La bomba H della Nord Corea: fissione e/o fusione?

L’agenzia di Stato della Corea del Nord ha dichiarato di avere fatto esplodere la sua prima bomba, ma non è ancora chiaro se si sia trattato della esplosione di una vera bomba H.

di Luca Longo

Anche se laboratori di monitoraggio geologico di tutto il mondo hanno confermato un evento sismico di magnitudo 5,1 con epicentro 19 km a Est-NordEst di SungJibaegam, dove sono state realizzate esplosioni sotterranee di bombe nucleari a fissione nel 2006, 2009 e 2013, ci sono ancora dubbi che si sia trattato della esplosione di una vera bomba H.

Kim Jong-Un aveva preannunciato il 10 dicembre 2015 che la Corea del Nord stava sviluppando bombe nucleari a fusione, ma non era stato preso molto sul serio dagli analisti occidentali.

Diversi elementi indicano che la Corea del Nord ha incontrato notevoli difficoltà nel padroneggiare anche le basilari tecnologie della fissione: il programma nucleare militare nordcoreano è stato avviato nel 1956 e nel 1962 è stato attivato l’impianto nucleare militare di YongByon. Ma la prima bomba nucleare di Pyongyang, con meno di 1 kiloton di potenza, è esplosa solo il 9 ottobre 2006. Per questo è curioso che questo Paese, sotto uno stretto embargo internazionale proprio dal 2006 (Risoluzione ONU 1718), possa avere fatto un balzo tecnologico tale da permettergli di realizzare una bomba a fusione in soli tre anni dal suo primo successo nucleare.

Diverse potrebbero essere le spiegazioni possibili. Prima di tutto, potrebbe non essersi trattato di una reale fusione, ma di una bomba nucleare “accelerata” o “a fissione-fusione”. Si tratta di una bomba in cui una fusione limitata serve per promuovere il processo di fissione, permettendo ad atomi più pesanti di raggiungere le condizioni di frammentazione nucleare e quindi di ottenere più energia esplosiva. Gli Stati Uniti con il test George a Enewetak, l’8 maggio del 1951 (sei anni dopo il primo test a fissione), riuscirono a liberare 225 Kiloton dalla loro prima bomba accelerata, mentre l’Unione Sovietica vi riuscì il 12 agosto 1952 con una esplosione da 400 Kiloton avvenuta sempre a Semipalatinsk: solo tre anni dopo la loro prima fissione. Occorreranno alcuni giorni per analizzare i tracciati dei sismografi relativi all’esplosione di SungJibaega e verificare questa ipotesi.

Una seconda possibilità è che la Corea del Nord abbia avuto l’aiuto di scienziati stranieri che già padroneggiavano la tecnologia delle bombe a fusione, oppure che abbia addirittura acquistato una bomba all’estero. Appare invece possibile, ma non probabile che qualcuno dei numerosi ordigni nucleari realizzati dall’Unione Sovietica sia andato disperso dopo il collasso del Patto di Varsavia e che questo sia riuscito ad arrivare clandestinamente in Nord Corea. Si tratterebbe di bombe con almeno 25 anni sulle spalle, che comunque richiederebbero notevoli sforzi per venire rimesse in efficienza. Comunque, molta strada rimane ancora da fare alla Corea del Nord tra lo sviluppo di una tecnologia in grado di realizzare l’esplosione in loco di un ordigno a fusione nucleare e l’ottenimento di una reale testata autonoma, di dimensioni contenute, installabile su un vettore e realmente utilizzabile per il lancio su un Paese nemico. Il principale ostacolo alla realizzazione di una vera bomba è, infatti, il sistema di innesco di una testata indipendente, sperimentato per la prima volta con successo dai sovietici con l’esplosione RDS-37 e ottenuto solo in seguito dagli americani.

È chiaro che i principali risultati immediati che si aspetta Kim Jong-Un, sono, per ora, solo diplomatici: dare prestigio a Pyongyang sulla scena internazionale, in particolare nei confronti della Corea del Sud. Ma soprattutto la possibilità di rendere evidente al proprio popolo – in miseria da decenni – che la Corea del Nord siede al tavolo delle grandi potenze nucleari, rafforzando la sua leadership in vista del settimo congresso del Partito dei Lavoratori.

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