Cancro, un nuovo sistema di scansione contro le mutazioni della malattia

Un nuovo sistema di scansione esamina rapidamente il genoma delle cellule tumorali e aiuta a identificare le mutazioni che guidano lo sviluppo della malattia

MIT Technology Review Italia

Le cellule tumorali possono avere migliaia di mutazioni nel loro DNA, ma solo una minima parte di loro è pericolosa. Per capire quali, un team del MIT ha costruito un nuovo modello computerizzato in grado di scansionare rapidamente l’intero genoma delle cellule tumorali e identificare le mutazioni driver, quelle che guidano la malattia. Questa previsione non è assolutamente semplice perché alcune regioni genomiche hanno una frequenza estremamente elevata di mutazioni ininfluenti.

Nel loro studio, pubblicato su “Nature Biotechnology”, i ricercatori hanno trovato ulteriori mutazioni nel genoma che sembrano contribuire alla crescita del tumore nel 5-10% dei malati di cancro. I risultati potrebbero aiutare i medici a identificare i farmaci con maggiori probabilità di successo con i pazienti oncologici.


Da quando il genoma umano è stato sequenziato due decenni fa, i ricercatori lo hanno perlustrato per cercare di trovare mutazioni che contribuiscono al cancro, sia facendo crescere le cellule in modo incontrollabile sia eludendo il sistema immunitario. Le ricerche hanno portato alla scoperta del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR), che muta in genere nei tumori polmonari, e BRAF, un driver comune del melanoma. Entrambe queste mutazioni possono ora essere prese di mira da farmaci specifici.

Tuttavia, i geni codificanti le proteine costituiscono solo il 2% circa del genoma. L’altro 98% contiene mutazioni che possono verificarsi nelle cellule tumorali, ma per le quali risulta difficile stabilire in che misura contribuiscono allo sviluppo del cancro. “Quello che abbiamo cercato di fare nella nostra ricerca”, afferma Bonnie Berger, del Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL) del MIT, “è progettare un metodo computazionale per guardare non solo il 2% del genoma che codifica per le proteine, ma il 100%”.

Il primo passo, come riportato da “MIT News”, è stato addestrare una rete neurale profonda sui dati genomici di 37 diversi tipi di cancro, il che ha consentito al modello di determinare i tassi di mutazione per ogni variazione. “Il lato positivo del nostro modello”, spiega Maxwell A. Sherman del CSAIL, “è che lo alleni una volta per un determinato tipo di cancro e apprende il tasso di mutazione in tutto il genoma contemporaneamente per quel particolare tipo di cancro”.

I dati utilizzati per addestrare i modelli provenivano dal Roadmap Epigenomics Project e da una raccolta internazionale di dati chiamata Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes (PCAWG). L’analisi del modello di questi dati ha fornito ai ricercatori una mappa del tasso di mutazione previsto e ha permesso loro di confrontare i cambiamenti in qualsiasi punto del genoma.

Utilizzando questo modello, il team del MIT è stato in grado di aggiungere nuove mutazioni driver al panorama noto. Attualmente, quando i tumori vengono sottoposti a screening alla ricerca delle mutazioni che causano il cancro, un driver noto si presenta circa due terzi delle volte. I nuovi risultati dello studio del MIT incrementano la conoscenza del driver per un ulteriore 5-10% di pazienti.

Un tipo di mutazione non codificante su cui si sono concentrati i ricercatori è chiamato “mutazioni di giunzione criptiche”. Utilizzando il loro modello, i ricercatori hanno scoperto che questo tipo di mutazioni sembrano ostacolare il lavoro dei geni oncosoppressori, nel senso che in loro presenza i soppressori tumorali si uniscono in modo errato, smettono di funzionare e la cellula perde una delle sue difese contro il cancro. Il numero di siti di giunzione criptici che i ricercatori hanno trovato in questo studio rappresenta circa il 5% delle mutazioni driver trovate nei geni oncosoppressori.

Una volta compreso il meccanismo, si può cercare di intervenire. Una possibile terapia ancora in fase di sviluppo utilizza brevi filamenti di RNA chiamati oligonucleotidi antisenso (ASO) per “rattoppare” un pezzo mutato di DNA con la sequenza corretta. “Se scompare la mutazione, si risolve il problema perché quei geni oncosoppressori potrebbero continuare a funzionare e forse combattere il cancro”, afferma Adam U. Yaari dello CSALT. 

I ricercatori hanno anche utilizzato il loro modello per indagare se mutazioni comuni già note potrebbero causare anche altri tipi di cancro. Per esempio, i ricercatori hanno scoperto che BRAF, precedentemente collegato al melanoma, contribuisce anche alla progressione della malattia in percentuali minori in altri tipi di cancro, inclusi pancreas, fegato e gastroesofageo.

“Ciò dice che in realtà c’è spesso sovrapposizione tra il panorama dei driver comuni e quello dei driver rari. Questo dato offre l’opportunità di un reimpiego terapeutico”, conclude Sherman, non solo per un tipo specifico di tumore, ma per una gamma più estesa”.

Immagine: Pixabay, qimono

(rp)

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