Biocarburanti: un problema di investimenti

di Peter Fairley

I trasporti consumano una smisurata quantità di energia. Nel 2008, il mondo ha divorato 1,3 trilioni di galloni di petrolio, la maggior parte convertiti in benzina e gasolio per l’alimentazione dei veicoli. Se i biocombustibili o le batterie devono soddisfare buona parte di questa domanda, la produzione di tali sorgenti alternative d’energia deve subire una decisa accelerazione.

L’etanolo cellulosico offre potenziali vantaggi economici e ambientali rispetto all’etanolo derivato dal granturco e dalla canna da zucchero che è il biocombustibile oggi prevalente; dovrebbe anche essere una tecnologia in continuo progresso, perché si può utilizzare una larga varietà di biomassa come materia prima (si veda Il lungo addio del petrolio, a pag. 25). Ma, a tutt’oggi, l’etanolo cellulosico rimane costoso, in quanto sono richiesti considerevoli investimenti di capitale. Il progetto più ambizioso in corso per produrre biocombustibili avanzati è rappresentato dall’impianto «dal legno all’etanolo» della Range Fuels, a Soperton, in Georgia, che inizierà a funzionare all’inizio del 2010. L’impianto è stato costruito grazie a un finanziamento di 76 milioni di dollari del Dipartimento dell’Energia statunitense e da un prestito garantito di 80 milioni di dollari da parte del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. In una prima fase produrrà solo 10 milioni di galloni di etanolo l’anno, una goccia nel mare in confronto ai 138 miliardi di galloni di benzina consumati annualmente dai mezzi di trasporto negli Stati Uniti.

La produzione di biocombustibili avanzati nell’ordine di decine di miliardi di galloni all’anno implicherà il finanziamento di diverse centinaia di bioraffinerie su scala commerciale al costo netto di circa 250 miliardi di dollari. Per chi investe denaro nell’etanolo cellulosico la condizione necessaria per avere un ritorno adeguato è che il prezzo del petrolio salga a 90 dollari (possibilmente a 120) al barile, almeno secondo uno studio congiunto del Sandia National Laboratory e di General Motors.

In ogni caso, il sostegno governativo sarà indispensabile per promuovere gli investimenti, sotto forma di agevolazioni fiscali e ingiunzioni come quella inclusa nell’Energy Independence and Security Act del 2007, che prevede l’incorporamento di 36 miliardi di galloni di combustibili da fonti rinnovabili nella riserva annuale di carburante statunitense entro il 2022 (si veda I veicoli ibridi a ricarica elettrica, a pag. 30).

I produttori di veicoli alimentati da batterie devono anche fronteggiare il problema dell’aumento progressivo della produzione. Mitsubishi ha cominciato offrendo questa estate la sua piccola utilitaria elettrica per gli spostamenti dei clienti in Giappone, GM prevede di introdurre sul mercato la sua berlina Chevy Volt alla fine del 2010 e alcuni produttori di automobili e ideatori di vetture elettriche hanno intenzione di lanciare veicoli a batteria nei prossimi due anni (si veda Le automobili elettriche si muovono lentamente, a pag. 31). Tuttavia, l’alto prezzo delle batterie agli ioni di litio, la tecnologia leader per le vetture elettriche, potrebbe relegare tutte queste automobili a un mercato di nicchia. A causa degli elementi agli ioni di litio capaci di erogare fino a 16 KWh, il prezzo della vettura elettrica Mitsubishi parte da 4,6 milioni di yen (circa 50.000 dollari), diverse volte il costo di una utilitaria alimentata a benzina.

Mantenere bassi i prezzi potrà risultare difficile per le limitazioni inerenti alla tecnologia. Le tradizionali batterie al litio fanno affidamento su metalli costosi come il cobalto. Anche le più recenti batterie al fosfato di ferro e litio utilizzano materiali nanostrutturati, la cui sintesi richiede tempo e soldi. Il supporto governativo dovrà colmare il divario di costi tra le vetture elettriche e le corrispettive a combustione interna. Quanto tempo dovranno durare questi aiuti non si può ancora stabilire.

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