Alcune società si stanno preparando all’inevitabile cambiamento climatico

La maggior parte delle società nel mondo deve ancora incorporare il cambiamento climatico all’interno del proprio business plan, ma alcune stanno già trovando un sistema per farlo.

di Nanette Byrnes

La Shanghai Tower si torce di un grado per piano fino al 121° piano. Il grattacielo più alto dell’asia, nonché simbolo della potenza economica della Cina, presenta una facciata composta da più di 21.000 pannelli individuali. Il complesso design ricurvo, al di là della estetica, ha una funzione molto importante. Riduce la pressione che il vento esercita sulla superficie esterna della struttura, un attributo importante per un grattacielo e in particolar modo a Shanghai.

Situata sulla costa orientale della Cina nelle pianure del delta fluviale del Fiume Azzurro, la città è soggetta a tifoni e venti che possono superare i 110 km/h. Dato un leggero aumento nella frequenza delle tempeste e di altri disastri ambientali – qualcosa che il capo della Amministrazione Meteorologica della Cina ha associato al cambiamento climatico – ha senso che questa torre da 2$ miliardi sia stata realizzata tenendo in mente rischi del genere. Sorprendentemente, però, oggigiorno è raro che la necessità di adattarsi a cambiamenti climatici a lungo termine venga considerata fondamentale per la progettazione di nuove strutture.

“Nel progettare un edificio oggi, si valutano il consumo energetico e le caratteristiche storiche del territorio”, spiega Ben Tranel, un direttore di Gensler, lo studio di architettura che ha sviluppato la torre. “È difficile sapere come queste condizioni cambieranno nei prossimi 50 anni. Come facciamo a progettare di conseguenza? È come se il palazzo oggi si trovasse a Pittsburgh e fra 50 anni si troverà in Arkansas”.

La maggior parte delle industrie sembrano trovarsi nella stessa condizione: consapevoli della probabilità che il cambiamento climatico abbia un effetto sul loro futuro ma ancora incapaci di pianificare con alcuna sorta di consistenza o profondità. Sono stati scritti lunghi rapporti sui rischi che il cambiamento climatico comporta per l’economia e le imprese. Nonostante i segnali lanciati dagli ambientalisti alle imprese affinché guidino la prossima fase di adattamento, la grande maggioranza delle società è a mala pena all’inizio delle prime considerazioni in merito a questi problemi.

Esistono alcune eccezioni: per necessità o lungimiranza, alcune società stanno cominciando a pianificare in chiave di un futuro in cui il cambiamento climatico richiederà uno spostamento oltre lo status quo.

Le industrie che per prime hanno cominciato ad affrontare il cambiamento climatico sono quelle che ne vengono affette su una base giornaliera. Fra queste: il settore agricolo, dove temperature e precipitazioni stanno già alterando come, quando e dove coltivare i raccolti, e il settore assicurativo, dove esperti del clima ed attuari stanno cercando di prevedere il possibile costo associato a cose come un aumento di danni da alluvioni, specialmente lungo le coste dei nostri mari.

Le catene di fornitura di alcune società stanno cominciando a cambiare sulla base dei cambiamenti climatici. Il gigante dei mobili Ikea ha accusato gli effetti delle inondazioni nell’Asia meridionale e riscontrato perdite a causa di enormi tempeste collegate al cambiamento climatico. Così, ha deciso di impostare un insieme di ambiziosi traguardi ambientali: entro il 2020 cercherà di produrre tanta energia quanta ne consumerà, sfruttando fonti rinnovabili quali fattorie eoliche e installazioni solari sopra le coperture dei propri negozi.

Anche diverse società manifatturiere di scala globale stanno apportando importanti modifiche. Le automobili sono alcune fra le più grandi fonti di gas serra, e Ford sta cercando di minimizzare il proprio impatto ambientale ed adattarsi alla carenza di acqua presso le proprie fabbriche, molte delle quali sono situate in località aride come Hermosillo, in Messico, e Maraimalai Nagar, in India. Fra il 2000 e il 2010, la società ha abbattuto di un terzo la quantità di acqua utilizzata per produrre un’auto. Gli sforzi di Ford in questo ambito hanno permesso alla società di risparmiare denaro; non è stata una decisione ardua. Esistono però dei limiti a quanto una società è disposta a fare per spingersi oltre, dice Yossi Sheffi, un professore del MIT. “Non ho ancora incontrato una singola società che, nel nome del cambiamento climatico, sia stata disposta a perdere soldi o quote di mercato, o soffrire di un calo azionario nel breve periodo”.

(MO)

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