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Un viaggio tra Black Mirror e Blade Runner per capire e distinguere l’impatto dei Gemelli Digitali e delle Persone Sintetiche nella nostra società.

Martha e Ash sono una giovane coppia che si è appena trasferita nella loro nuova casa di campagna. Ash va a restituire il van che hanno affittato per il trasloco, e dice: “Torno subito”. (“Be right back”). Invece, ha un incidente mortale. Nello straziante disorientamento del lutto, Martha scopre che è possibile creare una copia di Ash. Inizialmente solo digitale: quindi Martha comincia a messaggiare (prima), e a parlare al telefono (poi) con la replica di Ash, trovando in questo dialogo un sorprendente e magnetico conforto.

Nella nostra linea temporale, correva l’anno 2013. “Be Right Back” è il secondo episodio della prima e inimitabile (a mio modesto avviso) serie di Black Mirror che, come dice il nome, gioca con una manciata di toccanti rappresentazioni distopiche del mondo contraffatto dalla tecnologia. 

Cambiamo linea temporale, e andiamo nel 2019 bis, quando il cacciatore di taglie Rick Deckard viene richiamato in servizio per ritirare quattro modelli in pelle di Nexus 6. Sono androidi, modelli da combattimento, che hanno visto cose che gli umani non potrebbero nemmeno immaginare. Nel corso della missione, Deckard si imbatte in Rachael, e (spoiler, ma se non avete ancora visto Blade Runner ve lo meritate) scopre che in effetti è un modello in pelle anche lei. Avanzato.

Che cos’hanno in comune Rachael e la copia di Ash? Non sono androidi qualsiasi. Sono Replicanti. Cioè la loro particolare credibilità umanoide è dovuta al fatto che non incorporano un’astrazione, un patchwork di caratteristiche umane opportunamente combinate, ma solo, esclusivamente, e anche prosaicamente, le caratteristiche di una persona specifica. Rachael infatti è stata costruita sulle memorie di Lilith Tyler, nipote ed erede del magnate della Tyler Corporation, che fabbricava “modelli in pelle”, androidi, per varie necessità. Anche i ribelli di Nexus 6 sono definiti “Replicanti”, ma mi permetto di commentare che solo Rachael è – letteralmente – una replica precisa. Lo si nota subito, ovvero, non lo si nota per nulla, e fino all’ultimo rimaniamo col dubbio che sia o non sia davvero quello che è.

Rachael è così umana da scomparire nel suo costume da segretaria. Mentre l’androide Roy Batty/Rutger Hauer ci inforca tutti col suo epico monologo finale sotto la pioggia, Rachael produce osservazioni convenzionali e perfettamente dimenticabili. 

Che io sappia, nel 2024 i modelli in pelle non esistono ancora. Esistono invece gli Human Digital Twins (HDT)  – Gemelli Digitali di Persone Umane. Ed esistono le Synthetic Persons (SP) – Persone Sintetiche. 

Aspetto tridimensionale a parte, gli HDT sono i “Replicanti” della fantascienza. Le SP sono gli “Androidi”. Replicanti vs Androidi. HDT vs SP. Chi preferite? No no, fermi, scherzo. La domanda è mal posta.

Applicazioni e differenze tra Androidi e Replicanti

Replicanti ed Androidi assolvono a scopi diversi. Gli Androidi sono il risultato di un processo di progettazione ad hoc che infonde dati sintetici e non sintetici in un agente digitale la cui funzione è svolgere al meglio un compito, un lavoro, una missione, anche molto ampia. Una caratteristica chiave di usabilità dell’androide è la reazione umanoide agli input che gli vengono forniti, quindi può avere una “personalità”, un  dialetto o anche un idioletto, competenze specifiche, limiti specifici, può incorporare esperienza, moltissimi dati, eccetera. Per esempio ChatGPT, Claude, Gemini, Mistral sono capocannonieri nel team Androidi, e stanno dominando il campionato. Le loro capacità sono ancora in crescita, ma potremmo dire che hanno decisamente dimostrato grande potenziale. Tra i loro poteri, c’è anche quello di generare altri Androidi con competenze specialistiche (bots, agenti verticali di vario genere), e questo li fa sembrare quasi imbattibili.

Una scena dell’episodio intitolato “Be Right Back” della serie Black Mirror.

I Replicanti, invece? A parte gli esempi distopici ed eticamente destabilizzanti di Black Mirror e Blade Runner / Philip Dick, a che cosa dovrebbero servire delle copie della nostra mediocrità?

Prima di tutto, gli esseri umani non sono tutti così comuni, e ce ne sono alcuni la cui natura mortale ci è particolarmente insopportabile. Steve Jobs in questo intervento del 1985 invoca un Replicante di Aristotele, per esempio. 

Nella mia città di adozione, Torino, la Fondazione Einaudi ha provato a realizzare un Replicante del compianto presidente della repubblica

È un modo per estendere il lascito intellettuale di una persona. Il modo in cui è stato accessibile finora il lascito del presidente Einaudi è attraverso una consultazione diretta di una fonte scritta o multimediale. Adesso, invece, una combinazione di tecnologie di NLP (Natural Language Processing) e DNN (Deep Neural Networks) permette di usare questi dati per acquisire direttamente un punto di vista di Einaudi sulle sfide contemporanee. La tecnologia fa quello che avremmo fatto con la nostra mente e altre risorse in un tempo talmente lungo da rendere il compito inaffrontabile, cioè: leggere tutto l’archivio Einaudi, estrarre i contributi più rilevanti, sintetizzare ed interpretare i contributi estratti alla luce del nostro quesito. Le ricadute di questi Replicanti in ambito formativo, e anche civile, sono esplosive, positivamente dirompenti.

Ma andiamo oltre gli esseri umani straordinari, e torniamo ad Ash e Rachael/Lilith.

L’impulso innovativo dei Digital Twins

Il concetto di Digital Twin è noto da decenni, ed ha riguardato prevalentemente oggetti fisici o sistemi complessi. Il gemello digitale di un edificio permette di pianificare una manutenzione predittiva più efficace. Il gemello digitale di un veicolo permette di effettuare crash test preliminari senza disintegrare quintali di lamiera ogni volta. In questo modo è possibile eseguire molti più test, in molte piú condizioni realistiche, e ottenere risultati finali molto più affidabili per noi che guidiamo. In campo medico, i Digital Twin degli organi umani permetteranno di accelerare moltissimo l’intero processo di ricerca medica e farmacologica, e gli animalisti sperano di salvare nel contempo le vite di tante cavie. 

I sistemi complessi sono spesso tali perché partecipati da molti individui diversi, e allora i gemelli digitali degli esseri umani reali potrebbero servire (di fatto stanno già servendo) ad effettuare esperimenti sociali in modo molto più veloce. 

Infine, nel campo dell’innovazione e del marketing: le copie digitali dei clienti permettono di accelerare moltissimo il processo di testing e feedback con il mercato. 

In realtà, anche in questo campo c’è un’interessante competizione tra Androidi e Replicanti. I Replicanti sono copie carbone, o comunque ambiscono ad esserlo, per cui imitano una e una sola persona. Gli Androidi invece sono astrazioni Pirandelliane. Possono impersonare moltissime persone, e nessuna in particolare. Gli Androidi vengono forgiati automaticamente da grandi pool di dati – sia reali che sintetici (cioè prodotti da altri sistemi Androidi, per così dire) – mentre per i Replicanti servono i dati unici di un solo individuo. I primi sono meno economici inizialmente, ma sono molto più elastici, mentre i secondi sono più economici, e anche più rigidi.

Gli Androidi sembrano rispettare di più la privacy delle persone, i Replicanti meno, ma solo all’apparenza, perché le coordinate anagrafiche della ‘matrice’ vengono accuratamente cancellate. Entrambi rappresentano quindi riserve di dati, e in un epoca in cui infuriano tempeste legali sulla disponibilità di informazioni sui clienti, è tanta roba. 

In difesa dei Replicanti

Nel perimetro limitato della competenza che ho raccolto finora su innovazione e intelligenza artificiale, mi permetto di prendere posizione a favore dei Replicati, gli Human Digital Twins. Le ragioni principali sono due: l’affidabilità del risultato e l’economia del processo.

Sia Androidi che Replicanti sono oggetti digitali, e i dati che generano sono quindi sintetici. Però: mentre i dati sui cui vengono modellati i Replicanti sono per definizione reali, quelli che vengono usati per modellizzare gli Androidi sono misti-sintetici, come i pantaloni elasticizzati che non sono 100% cotone. 

Questo articolo del New York Times illustra in modo divulgativo un tema complesso e tristemente noto a chi si occupa di AI ai giorni nostri: ogni volta che un dato sintetico viene generato da un dato sintetico, la sua qualità decresce. Decresce la nitidezza e l’affidabilità della risposta e quindi diventa sempre meno fungibile. Se queste creature digitali servono per darci feedback utili ed attendibili, allora io propendo per limitare quanto più possibile il processo di ricircolo dei dati. Per questo preferisco i Replicanti che sono 100% cotone, anche se meno elastici. 

Economia del processo (di innovazione)

Parafrasando Battiato, sono convinta che gli innovatori siano esseri speciali e che le tecnologie di Intelligenza Artificiale siano in grado di superare le correnti gravitazionali per sollevarli da ogni genere di inganno, ipocondria, fallimento, riportandoli all’essenza del loro scopo, che è quello di creare valore per le persone. 

Al tempo stesso, contrariamente all’opinione di Battiato, non c’è nessuno modo per conoscere le “leggi del mondo” e farne dono agli innovatori, se non l’esplorazione diretta, l’ascolto, la raccolta di evidenze dalla realtà. I dati sui prospect vanno raccolti, non creati artificialmente. L’estrazione sintetica del dato da una persona sintetica è comoda, ma il rischio è quello di ottenere risultati opachi, poco efficaci e ancora più fallimentari di prima. 

Per cui, se i dati sulle persone vanno comunque raccolti, la costruzione di Replicanti (anonimi), non fa che rendere lo stesso dato più fruibile ed estenderne il valore lungo tutto il processo di innovazione. Quindi ecco il perché sono utili le – pur non memorabili – copie di Rachael e Ash quando rappresentano i prospect reali di un progetto di innovazione: riescono a fornire velocemente un feedback su un concept sviluppato, in modo che chi innova possa iterarlo nell’arco di qualche minuto – e non settimane o mesi. Inoltre riescono ad interagire col gemello digitale del prodotto/servizio, permettendo all’idea originale di evolvere, e maturare, sulla base delle esigenze delle persone che dovranno utilizzarlo e non solo delle opinioni dei progettisti.

Un finale ancora tutto da scrivere

La distinzione tra Androidi e Replicanti non è solo un tema da narrativa distopica, ma rappresenta un argomento centrale nell’evoluzione tecnologica contemporanea. Gli Androidi / Synthetic Person, costruiti su dati sintetici e adatti a una vasta gamma di applicazioni, mostrano una flessibilità ineguagliabile nel risolvere problemi specifici. Tuttavia, i Replicanti / Human Digital Twins, che derivano da dati reali e mirano a replicare fedelmente una singola persona, offrono una maggiore affidabilità e un’autenticità che non può essere facilmente emulata dagli Androidi. In un’epoca in cui la qualità dei dati e la loro utilizzazione etica sono critici, la scelta tra questi due approcci non è solo un esercizio accademico, ma una decisione che avrà implicazioni profonde nella nostra società e nelle nostre vite quotidiane. La partita tra Replicanti e Androidi è in pieno svolgimento e, come in ogni storia tecnologica che si rispetti, il finale è ancora tutto da scrivere.

Foto di copertina: scena tratta dal film Blade Runner 2049.