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Gli ambiziosi piani di trasformazione dell’economia e dell’assetto sociale dell’Arabia Saudita contenuti nella “Vision 2030” potrebbero destare molti problemi anche di ordine pubblico e di relazioni internazionali. Dall’energia alle piccole e medie imprese, dalla formazione all’ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro, il Paese di prepara ad una rivoluzione epocale che dovrebbe traghettarlo verso un futuro di maggiore stabilità e diversificazione.

di Paul Sullivan

L’Arabia Saudita è uno dei Paesi più importanti del pianeta. È una potenza economica e politica non solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo. Rappresenta la destinazione di milioni di musulmani che affrontano pellegrinaggi alla Mecca e a Medina. È la fonte di buona parte del petrolio destinato alle economie asiatiche ed europee. È il membro più importante del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG). È un centro di potere sunnita ma anche la fonte di notevoli tensioni con l’Iran, un Paese a predominanza sciita che sta cercando di espandere la propria egemonia all’interno di una regione a maggioranza sunnita.

L’Arabia Saudita è uno dei principali importatori di armi, ed è anche coinvolta in gravi conflitti all’interno della sua regione. Il Paese ha rappresentato un’importante fonte di sostegno per l’Egitto, impedendogli di affondare in una nuova rivoluzione. L’Arabia Saudita è circondata da disordini e minacce su vari fronti, e persino al suo interno. La “Primavera Araba” ha reso la leadership saudita abbastanza tesa. Questi sono solo alcuni dei numerosi motivi per cui l’Arabia Saudita è così importante.

Il Paese presenta un tasso di disoccupazione molto elevato e un livello di sottoccupazione ancora più elevato. Ha molti giovani inattivi, spesso con un buon grado di istruzione.

Circa il 60% della sua popolazione ha meno di 30 anni. Il sistema educativo sforna molti laureati che non posseggono le capacità richieste dal sistema economico.
Un’ampia fetta dei lavori nel settore privato, così come in quello pubblico, sono svolti da manodopera importata da tutto il mondo.

Il Paese è caratterizzato da enormi livelli di disuguaglianza. Inoltre sta consumando rapidamente le sue riserve idriche e sta stranamente utilizzando gran parte di quell’acqua per l’agricoltura e l’agribusiness. Ogni giorno enormi quantità di acqua vengono desalinizzate utilizzando il petrolio.

La domanda di petrolio nel Paese sta aumentando molto rapidamente per scopi residenziali, industriali e commerciali. L’Arabia Saudita si è concentrata sullo sviluppo industriale ad elevata intensità petrolifera nella petrolchimica, nell’alluminio e in settori affini.

Il crescente utilizzo del petrolio per l’industria, l’elettricità e la desalinizzazione ha dato vita a una combinazione la cui conseguenza potrebbe essere una grave riduzione della capacità del Paese di esportare il proprio petrolio nei prossimi decenni. Questa risorsa genera circa il 70-80% delle entrate statali; le esportazioni di greggio e di prodotti petroliferi superano di gran lunga il 90% dei proventi derivanti dalle esportazioni.

L’Arabia Saudita si trova di fronte a un periodo difficile dal punto di vista del bilancio a causa dei bassi prezzi petroliferi. Le sue riserve di valuta estera si stanno esaurendo rapidamente. Ha di fronte una gioventù sempre più frustrata economicamente. Deve affrontare il prosciugamento delle sue risorse di acque dolci naturali e potenzialmente un grave calo della sua capacità di esportare petrolio. Per questo il Paese potrebbe trovarsi ad affrontare un periodo molto difficile dal punto di vista economico e politico qualora non riformi la propria economia e cambi il proprio modo di agire.

Probabilmente il Paese non ha colto tempestivamente l’occasione, in passato, di modificare il proprio assetto, ed oggi ne vediamo le conseguenze. La leadership saudita sta cercando di attuare oggi le riforme perché probabilmente sa di non avere molte altre alternative.

L’Ipo di Aramco, il Pif e altre fonti di finanziamento

L’Arabia Saudita ha avanzato alcune proposte per un’offerta pubblica iniziale (IPO) per Aramco. In passato i dati riguardanti le riserve e le attività interne dettagliate della compagnia erano tutt’altro che trasparenti. E’ giunto il momento di rendere pubblici i dati che riguardano questo colosso, le sue controllate e molto altro. Inoltre sembra che non esista alcuna valutazione reale e verificata della società e che le analisi economiche presentino diverse approssimazioni; la cifra più accreditata parla di un valore intorno a 2.500 miliardi di dollari. I dati e le analisi a supporto di tale cifra non sono pubblici e potrebbero non esistere effettivamente in una forma validata.

Effettivamente il valore di Aramco potrebbe sopravanzare persino le quotazioni più ottimistiche, sempre che si possa avere idea di come saranno valutate le sue risorse, i gasdotti, le raffinerie, i brevetti, il know-how, le tecnologie e tutto il resto. Comprendere il valore della società, e in particolare la quotazione del suo enorme e complesso patrimonio, potrebbe implicare l’avvio di un processo lungo e impegnativo.

Se l’obiettivo è quello di ottenere un esito attendibile e certificato, l’iter di valutazione non si concluderà né domani né nei prossimi mesi. L’IPO prevista per Aramco, secondo quanto affermato pubblicamente, sembra essere limitata solo al 5% della società (valore che potrebbe aumentare in un secondo momento). Quale sia il 5% che verrà liquidato e a chi non è affatto chiaro, così come non è chiaro neanche quale possa essere il valore di tale 5%. Le cifre più comunemente associate al 5% si aggirano tra i 135 miliardi e i 150 miliardi di dollari. Il governo saudita ha dichiarato pubblicamente che i proventi derivanti dall’IPO saranno investiti nel suo Fondo di investimento pubblico (PIF) e che Aramco sarà trasformata in una società holding con un consiglio indipendente e sarà forse sottoposta ad altri cambiamenti rispetto alla struttura di governance e alle strategie di sviluppo.

Anche altri asset, come il centro finanziario di Riyadh, confluiranno nel PIF. Il governo saudita intende liquidare una parte di Aramco e far girare creativamente le proprie risorse in modo da ottenere la disponibilità di ingenti somme di denaro da investire nell’ambizioso processo di transizione della sua economia. I fondi proverranno anche da una riduzione di alcune sovvenzioni, dal cambiamento del contratto economico-sociale del Paese e da alcuni cambiamenti fiscali – tutte misure che però non sembrano ancora essere definitive.

La Saudi Arabia Vision 2030

Le sfide che l’Arabia Saudita si sta assumendo con il suo piano Vision 2030 sono davvero mozzafiato. Non posso fare altro che augurarle il meglio, ma allo stesso tempo temo che sia troppo ambizioso. Se andrà crescendo l’aspettativa di successo e di fatto non ci riuscisse, potrebbero sorgere problemi reali all’interno del Paese, soprattutto con i giovani.

La gestione delle aspettative sarà un aspetto cardine per la stabilità e la prosperità futura del Paese. Il piano intende ridurre la disoccupazione ufficiale da più dell’11% al 7% circa. È un traguardo possibile. Intende aumentare la partecipazione delle donne nell’economia dal 20% circa al 30% circa. Ed anche questo è tecnicamente ed economicamente possibile, ma socialmente potrebbe dar luogo ad alcune tensioni e provocare le resistenze di alcuni ultra-conservatori e non solo.

Riyadh intende aumentare le entrate da fonti diverse dal petrolio di circa sette volte rispetto al livello attuale. La realizzabilità di questo obiettivo dipende dalle modalità scelte per attuarlo, da come e quali imposte verranno aumentate, da come verranno gestite le altre spese, e da come – il che è molto importante – il Paese implementerà il piano di diversificazione economica e verso quali settori si orienterà.

Il piano prevede obiettivi ambiziosi per il turismo, anche questi fattibili dal punto di vista tecnico ed economico, ma potenzialmente fonte di problemi a livello sociale. L’Arabia Saudita vuole aumentare drasticamente l’importanza del settore privato, delle piccole e medie imprese e delle organizzazioni senza scopo di lucro. Vuole inoltre attrarre quantità molto più consistenti di investimenti esteri e aumentare considerevolmente i risparmi.

Tra i piani del Paese figura la progressiva privatizzazione della sanità, l’aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e l’attuazione di importanti cambiamenti in altri ambiti del settore energetico. L’Arabia Saudita mira ad elevare il livello generale di competitività economica e diventare uno dei protagonisti mondiali nel settore della logistica. Vuole riformare il settore della difesa rendendolo più sostenibile, ciò che potrebbe comportare il cambiamento di alcuni modelli gestionali nell’ambito degli approvvigionamenti militari, il che potrebbe rivelarsi molto difficile.

Il Paese vuole rendere il proprio governo uno dei più efficaci al mondo, e dovrà farlo se desidera che le altre numerose componenti di questa visione funzionino. Uno degli obiettivi principali riguarda inoltre la modernizzazione del sistema di istruzione e formazione, un fattore essenziale affinché tutte le altre componenti di questo programma entrino a regime: se, infatti, l’istruzione e la formazione non tengono il passo favorendo il cambiamento, l’intero programma è a rischio di fallimento. Un altro atteggiamento tipico dei sauditi dovrà modificarsi, ovvero il consenso a svolgere lavori nel settore privato e nel pubblico.Gli aspetti descritti rappresentano soltanto una bozza di questo piano sorprendentemente ambizioso.

I veri problemi spesso risiedono nei dettagli, e in come risolverli. Quello che l’Arabia Saudita desidera oggi per il 2030 potrebbe non essere ciò che accadrà entro il 2030.

Speranze e timori per il futuro

L’IPO di Aramco e la Saudi Arabia Vision 2030 presi singolarmente sembrano ambiziosi. Se all’equazione si aggiunge tutto ciò che sta accadendo e che potrebbe accadere in Arabia Saudita o che potrebbe riguardarla, come la guerra in Yemen e altre sfide, di certo ci si potrebbe interrogare sulle reali possibilità di successo.

Questi sono piani per un cambiamento di portata epocale, una trasformazione a livelli così articolati e in un ambiente così fluido e complesso che richiederà moltissima istruzione, formazione, competenza, investimenti e una mentalità profonda e creativa. Servirà inoltre una leadership forte, creativa e flessibile. È quasi come se un Paese fondamentalmente tradizionalista decidesse di cambiare marcia, passando direttamente dalla seconda alla quinta. L’Arabia Saudita ha fatto molto strada dai giorni in cui il Re viveva in un palazzotto in terracotta o in una tenda e il suo tesoro poteva esser contenuto in una bisaccia. L’Arabia Saudita odierna è sorprendentemente diversa anche solo da quella del 1950 o del 1970.

In passato il Paese ha affrontato cambiamenti economici e non solo, ma nessuno di questi aveva una simile rapidità, profondità e portata. Se ci riuscirà, potrà scongiurare le problematiche politiche, economiche e di risorse che si troverà ad affrontare e magari contribuirà a stabilizzare l’intera regione. Se non riuscirà a diversificare, modificare, utilizzare e sviluppare le sue risorse e la sua popolazione in modo migliore, ad essere estremamente sincero, credo che saremo tutti nei guai.

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(sa)