Un settore ad alto dispendio idrico

Le tecniche di fracking consumano enormi quantitativi di acqua, ma la perforazione è solo la punta dell’iceberg.Le incognite future riguardano l’interdipendenza tra acqua e energia.

di Edward L. Morse (Fonte OIL)

IL FRACKING. Sviluppo di un giacimento di gas lungo fiume Colorado. In ogni pozzo viene utilizzata la tecnica della fratturazione idraulica che comporta un grande consumo di acqua.

Acqua e petrolio, come hanno avuto modo di constatare i movimenti ambientalisti, si miscelano fin troppo spesso se non vengono rispettati i più rigorosi standard procedurali in fase di perforazione e produzione.

Le sole tecniche di fracking consumano enormi quantitativi di acqua: in media, secondo l’Oil and Gas Journal, un solo giacimento di petrolio di scisto ne consumerebbe fino a circa 19 milioni di litri. Lo scorso anno, negli Stati Uniti, sono stati costruiti circa 44.000 pozzi, di cui 10.200 per petrolio o gas di scisto, per un consumo di circa 530 milioni di litri d’acqua al giorno ovvero 193.000 miliardi di litri l’anno. Il che rappresenta solo lo 0,3 percento circa del prelievo idrico annuo complessivo in terra statunitense, una quantità pari grossomodo al consumo semestrale dell’intera città di New York, o all’irrigazione di 5.000 acri di mais in un anno, o al raffreddamento di una centrale termoelettrica da 1.000MW per 14 anni, o all’irrigazione di un campo da golf per 700 anni.

INTERRELAZIONI MOLTEPLICI

Ma l’attività di perforazione non rappresenta che la punta dell’iceberg per quanto concerne le interazioni tra risorse idriche ed energia. Si stima che attualmente le attività di trivellazione ed estrazione di petrolio, gas naturale e carbone prelevino oltre l’uno percento delle acque dolci utilizzate negli Stati Uniti, dove si riscontra una maggiore disponibilità dei dati sull’impiego di acqua. Naturalmente il maggiore impiego di acqua dolce è destinato all’irrigazione, prevalentemente per il settore agricolo e il resto per scopi ricreativi e uso domestico/commerciale. Ma il consumo necessario alla produzione di energia termoelettrica si avvicina a quello per l’irrigazione, e insieme costituiscono un totale di circa l’80 percento dell’utilizzo complessivo. Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, le risorse idriche servono soprattutto a raffreddare gli impianti, ma crescono anche le normative di tutela ambientale dedicate al processo di scrubbing del carbone, in modo da rendere più ecosostenibile l’impiego. Sono molteplici interrelazioni tra acqua ed energia emerse da uno studio commissionato dal Congresso degli Stati Uniti e pubblicato nel 2006 dal Sandia Laboratory per conto del Dipartimento dell’Energia USA.

Ebbene, la produzione di energia solare, fotovoltaica ed eolica (che insieme all’energia idroelettrica rappresentano le principali fonti energetiche rinnovabili) richiede un impiego soltanto minimo di acqua. Ma anche una volta ultimato lo studio, si sapeva che le alternative ai sistemi ad alto impiego di carbonio prevedono un ingente consumo di acqua, ivi comprese naturalmente le centrali nucleari, che richiedono volumi di acqua persino superiori a quelli delle centrali elettriche convenzionali, i sistemi ad energia solare concentrata (CSP) e quelli di cattura e sequestro del carbonio (CCS). A prima vista sembrerebbe che la mutua dipendenza tra energia e risorse idriche, così come tra acqua e agricoltura, generi in particolare una problematica, ossia la resilienza del sistema di acqua dolce, non solo negli Stati Uniti (e non solo in Canada, dove l’impiego di acqua nel settore industriale è infinitamente superiore rispetto a quello del colosso economico con cui confina a sud), ma anche su scala mondiale. E troviamo una conferma: data la competizione per le risorse idriche sul globo terrestre e per i prelievi di acqua dolce da laghi o acque sotterranee, si sono moltiplicati gli sforzi per lo sviluppo di best practice volte a preservare la disponibilità di acqua dolce nonché a recuperare e riciclare l’acqua una volta utilizzata.

I CAMBIAMENTI CLIMATICI

La competizione per l’accesso alle fonti di acqua dolce è ormai un problema di primaria importanza nell’ambito del cambiamento climatico: rischia infatti di favorire la desertificazione in un momento in cui un maggiore uso di acqua può far aumentare i livelli di salinità delle acque sotterranee, rendendole insostenibili e carenti; inoltre, il comitato intergovernativo dell’ONU per i cambiamenti climatici (UNIPCC) continua a raccogliere dati sempre più attendibili e allarmanti in materia. Infine, se l’energia è un settore ad alto dispendio idrico, va sottolineato che il settore idrico richiede un elevato consumo energetico: per spostare l’acqua serve energia, e il problema cresce di pari passo con lo sviluppo e l’esigenza di trasportare acqua dalle varie fonti agli utenti finali; inoltre, per quanto concerne il Medio Oriente e altre parti del mondo, occorre energia per trasformare l’acqua salata in acqua dolce. In California il 20 percento circa del consumo energetico totale è destinato alle operazioni di purificazione e trasporto dell’acqua. Sono molti gli operatori finanziari a occuparsi di investimenti nel settore idrico. Oltre una ventina di miei colleghi in Citi si occupano di ricerca sulle problematiche che riguardano le acque, e la correlazione tra acqua ed energia rappresenta una “tematica dominante di primaria importanza”; proprio in questo ambito vengono infatti sviluppate tecnologie a livello commerciale per alleviare questi problemi e per gli stessi motivi stanno nascendo diverse partnership fra pubblico e privato su scala mondiale.

QUATTRO IMPIEGHI A RISCHIO

Ferma restando l’importanza dell’impegno nella conservazione delle risorse idriche, la correlazione fra acqua ed energia porta con sé altri problemi ben più gravi, ossia quattro tipologie d’impiego di acqua nel settore energetico che possono risultare estremamente nocive e contaminanti per l’ambiente: oltre allo sfruttamento degli scisti, già da qualche tempo al centro della ribalta, troviamo il carbone (e altre attività estrattive), i biocombustibili e le sabbie bituminose. In questo caso l’incognita risiede non tanto nell’adeguatezza delle risorse idriche mondiali, quanto piuttosto nella loro possibilità di utilizzo futuro. Il problema è più che mai sentito in quello che il Woodrow Wilson Center di Washington D.C. definisce il “Thirsty Triangle”, ossia quel triangolo che comprende gli scambi energetici tra Canada, Cina e Stati Uniti.

Grandissima attenzione, forse eccessiva, sta attirando il problema delle acque legato all’intensivo ricorso agli scisti bituminosi negli Stati Uniti e in Canada. A dominare la scena sono in particolare due questioni: l’adeguatezza dell’approvvigionamento idrico, inclusa la presenza di falde acquifere sotterranee in grado di fornire acqua dolce per i processi di hydrofracking; e l’integrità delle falde acquifere in caso di sfruttamento dei gas di scisto e tight oil e smaltimento delle acque utilizzate nei processi di fracking. La rivoluzione degli scisti bituminosi ha suscitato grandi speranze, data la sovrabbondanza di rocce scistose originarie su scala mondiale da cui ricavare gas e petrolio di scisto, e le ingenti risorse di formazioni geologiche economicamente sfruttabili da cui estrarre tight oil e tight gas, ora accessibili con gli attuali sistemi di sfruttamento grazie all’hydrofracking. Il cosiddetto

hydrofracking – definito più tecnicamente fratturazione idraulica – è una tecnica impiegata da tre quarti di secolo per l’estrazione degli idrocarburi, principalmente negli Stati Uniti ma anche altrove. Le formazioni scistose contenenti tight oil e gas naturale interessate dai processi di hydrofracking sono ricche di petrolio e gas, ma le relative molecole sono intrappolate in rocce semiporose. La tecnica del fracking si basa sull’utilizzo di acqua ad alta pressione, contenente sabbie e agenti chimici appositamente sviluppati, per aprire i pori della roccia e liberare così gli idrocarburi intrappolati. L’hydrofracking utilizza acqua contenente sabbie e agenti chimici, ma esistono (o sono in fase di sviluppo)anche altri tipi di fracking, ad esempio a base di schiuma. Considerando che per un’azione efficace occorrono circa 11-19 milioni di litri d’acqua per giacimento, si comprende l’importanza fondamentale di un adeguato approvvigionamento idrico. La disponibilità di acqua rimane un problema anche in Texas, dove la produzione di petrolio da formazioni contenenti tight oil supera ormai un milione di barili al giorno; rappresenta una questione prioritaria nell’intera area sudoccidentale degli Stati Uniti, fra cui California meridionale e Arizona dove le risorse abbondano; ed è diventata un problema anche nelle fertili zone cerealicole note come “grain belt” in Minnesota,Nebraska, Iowa e Illinois, oltre che nella regione costiera orientale del Paese.

IL CASO CINESE

Il problema è più grave che mai in Cina, che oggi è ritenuta la nazione potenzialmente più ricca di gas di scisto tecnicamente recuperabile al mondo. Secondo un recente studio dell’EIA, la Cina si colloca in prima posizione con 1.115 tcf di riserve di gas di scisto,mentre gli Stati Uniti seguono al 4° posto (665 tcf), dopo Argentina e Algeria . Ma i dati sull’adeguatezza delle risorse idriche rimangono indefiniti e il problema rappresenta un grave ostacolo allo sviluppo in Cina alla luce delle moderne tecnologie. Ma oltre all’adeguatezza delle acque vi sono altre questioni in agguato. Come ad esempio le best practice volte a garantire l’integrità delle falde acquifere, che si trovano a livelli nettamente superiori (di diversi chilometri) rispetto alle aree in cui si svolgono le attività di fracking.

Citiamo ad esempio condotti con tubi di rivestimento in acciaio cementati per evitare perdite di liquidi di fratturazione o l’inquinamento delle acque sotterranee dovuto alla fuoriuscita di idrocarburi. Esistono inoltre best practice volte a limitare o vietare lo smaltimento di rifiuti liquidi al di sotto della superficie terrestre.

Ma in ogni caso non è possibile evitare la formazione di acque luride, occorre controllare il deflusso di liquidi colaticci in superficie, e riciclare l’acqua in modo da riutilizzarla o usarla per altri impieghi. Finché non verranno sviluppate nuove tecnologie, potrebbe andare perso fino al 20 percento dell’acqua utilizzata. Finora lo sfruttamento degli idrocarburi ha incentivato sviluppi tecnologici impensabili fino a solo un decennio fa,e il ritmo dell’innovazione tecnologica continuerà senz’altro ad accelerare. Ma permangono alcune incognite riguardo all’interdipendenza tra acqua ed energia, dato che cresce la necessità di utilizzare acqua per sviluppare adeguate riserve gas-petrolifere, e aumenta il bisogno di utilizzare energia per attingere alle risorse idriche, creare nuove risorse da acqua salata, tutelare l’approvvigionamento idrico e riciclare l’acqua utilizzata.

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