Per Pechino l’Organizzazione ha un’importanza fondamentale. Ma vale anche l’inverso: negli ultimi tempi la domanda di petrolio in Asia rappresenta circa il 70 % delle esportazioni saudite di greggio.
di Lifan Li (Fonte Abo/Oil)
Anche se la Cina non fa parte dell’OPEC, l’Organizzazione ha un’importanza fondamentale per Pechino, vale a dire che entrambe hanno elaborato un rapporto di collaborazione strategica.
Nel 2014 i maggiori produttori di petrolio dell’OPEC, cioè Arabia Saudita e Iraq, che sono anche i due Paesi membri principali, avevano ridotto il prezzo del greggio sul mercato asiatico, dimostrando così una strategia politica orientata a est nel tentativo, supportato da entrambe le nazioni, di rendere il mercato competitivo dal punto di vista del consumo globale.
Negli ultimi tempi, la domanda di petrolio in Asia rappresenta circa il 70 % delle esportazioni saudite di greggio. Dal momento che la Cina è diventata il maggior consumatore di energia in Asia, l’OPEC potenzierà la collaborazione con Pechino. Nel frattempo però il cartello dei Paesi esportatori deve affrontare la sfida per il mercato cinese, divenuta ormai inevitabile, con la Russia e l’Iran.
Se guardiamo al rapporto OPEC pubblicato a maggio 2015, secondo cui la quota di produzione globale di greggio dei Paesi esportatori è aumentata passando dal 32,6 % di marzo al 32,8 % di aprile, ci si può aspettare che, per l’anno 2015, la fornitura media giornaliera di petrolio dai Paesi non-OPEC aumenterà di 68 milioni di barili raggiungendo la soglia di 5.716 barili al giorno.
All’inizio del 2015 la Commissione nazionale cinese per lo Sviluppo e le Riforme e l’OPEC avevano discusso della domanda cinese di petrolio, degli investimenti e delle riserve petrolifere strategiche. L’OPEC si era dimostrata favorevole ad accogliere gli investimenti della Cina nei settori upstream e downstream legati all’industria petrolifera. L’investimento nei confronti della Cina è, per la maggior parte, nel settore downstream. Tuttavia, la Cina, essendo il più grande consumatore di petrolio, si è dimostrata attivamente interessata all’evoluzione dei prezzi del greggio, soprattutto in un’ottica futura, per avere un ruolo nell’interazione a livello globale con le istituzioni del settore energetico.
Produzioni, esportazioni e domanda di mercato
Nella prima metà del 2015 i principali Paesi produttori di petrolio non hanno affatto ridotto la loro produzione. Nel marzo 2015 il ministro del Petrolio saudita Ali al-Naimi ha affermato che la produzione di petrolio del suo paese è stata di circa 10 milioni di barili al giorno; nello stesso periodo, in Iraq, l’esportazione giornaliera di petrolio nel mese di aprile è arrivata fino alla quantità record di 3.080.000 barili, mentre in Russia, in aprile, l’esportazione giornaliera di greggio è stata di 6.870.000 barili, con un aumento del tasso mensile fino al 29,2 % e un aumento del tasso annuo fino al 31,8 %. Questo indica che l’aumento della domanda di mercato ha favorito la Russia nella strategia di riconquista delle quote di mercato, senza paura di aprire una competizione con gli altri Paesi dell’OPEC.
L’aumento della produzione di petrolio si è riflesso poi nella crescita dell’esportazione, che ha soddisfatto le esigenze mondiali e il bisogno di crescita della domanda interna. Nell’anno 2014 l’economia mondiale, nonostante un certo recupero, ha subìto una generale recessione, ma nessun cambiamento radicale. Per questo motivo, la domanda di greggio del mercato è stata debole.
Dall’inizio del 2015 i prezzi globali delle materie prime stanno scendendo e, arrivati ad aprile, i prezzi del greggio hanno iniziato a rimbalzare e il dollaro ha subito un crollo. Il primo maggio il greggio ha chiuso a 59,26 dollari al barile, avvicinandosi apparentemente alla fascia di prezzo importante, dal punto di vista psicologico, dei 60 dollari al barile.
In realtà, in questi ultimi sei mesi abbiamo avuto un calo continuo del prezzo del greggio a livello internazionale e la trivellazione petrolifera negli Stati Uniti sta diminuendo la produzione in modo costante, mentre i costi del greggio stanno comunque aumentando.
Al momento i membri dell’OPEC continuano ad aumentare la loro produzione. Nonostante la situazione nello Yemen sostenga il prezzo base del petrolio, le contraddizioni tra la domanda e l’offerta contengono tuttavia il ritmo di aumento del prezzo, e i produttori di petrolio americani sfruttano questa opportunità di rimbalzo del prezzo per bloccarlo fino al prossimo anno o ancora più in avanti, garantendo così le forniture per il futuro e preparando probabilmente il terreno per la ripresa della produzione. In breve, vi è una tendenza internazionale al ribasso mondiale del prezzo del petrolio, che riflette anche, in qualche modo, i fondamenti della crescita globale dell’economia.
Esperienze internazionali riguardanti la caduta del prezzo del petrolio
La caduta del prezzo del petrolio rappresenta una lama a doppio taglio per le aziende petrolifere. Da una parte, infatti, la caduta di valore fa scendere molte proprietà di olio e gas a bassi livelli e spinge le aziende petrolifere a un aumento delle acquisizioni; dall’altra, però, la storia e l’esperienza dimostrano che le proprietà acquisite dalle aziende petrolifere nei periodi di petrolio a basso costo non hanno profitti garantiti. Di conseguenza, molte aziende petrolifere possono scegliere una strategia di contenimento dello sviluppo, di controllo dell’entità degli investimenti e della quantità dei progetti.
• Primo, ottimizzare ulteriormente la struttura industriale.
In risposta alla caduta del prezzo del petrolio, nel 2014 la Shell ha portato avanti molte operazioni di cessione patrimoniale; inoltre, con la Shell a capo di un gruppo finanziario (che comprende la Shell, la Total e l’Eni), sono stati venduti per 5 miliardi di dollari quattro giacimenti petroliferi in Nigeria e un’importante pipeline.
• Secondo, controllare i costi e le spese.
In questo scenario di recessione del prezzo del petrolio, la British Petroleum ha annunciato il congelamento del salario base di 80.000 suoi dipendenti per il 2015, tagli per 20 miliardi di dollari di spesa e il rinvio o lo stop temporaneo delle attività “downstream”.
La Shell ha in programma, per i prossimi 3 anni, di effettuare tagli per 15 miliardi di dollari; il budget della Chevron per il 2015 è di 35 miliardi di dollari, la più grande riduzione di spesa dal 2003 ad oggi; l’azienda petrolifera ConocoPhillips ha definito per il 2015 una spesa di 11,5 miliardi di dollari, con un calo di 1/3 rispetto all’anno precedente. Quella della ExxonMobil nel 2014 è stata di 38,5 miliardi di dollari, ma come bilancio per gli anni a venire l’intenzione è di rimanere sotto i 37 miliardi di dollari.
• Terzo, potenziare le fusioni e le acquisizioni transfrontaliere, promuovere l’integrazione dei servizi.
In questo scenario di grandi oscillazioni del prezzo del petrolio, il fatturato frutto delle acquisizioni delle Società di olio e gas a livello mondiale ha raggiunto i 443 miliardi di dollari, con un aumento del 69 % rispetto allo scorso anno; tuttavia, il numero delle acquisizioni è stato solamente di 1.885 operazioni, con un calo dunque del 20 % rispetto allo scorso anno.
Nel novembre 2014, l’americana Halliburton Company ha speso 34,6 miliardi di dollari per l’acquisizione della Baker Hughes e, in seguito a questa operazione, la Halliburton ha ottenuto dei miglioramenti dal punto di vista delle attività legate agli impianti di ascensione artificiali e dei prodotti chimici speciali e ha rafforzato le sue capacità sui servizi tecnologici di alto livello; ha inoltre acquisito le strumentazioni della Baker Hughes per l’estrazione del petrolio, di considerevole profitto, e tutto questo è servito a mettere in atto delle sinergie e ad aumentare le prestazioni aziendali.
Attraverso un’acquisizione si può compensare la dipendenza dalle aree di produzione di petrolio ad alto rischio.
• Quarto, la divisione dell’industria petrolifera e l’aumento del tasso di default delle aziende.
La recessione del prezzo del petrolio, nonostante abbia condizionato le attività di produzione delle aziende petrolifere, ha fatto sì però che le stesse aziende puntassero di più sulla qualità e l’efficienza e che ci fosse una spinta potenziale verso lo sviluppo sostenibile. Le aziende petrolifere con una forte solidità finanziaria e con grande capacità di gestione e di controllo, possono cogliere quest’occasione tramite un sistema di acquisizioni o disinvestimenti o tramite l’acquisto di beni a basso prezzo, per riorganizzare la loro struttura patrimoniale e aziendale. Le aziende petrolifere più piccole, con più debiti e una minore disponibilità di cassa, si troveranno invece bloccate in una situazione di crisi di default.
Le contromisure della Cina e la trasformazione industriale petrolifera
Durante questo ciclo di caduta del prezzo del petrolio, si stima che i costi di importazione del petrolio in Cina siano diminuiti di almeno 20 miliardi di dollari. Se il prezzo del petrolio scende, anche i costi dell’importazione del petrolio scendono sensibilmente e questo per la Cina, l’Europa, il Giappone e tutti i grandi Paesi importatori di petrolio rappresenta naturalmente una buona notizia. Il basso costo del greggio ha avuto ripercussioni negative su tutte le società “upstream” che si occupano di operazioni e lavorazioni petrolifere, mentre sulle attività industriali “downstream” legate ai prodotti petroliferi, soprattutto sulle numerose piccole e medie imprese, il fenomeno ha avuto un effetto positivo. Inoltre, come conseguenza del calo dei costi di altre attività industriali legate al petrolio, i prezzi di molti beni si sono stabilizzati.
Ecco come dovrebbero muoversi le società petrolifere:
• innanzitutto, consolidare una gestione più autonoma dell’industria petrolifera, ottimizzare gli schemi industriali e aumentare la concorrenza internazionale. Nella situazione odierna del prezzo del petrolio, con una domanda del mercato non favorevole, le società petrolifere “downstream” devono capire come potersi ottimizzare, come abbassare i propri costi, migliorare la tecnologia, e riuscire ad ottenere una fetta maggiore di mercato.
Naturalmente, devono anche mettere a fuoco quali saranno i fattori negativi in futuro; ad esempio, i prodotti petrolchimici del Medio Oriente avranno un impatto “dumping” sul mercato cinese e la competitività dei prodotti petrolchimici cinesi non sarà alla pari con il Medio Oriente. Le industrie petrolchimiche cinesi, sul piano della tecnologia, dell’entità delle risorse e degli impianti e dal punto di vista della qualità gestionale sono ancora molto lontane dai livelli internazionali. Le aziende petrolchimiche cinesi devono sfruttare al meglio l’opportunità di questo ciclo di basso costo del petrolio e aumentare la produzione di prodotti ad alto valore aggiunto. L’industria petrolchimica deve utilizzare un modello di sviluppo “a gruppo e basico”. Con “a gruppo” intendiamo la creazione di gruppi per zone. Ad esempio, l’acciaio, la raffinazione e la petrolchimica possono ottenere dei benefici in modo complementare e arrivare a realizzarsi “a gruppo”. Questo tipo di modello schematico può coinvolgere le tre società petrolifere della PetroChina, Sinopec e Cnooc in un investimento all’interno di un’unica zona e realizzare una condivisione e uno scambio di risorse, riducendo notevolmente i costi d’impresa e diversificando gli interessi delle attività “downstream”.
• In seguito, utilizzare e incoraggiare la nuova politica dell’“esporsi”, abbandonare i “sussidi energetici” per promuovere una riforma dei prezzi dell’energia. L’odierna recessione internazionale dei prezzi del petrolio ha fornito al governo cinese un’occasione d’oro per tagliare i sussidi improduttivi all’energia fossile e aumentare le spese più utili. Tagliare i sussidi all’energia fossile vuol dire dimezzare i suoi effetti negativi verso l’esterno, come ad esempio l’intensificarsi dell’inquinamento e l’innalzamento del riscaldamento globale. Con le risorse di una politica di risparmio, da una parte si può migliorare il saldo di bilancio del governo, dall’altra si possono aumentare i finanziamenti dello stato nel campo dell’istruzione, della sanità, delle infrastrutture e della lotta alla povertà, promuovendo lo sviluppo economico a medio e lungo termine. Secondo il “Rapporto sullo sviluppo mondiale dell’energia 2014”, pubblicato dalla IEA – Agenzia Internazionale per l’Energia – gli incentivi sull’energia fossile per tutto il 2013 sono arrivati a 550 miliardi di dollari, 4 volte tanto quelli per le energie rinnovabili.
• Terzo, puntare sulle strategie internazionali di “aumento di valore del progetto + acquisizione del progetto”. Con il prezzo del petrolio che continua a mantenersi così basso, molte società petrolifere hanno iniziato a vendere alcuni beni industriali per abbassare la pressione finanziaria, rendendo così le fusioni e le ristrutturazioni il tema principale dell’industria petrolifera internazionale nel 2015-2016. Tutto questo darà l’occasione alle aziende petrolifere private cinesi di portare avanti acquisizioni oltreoceano. Nonostante la caduta del prezzo del petrolio, le compagnie possono sfruttare quest’occasione per partecipare ad acquisizioni societarie e, allo stesso tempo, abbassare il prezzo di acquisto. Al momento, le industrie petrolifere cinesi che hanno già formato aree di attività, in Asia centrale e America del nord, stanno sviluppando fortemente l’attività internazionale. Le aziende possono continuare a portare avanti la loro rete commerciale e l’espansione delle attività di più alto livello, con personale specializzato e integrazione delle risorse, continuando a espandersi verso le zone periferiche ricche di olio e gas e ampliando sempre di più il volume degli affari.
• Quarto, aumentare il sostegno politico e permettere all’industria privata di ottenere il diritto di importazione del greggio. La Cina dovrebbe sfruttare l’occasione della caduta dei prezzi del petrolio per eliminare le attività ormai obsolete e promuovere un’apertura del sistema, permettendo all’industria privata di avere maggiori diritti e allentando i controlli sull’importazione del greggio; se questo sarà possibile, nel 2015 si potrà iniziare ad aprire verso il diritto d’uso. Si stima che nel 2015 il diritto d’uso sull’importazione di greggio venga prima rilasciato a 10 aziende e che si possa così accedere a più di 30 milioni di tonnellate. In seguito, il greggio importato dalle aziende non rientrerà più nell’indice di programmazione della PetroChina e della Sinopec e, una volta ottenuto questo diritto d’uso, si potrà affidare l’importazione alla Chinochem o alla Sinopec, anche se così non si avrà ancora un’importazione diretta. A questo punto, ci sarà la possibilità di avere un proprio importatore e le società con risorse oltreoceano saranno le prime a beneficiare di questo diritto. In generale, l’apertura all’importazione di greggio è già diventata la strada principale delle strategie energetiche. Ciò significa che nelle numerose aree, dove le condizioni lo permettono, le società di raffinazione otterranno il diritto d’uso di importazione del greggio.
• Quinto, allargare la collaborazione internazionale, attirare le società petrolifere straniere verso una collaborazione interna nel settore. Molte grandi aziende petrolifere d’oltreoceano continuano a collaborare con le aziende cinesi. Per quanto riguarda una riforma del settore dell’“upstream” cinese, la Cina deve fornire ai partecipanti stranieri una struttura d’accesso più chiara. Ad esempio, per lo sviluppo del gas di scisto si può fare la stessa cosa fatta dal governo europeo, ossia emettere delle disposizioni precise e attirare correttamente gli investimenti stranieri. Per quanto riguarda le attività “downstream”, è opportuno dare alle società straniere il diritto di commercializzazione all’ingrosso dei prodotti petroliferi. A causa della mancanza di questo diritto, i prodotti petroliferi da produzione estera non hanno modo di arrivare direttamente alle proprie stazioni di servizio. Il diritto di commercializzazione all’ingrosso dei prodotti petroliferi può portare progressivamente a una ulteriore liberalizzazione delle migliori aziende straniere. Attualmente, per regolamento, la percentuale di stazioni di servizio delle aziende straniere in Cina non può superare il 30 %, ma la quota dovrà sicuramente aumentare.
• Per ultimo, unire la strategia “One belt one road” alla struttura integrale dell’industria energetica. Promuovere la creazione di canali di trasporto dell’energia. In futuro, la Cina potrà continuare a favorire la costruzione di molti canali per il trasporto dell’energia oltre frontiera, inclusi la creazione delle quattro condutture energetiche dell’Asia centrale, gli oleodotti e i gasdotti tra Cina e Russia, il “corridoio” energetico tra Cina e Pakistan, il canale energetico tra Cina e Birmania e il fulcro energetico della Via della Seta marittima, realizzando così la costruzione di un centro di produzione cinese interno. La costa sud-est e le aree interne della Cina hanno creato un centro di produzione di energia di grandi dimensioni e di conseguenza vi è un’esigenza sempre più urgente di sviluppare attrezzature intelligenti e di alto livello. Il mercato di creazione della “One belt one road” è il mercato di apertura delle aziende di Ingegneria di servizio, delle attrezzature energetiche e dei grandi progetti di riqualificazione industriale.
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(sa)