Alimentati da un’energia stellare

Il sogno di produrre energia dalla fusione nucleare potrebbe presto diventare realtà.

di Lisa Ovi

Dopo anni di trattative, con il nome “Fit for 55”, l’UE ha pubblicato un ambizioso piano di revisione delle proprie politiche in materia di clima, energia e trasporti. Il piano si presenta come una mappa delle azioni necessarie per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione completa entro il 2050 delineati nel Green Deal europeo. Prima tappa: ridurre le emissioni del continente del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.

Delle proposte delineate dal piano, spiccano in maniera particolare L’invito a ridurre a zero le emissioni delle automobili e l’obiettivo di portare l’utilizzo di energia rinnovabile del blocco al 40% del mix energetico entro la fine del decennio, dall’attuale 32%.

Per quanto ambizioso, soprattutto rispetto agli obiettivi di Cina e Stati Uniti, l’organizzazione no profit Climate Action Tracker ha definito il piano ancora insufficiente rispetto all’obiettivo stabilito nell’accordo di Parigi di contenere l’aumento del riscaldamento globale entro 1.5°C. Secondo alcuni studi, la riduzione – necessaria e possibile allo stato attuale delle tecnologie – si aggirerebbe tra il 60%ed il 65%.

Parola chiave: tecnologie esistenti. Ambiziosi o meno, sufficienti o meno, i piani per la lotta la cambiamento climatico dipendono dallo sviluppo di tecnologie che permettano alla società umana di evolvere verso la decarbonizzazione in maniera sostenibile e globalmente equa. La produzione di energia da fonti rinnovabili quali il solare o l’eolico non permette ancora di abbandonare lo sfruttamento dei carburanti fossili.

In Europa, e non solo, si parla da tempo di produrre energia dall’idrogeno verde, una fonte di energia che può essere resa veramente pulita. Ma la partita in gioco è troppo alta per affidarsi ad un solo progetto e se vogliamo parlare di fonti abbondanti in natura non c’è che da guardare al Sole per vedere un esempio di energia pulita veramente inesauribile.

Proprio ai fenomeni in atto nel cuore delle stelle fanno riferimento le ricerche della fusione magnetica, volti a riprodurre la potenza del Sole ed a ottenere ad emissioni zero energia virtualmente infinita, sicura e senza produzione di composti inquinanti: basta un solo grammo di isotopi di idrogeno per generare la stessa quantità di energia di 11 tonnellate di carbone.

Ottenere la fusione magnetica sulla Terra è complicato principalmente dalla difficoltà di ottenere le alte temperature necessarie per raggiungere lo stato di plasma e confinarlo poi in uno spazio ristretto in modo che possa avvenire l’avvicinamento e la fusione fra i nuclei di idrogeno. Solo allora diventa possibile raccogliere l’energia generata trasformandola in elettricità. Uno dei metodi più comuni utilizzati per raggiungere questo obiettivo è quello della fusione a confinamento magnetico (MCF).

Uno dei dispositivi sviluppati, il Tokamak, nasce negli anni ’50 da ricerche condotte in Unione Sovietica e si presenta come una macchina a forma di ciambella in cui un gas di ioni idrogeno in forma di plasma viene mantenuto confinato e lontano dalle pareti interne grazie ad un campo magnetico creato da elettromagneti esterni alla camera.

Per riprodurre sul pianeta il potenziale energetico di una stella, però, non basta l’impegno di una superpotenza. Risale al Sumit di Ginevra del 1985 la proposta del segretario generale dell’ex Unione Sovietica Gorbaciov di lanciare un progetto internazionale per sviluppare l’energia da fusione a scopi pacifici. Un anno dopo, Unione Europea (Euratom), Giappone, Unione Sovietica e Stati Uniti siglano l’accordo e nasce il progetto International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER), approvato in via definitiva nel 2001. Da allora, al progetto si sono uniti anche Cina, Corea del Sud e India.

Lo sviluppo della fusione a confinamento magnetico (ben descritto nel podcast: “The Briefing: fusione a confinamento magnetico“) è oggi una sfida attiva a livello mondiale che coinvolge molte eccellenze internazionali in ambito scientifico-tecnologico e industriale, dove pubblico e privato contribuiscono esperienza e competenze al servizio di una tecnologia rivoluzionaria.

Spin-out del MIT, il Commonwealth Fusion Systems (CFS) è stato creato dal Plasma Science and Fusion Center dell’università per sfruttare decenni di ricerca sulla fusione con il supporto innovativo ed accelerante di enti privati come Eni, che vi ha aderito nel 2018. In Italia, è al Centro Ricerche di Frascati che Eni ed ENEA hanno creato nel 2019 un polo scientifico-tecnologico sulla fusione DTT (Divertor Tokamak Test).

Il progetto DTT di Frascati mira a realizzare una macchina sperimentale in grado di testare diverse soluzioni tecniche e fornire risposte su come gestire alcuni aspetti del processo di fusione come, ad esempio, poter inserire idrogeno ed estrarre elio e l’energia prodotta ad altissime temperature. Nel frattempo, al CNR, Eni sta studiando nuovi materiali superconduttori da utilizzare nel processo per condurre l’elettricità senza perdita d’energia.

Si prevede che il prototipo di reattore in studio al MIT, battezzato SPARC, potrà già alla fine del 2025 dimostrare di poter gestire e confinare il plasma, ovvero la miscela di deuterio e trizio portata a temperature altissime da campi di onde elettromagnetiche per creare le condizioni di fusione controllata. Il patrimonio di conoscenze acquisite da questa sperimentazione sarà poi applicato alla realizzazione di ARC, il primo reattore vero e proprio capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica che, secondo la tabella di marcia, potrà essere disponibile entro il 2033.

Questi studi vanno ad integrare le attività connesse al progetto ITER, che prevede di ultimare entro il 2025 la costruzione di un grande reattore a fusione tipo Tokamak a Cadarache nel sud della Francia. Dai risultati delle sperimentazioni su questo impianto si prevede la nascita nel 2050 di DEMO, il reattore dimostrativo realmente in grado di immettere energia in rete.

Rispetto ad ITER, SPARC sarà cinque volte meno potente ma avrà dimensioni sessantacinque volte più contenute e, grazie ai nuovi materiali superconduttori in via di sviluppo per la costruzione dei magneti, potrà lavorare a campi magnetici quattro volte più potenti.

La ricerca sarà supportata anche dall’utilizzo della capacità di calcolo del supercalcolatore Eni HPC5 nell’applicazione dei complessi modelli matematici molto complessi necessari per descrivere la fisica del plasma e simularne il comportamento.

Quando la fusione potrà essere utilizzata a livello industriale, garantirà una fornitura abbondante di energia pulita, sicura e sostenibile.

Centrali elettriche alimentate da reattori a fusione potranno soddisfare la crescente richiesta di energia di grandi insediamenti produttivi e urbani, mantenendo una elevata sostenibilità. Impianti di dimensioni più piccole, integrati con le fonti rinnovabili, potranno al tempo stesso facilitare l’alimentazione energetica di piccole comunità e realtà off-grid.

Immagine: Tokamak, di Adamekjiri su Wikimedia Commons

(lo)

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