Skip to main content

Dopo due decenni di crescita, il numero di nuove installazioni per il solare, l’eolico, l’idroelettrico ed altre fonti di energia rinnovabile è in calo.

di James Temple

Per combattere il cambiamento climatico, il mondo dovrebbe accelerare radicalmente la costruzione di centrali a energia rinnovabile. Invece, l’anno scorso i paesi non sono neppure riusciti a ultimare più centrali rispetto a quelle realizzate nel 2017.

International Energy Agency ha recentemente riportato l’aggiunta di appena 180 gigawatt di capacità solare, eolica, idroelettrica, bioenergetica ed altro; un ammontare inaspettatamente ridotto dopo due decenni di crescita costante.

Si tratta di un valore ampiamente al di sotto dei 300 gigawatt che andrebbero aggiunti ogni anno fino al 2030 per rispettare i traguardi posti con gli accordi di Parigi, spiega l’IEA. Il traguardo principale è contenere l’innalzamento delle temperature al di sotto della soglia di 2 °C, possibilmente entro gli 1.5 °C.

Si tratta di una pessima notizia sotto tutti i punti di vista. La gravità della situazione dipende dalle cause di questo rallentamento.

Non è chiaro se i risultati del 2018 siano la conseguenza della fine di svariati sussidi mentre i mercati cercavano di raccogliere capitali privati per riprendere lo sviluppo di progetti per le rinnovabili, oppure l’inizio di un periodo più prolungato di affossamento degli sviluppi, spiega Alex Trembath, direttore generale del Breakthrough Institute, un think tank dedicato alla promozione di soluzioni tecnologiche per problemi ambientali.

Ci vorrà più tempo, e forse più fonti, prima che la situazione venga chiarita. L’analisi di Bloomberg NEF, che include un certo margine per tutti i nuovi impianti rimasti esclusi dal conteggio, stima un incremento del 10% rispetto alle installazioni solari complessive nel 2018. Oltretutto, altri osservatori hanno precisato che, escludendo l’energia idroelettrica dai numeri presentati dall’IEA, il valore complessivo risulterebbe leggermente maggiore. Ad ogni modo, le cifre non stanno in alcun modo aumentando come dovrebbero.

Il crollo principale ha interessato la Cina, dove l’aggiunta di nuovi impianti è calata da 82 gigawatt nel 2017 a 77 gigawatt nel 2018, principalmente a causa del declino nel numero di nuovi impianti fotovoltaici; declino dovuto alla scelta del paese di ridurre sensibilmente i propri sussidi per contenere l’emorragia di fondi ed affrontare le crescenti sfide associate all’integrazione di un volume sempre più grande di rinnovabili alla rete elettrica.

L’India, che negli ultimi anni ha installato un sorprendente quantitativo di centrali fotovoltaiche e fattorie eoliche, ha registrato a sua volta un leggero declino, passando da 15 gigawatt a 14 (vedi “India’s surging economy could doom climate efforts—unless richer nations step up”). Questa riduzione è dovuta alla combinazione fra alcune nuove tariffe sui pannelli solari importati da Cina e Malesia, il crollo della rupia e, fra le altre cose, il lento assestamento dei costi del solare.

Anche l’Unione Europea ha riscontrato un leggero declino, scendendo da 23 a 22 gigawatt, probabilmente per via della conclusione di alcune agevolazioni tariffarie che garantivano la stabilità dei prezzi per i progetti inerenti le rinnovabili.

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno installato 1 gigawatt in più, anche se il totale è crollato da 24 gigawatt a 17, rappresentando brusca inversione di tendenza dopo anni di crescita significativa.

Alcune forze potrebbero aver attutito la domanda di progetti per le fonti rinnovabili negli Stati Uniti. Gli operatori di diversi stati sono riusciti a rispettare i mandati che richiedevano la produzione di una certa quantità di elettricità da fonti rinnovabili. Vi è quindi il problema fondamentale della domanda: molti stati dispongono già di fonti relativamente economiche di elettricità, per cui non hanno interesse a realizzare centrali a rinnovabili, nonostante siano più pulite.

La domanda posta dal rapporto dell’International Energy Agency è: L’installazione di nuovi impianti riuscirà a riprendere a un ritmo tale da raggiungere gli stringenti traguardi ambientali? L’IEA, se non altro, precisa come i governi dovranno agire seriamente per promuovere la ripresa dei lavori, a partire dall’implementazione di “norme intelligenti e decise”.

“Il mondo non può permettersi di prendersi una pausa sull’espansione delle rinnovabili, e i governi devono agire rapidamente per correggere questa situazione ed agevolare un flusso più rapido di nuovi progetti”, commenta Fatih Birol, direttore esecutivo dell’IEA, aggiungendo che il 2018 è stato un anno “profondamente preoccupante”. Alcuni temono che ci imbatteremo in sfide sistemiche sempre più importanti.

Le regioni che dispongono di un importante apporto di energie da fonti rinnovabili, come Cina, Germania e la California, stanno già assistendo a un’accentuata limitazione: gli operatori della rete elettrica incentivano o costringono le fattorie solari o eoliche a ridurre la propria generazione a causa di un eccessivo volume di energia immessa sul mercato. L’elettricità prodotta in eccesso da fonti rinnovabili non può essere accumulata dalle infrastrutture di rete attuali. Queste forzature potrebbero ridurre i profitti e causare una depressione negli incentivi economici per la realizzazione di nuovi impianti, specialmente con l’aumentare della penetrazione delle rinnovabili nel mercato.

“Non so in che misura questo fenomeno sia responsabile della diminuzione nel ritmo di sviluppo delle rinnovabili rispetto alla rimozione dei sussidi”, commenta Trembath. “Resta da chiarire come potremo sostenere la crescita che abbiamo registrato nell’ultimo decennio senza ricorrere a nuovi sussidi”.

(MO)