente, il fatto che un maggiore accesso a grandi quantitativi di informazioni non rende le persone più intelligenti.

Sempre più i nostri cervelli delegano allo strumento il compito di ricordare. Ciò che viene definita conoscenza personale è il risultato di una ricca composizione di associazioni tra i ricordi immagazzinati nella nostra memoria biologica. Solo da questo può emergere una capacità di pensiero critico e concettuale.

Meno informazioni immagazziniamo direttamente in noi stessi, meno materiale abbiamo a disposizione per pensare. Eppure il futuro sembra essere indirizzato ad un incremento dell’utilizzo di queste piccole macchine.

Technology Review segue da tempo l’evolversi delle ricerche mirate alla creazione di una connessione tra cervello ed intelligenza artificiale.

Personaggi come Johnson, Elon Musk e Mark Zuckerberg stanno studiando l’argomento da diversi punti di vista, promettendo una simbiosi con le macchine e la possibilità di condividere appieno le nostre esperienze sensoriali ed emotive, non solo fotografie e video.

(LO)