Accordo sul nucleare iraniano: tra politica e fisica

Fondamentale il ruolo giocato dalle delegazioni Iraniane ed Americane nella fase finale del negoziato.

di Alessandro Ovi

Questa foto presenta I Quattro veri protagonisti dell’accordo sul Nucleare Iraniano. Il perché di questa foto quale immagine dei reali protagonisti della fase finale del negoziato sta nel riconoscimento del ruolo fondamentale giocato dalle delegazioni Iraniane e Americane. Dopo i primi quattro giorni di questa fase finale, quando ancora pareva che non vi fosse alcuna soluzione in vista, nelle successive tre settimane le delegazioni Russa, Cinese, Francese, Inglese e Tedesca avevano cominciato ad andare e venire lasciando tutto l’onere del negoziato agli Americani.

Tra queste, i due veri protagonisti sono diventati i due scienziati accomunati da una importante esperienza comune: quella di aver entrambi passato la parte più significativa della loro formazione scientifica al MIT a Cambridge a metà degli ani ’70. Monitz un fisico nucleare alla ricerca di una cattedra e Salehi un brillante ‘graduate student’ che lavorava ad una tesi sui reattori nucleari veloci.

I due non si erano conosciuti ma avevano entrambi ottenuto importanti successi accademici e professionali. Moniz era diventato uno dei fisici nucleari più importanti fino a diventare Ministro dell’Energia, e Salehi, tornato nel suo Iran in rivoluzione, pressoché ultimo ad aver frequentato studi in energia nucleare in una grande Università Statunitense, era poi stato nominato a capo della IAEO.

Moniz e Salehi erano stati aggregati alle delegazioni Americana ed Iraniana poco più di Quattro mesi fa diventando i negoziatori n.2 delle loro delegazioni, per affrontare il grande puzzle di elementi tecnici che stava alle spalle di un apparentemente insanabile disaccordo politico.
La loro nomina era un segnale che il negoziato era arrivato ad un punto morto: quale infrastruttura nucleare sarebbe stata concesso all’Iran di mantenere? Questa la domanda alla quale la politica non sapeva trovare una risposta.

Da una parte la volontà del 5+1 di non concedere nulla che potesse essere considerato il mascheramento di una corsa verso un uso militare della energia nucleare, solo apparentemente bloccata. Dall’altra, l’Iran che difendendo il suo diritto di dotare il paese di un sistema di produzione di energia nucleare per usi pacifici di fatto lasciava però aperta la porta a sviluppi militari.

Il punto, poi ripreso con forza da Obama alla firma dell’accordo, era che nessuno dei 5+1 neppure immaginava di costruire un futuro che permettesse di rimuovere le sanzioni all’Iran, sulla base di un nuovo rapporto di fiducia, ma solo di un sistema di controlli che desse garanzie sufficienti a monitorare qualunque passo iraniano in direzione diversa da quella dell’uso pacifico del nucleare.

Qui è intervenuto l’effetto MIT del ‘Mens and Manus’, la filosofia di base della grande Università di ingegneria di Cambridge. Pur non essendosi mai visti prima, Moniz e Salehi sapevano che fiducia o non fiducia (e sul piano tecnico questa tra I due certamente esisteva) bisognava trovare un punto di arrivo della infrastruttura nucleare iraniana. I punti cardine erano tanti e per tutti è stata trovata una soluzione che sposta, dove possibile, l’attività nucleare Iraniana verso ricerca e uso civile dell’Energia. Eccoli qui:

-Produzione di combustibili nucleari per uso Militare
-Disponibilità di centrifughe per separare Uranio 235
-Disponibilità di reattori per produrre Plutonio
-Scorte di Combustibili nucleari

Oggi in Iran ci sono 20.000 centrifughe operative: Saranno ridotte a 5.000 bloccando la possibilità oggi esistente di produrre una bomba nucleare in un anno e spostandola avanti di almeno in ventennio

L’Iran ha, ad Arak, un reattore in grado di produrre plutonio per il quale non verrà costruito un impianto di estrazione dello stesso, Anche la bomba al Plutonio si allontana.

A Fordowun c’è una grande struttura di stoccaggio di combustibile nucleare. È stato raggiunto l’accordo che lo stesso verrà spedito in un altro paese, e la struttura verrà convertita per lo stoccaggio di isotopi per la ricerca e per uso medico.

Le ispezioni necessarie a garantire il rispetto dell’accordo saranno gestite dalla IAEA (International Atomic Energy Agency) e saranno estese a tutti i passi del processo produttivo dell’Uranio. Entro tre mesi l’IAEA dovrà preparare con le autorità Iraniane un rapporto per gestire questo processo e solo a quel punto le sanzioni verranno tolte.

Nell’indirizzo alla ricerca, che è un filo conduttore di tutto l’accordo (e con il quale si è permesso all’Iran di salvare la faccia), è stato cruciale lo sforzo di Moniz di coinvolgere in una grande rete di collaborazione tutti i maggiori centri Americani Lawrence Livermore in California, Oak Ridge in Tennessee o Sandia in New Mexico, che saranno allo stesso tempo partner e controllori delle attività Iraniane.

E per trovare un accordo su questo risultato, forse, la fiducia reciproca del ‘pragnmaismo intelligente di due ‘mens and manus‘ un ruolo lo ha davvero giocato.

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