“Ponti verdi” per salvare gli animali selvatici

Queste strutture artificiali hanno ridotto il numero di incidenti automobilistici mortali e hanno aiutato varie specie animali. Ma ci sono, anche, dei contro

Matthew Ponsford

A metà degli anni 2000, i rospi continuavano a morire in modo raccapricciante nei sobborghi di Ede, un’antica cittadina verdeggiante al centro dei Paesi Bassi. I residenti locali sono venuti loro in soccorso. Per alcune settimane ogni primavera, sono state erette una serie di recinzioni temporanee lungo un chilometro circa di strada, in un’area in cui gli animali passavano dal loro habitat invernale a sud a tre stagni di riproduzione a nord. Quando si trovavano davanti alla barriera, i rospi saltavano di lato per alcuni metri finché non cadevano in un secchio, una delle 36 trappole che fiancheggiavano la recinzione.

Ogni giorno, i volontari portavano diligentemente i rospi dall’altra parte e li facevano continuare per la loro strada. Era un modo grezzo e un po’ laborioso per mitigare le difficoltà di essere nati anfibi in un mondo costruito per gli umani. Ma è stata un’ancora di salvezza che i residenti di Ede hanno lanciato a questi animali verrucosi, che come tante altre specie in tutto il mondo hanno avuto difficoltà a nutrirsi, riprodursi e migrare in un paesaggio trasformato dalle infrastrutture umane. 

Il seguito della storia ha il valore di una favola ammonitrice. Alcuni anni dopo, la comunità di Ede ha deciso di creare barriere permanenti e di sostituire gli improvvisati secchi con un paio di tunnel per il passaggio degli animali sotto la stradaSecondo uno studio del 2019 dell’ecologo Edgar van der Grift e colleghi che monitoravano il cambiamento, i rospi hanno apprezzato l’iniziativa al punto di accoppiarsi durante l’attraversamento del tunnel.

Ma quando i ricercatori hanno studiato più in profondità l’effetto che questa nuova infrastruttura stava avendo sulla popolazione di rospi, sono rimasti allarmati dai risultati. “Ci siamo trovati dinanzi a un dato inatteso”, afferma. “In pochi anni”, dice van der Grift, uno dei massimi esperti mondiali di strutture per favorire il passaggio della fauna selvatica, la popolazione è scesa da oltre 10.000 individui a meno di 1.000”. Questo dato ha indotto la municipalità di Ede ad aggiungere un terzo tunnel, in un punto della strada molto trafficato. Ma la situazione è ancora controversa.

I paesi hanno iniziato a investire molto in questi ecodotti. Il progetto di legge sulle infrastrutture del presidente Biden di novembre ha stanziato un investimento storico di 350 milioni di dollari per la creazione di corridoi di attraversamento per gli animali negli Stati Uniti e impedire, come dicono alcune stime, la morte di 1 milione di animali vertebrati al giorno. Ad aprile, la National Wildlife Federation ha iniziato i lavori per il Wallis Annenberg Wildlife Crossing, un ponte urbano pioneristico, da 90 milioni di dollari progettato per attraversare le 10 corsie dell’autostrada US 101

I primi ad adottare questi corridoi sono stati Canada e Paesi Bassi, già sede di reti decennale di progetti di copertura stradale, con archi di foresta che si estendono sulle autostrade. Australia, Brasile, Cina e Sud Africa stanno seguendo l’esempio, sperando di poter evitare il destino di vedere frammentati gli habitat naturali.

In tutto il mondo, le città stanno costruendo un’enorme varietà di strutture destinate a mitigare gli impatti dell’urbanizzazione e della costruzione di strade sulla fauna selvatica. L’elenco include tetti verdi, grattacieli alberati, coperture per porti che ospitano organismi marini, zone umide artificiali e tutti i tipi di rifugi e “ibernacoli”, tra cui casette per uccelli in cemento di canapa stampate in 3D per gufi in via di estinzione a Melbourne, e gigantesche grotte di pipistrelli costruite come igloo di terra sulle colline del Texas.

Ma i dati sull’efficacia di questi approcci rimangono poco chiari. Lo stesso discorso si può fare anche per gli ecodotti, l’esempio più studiato e più finanziato di tali infrastrutture per animali selvatici. Sebbene gli esperti di ecologia stradale sappiano che questi attraversamenti possono svolgere un ruolo fondamentale nella riduzione delle vittime delle strade, la storia del loro impatto sulla conservazione della fauna selvatica è ancora da scrivere. 

Il problema è sempre più pressante: per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite entro il 2040, secondo il World Wildlife Fund, si prevede uno “tsunami” da 97 trilioni di dollari di nuove strade, ferrovie, gasdotti e linee elettriche, che in effetti raddoppierebbe le infrastrutture umane rispetto ai livelli del 2012. La minaccia alla biodiversità globale diventerà sempre più reale: un sesto di tutte le specie a rischio di estinzione sono messe in pericolo dallo sviluppo delle infrastrutture umane.

I corridoi per la fauna selvatica rappresentano storie di successo. Ogni giorno, le telecamere di telerilevamento restituiscono immagini di animali che ne fanno uso. Ci sono i pionieri impazienti, come i caprioli e le volpi, che ci si avventurano ancor prima che la costruzione sia completata. Altri, come i lupi grigi o gli orsi grizzly, sono molto più prudenti. Al Mandai Wildlife Bridge di Singapore, un totale di 70 specie, tra cui pangolini, cervi sambar, macachi dalla coda lunga, pipistrelli della frutta e uccelli rossi della giungla (un parente stretto del pollo domestico) hanno superato ogni resistenza. 

Alcuni animali vi entrano dieci secondi dopo l’apertura, afferma Darryl Jones, l’autore di A Clouded Leopard in the Middle of the Road, in cui racconta le storie dei corridoi salvavita da Brisbane, in Australia, all’Alberta, Canada. 

Questo tipo di misure sono sufficienti?

Ci vuole meno di mezz’ora di treno per andare da Amsterdam a Gooi, una regione di borghi storici e insediamenti fortificati medievali che ospita l’industria televisiva olandese. Ma questo breve viaggio permette di passare attraverso uno dei paesaggi più intensamente ingegnerizzati della terra: ponti ferroviari, canali marittimi, mulini a vento, antiche strutture in pietra e odierne turbine tubolari in acciaio, distese di campi creati dal sistema di dighe che ha trasformato le zone umide paludose naturali del paese in terreni agricoli produttivi.

Per coloro che sono interessati a conoscere i limiti degli ecodotti, il Gooi è un buon punto di osservazione. La regione vanta una vasta gamma di questo tipo di strutture, con quattro ponti, due sottopassaggi principali e una rete di tunnel per tassi, anfibi e rettili, il tutto a circa 10 minuti di auto dalla pittoresca capitale locale di Hilversum.

Mentre cammina lungo uno di questi ponti, van der Grift indica escrementi di volpi, aironi blu e sentieri dove gruppi di caprioli camminano in fila indiana. Da dove siamo, l’autostrada a sei corsie sottostante è invisibile, protetta dalle barriere rialzate o “berm” su entrambi i lati, ma il rumore arriva egualmente nonostante il tentativo di smorzarlo con il fogliame di faggio e abete rosso locale. Il passaggio è costellato di stagni, abbastanza vicini tra loro da permettere ai rospi di saltare comodamente da uno all’altro. 

I Paesi Bassi hanno costruito i loro primi corridoi per la fauna selvatica per impedire ai cervi di essere investiti. Ma negli anni 1990, il paese ha iniziato a passare a una mentalità ecologica più olistica, utilizzando gli ecodotti per collegare frammenti di aree protette. Nel 2005 il parlamento olandese ha reso tale “deframmentazione” una politica nazionale a lungo termine, nota come MJPO in olandese

Il programma ha segnato il passaggio a un’agenda strategica orientata alla conservazione, che ha aiutato un’ampia gamma di specie, inclusi rettili, pipistrelli e farfalle, a muoversi attraverso il paesaggio alterato dall’uomo. Nella modellazione effettuata per il ministero dei trasporti olandese, van der Grift ha identificato 215 colli di bottiglia in cui le specie faticavano a passare, contrassegnandoli come luoghi in cui i corridoi potrebbero fare la differenza maggiore. Oggi ci sono 70 attraversamenti per la fauna selvatica nel paese e più di 2.000 altre strutture, come i tunnel per tassi, i ponti di corda tra gli alberi e i sottopassaggi acquatici.

Per capire il vero valore di queste iniziative, è importante fare un passo indietro e vedere le conseguenze delle carreggiate asfaltate sulla vita degli animali. Una strada forma una barriera, che gli animali o non possono o non vogliono attraversare, e che in ogni caso cambia il loro destino. I corridoi per la fauna selvatica sembrano invertire la tendenza, ma fino a oggi pochi studi sono stati in grado di dire in modo definitivo se ciò stia realmente accadendo o meno. 

Il diavolo è nei dettagli. Nel caso di Ede, per esempio, c’era molto traffico di anfibi nei tunnel dei rospi perché le strutture erano solo due a centinaia di metri di distanza, invece delle 10 o più che gli scienziati avevano raccomandato. “Molti rospi hanno rinunciato a raggiungere lo stagno di riproduzione”, afferma Marcel Huijser, uno dei principali esperti di ecologia stradale con sede negli Stati Uniti e un amico di lunga data di van der Grift. 

Impatti inattesi ed effetti collaterali imprevisti si verificano spesso in questi attraversamenti. I sottopassaggi sono spesso considerati tra i sistemi più economici, anche se non sono graditi da molte specie e sono usati raramente dalle farfalle. Molti mammiferi acquatici non nuoteranno in un tunnel dove non possono vedere l’altra estremità, ma possono essere convinti a camminare attraverso lo stesso tunnel se viene costruita una stretta sporgenza sopra la linea di galleggiamento. Su un cavalcavia del Gooi, un grosso cervo ha iniziato ad agire come un guardiano, permettendo alle femmine di attraversare, ma bloccando l’accesso alla maggior parte dei maschi.

Sul ponte su cui ci troviamo, van der Grift sta seguendo il passaggio di vermi e rettili senza braccia e senza gambe che oscillano in avanti come serpenti goffi. Decenni dopo essere state divise dalla strada e dalla ferrovia, le popolazioni sui lati est e ovest dell’autostrada avevano sviluppato profili genetici distinti. Quando il ponte è stato aperto nel 2016, la speranza era che le due popolazioni si mescolassero. I test effettuati sul DNA lo confermano. “Ora vediamo che i modelli genetici delle popolazioni si stanno avvicinando l’uno all’altro”, afferma. 

Ma l’obiettivo finale è garantire popolazioni animali autosufficienti, sane e vitali. E non è ancora chiaro se gli sforzi di deframmentazione lo stiano realizzando. Van der Grift afferma che lui e i suoi colleghi hanno scritto un piano per una valutazione empirica a livello nazionale del programma MJPO circa un decennio fa, ma non è mai stato finanziato (MJPO da allora è stato sostituito da altri piani di deframmentazione). In genere, tali studi sono considerati irrealizzabili. 

Un animale che sembra aver beneficiato delle politiche olandesi di deframmentazione è il tasso. Negli anni 1980 ce n’erano meno di 1.200 a livello nazionale. Da quando il paese ha iniziato a costruire “tunnel per tasso” sottostrada, il loro numero è più che triplicato. I modelli del team di van der Grift indicano fortemente che i tunnel hanno un effetto positivo sulla vitalità della popolazione. Ma nessuno studio scientifico solido è stato condotto per dimostrarlo, dice, perchè comporterebbe decenni di monitoraggio della popolazione.

“La realtà è che molti progetti non raggiungono nemmeno il punto di definire chiaramente gli obiettivi che si prefiggono di raggiungere”, afferma Silviu Petrovan, un zoologo dell’Università di Cambridge. Jones è più incline all’ottimismo. “Ora siamo ora nella fase in cui i dati stanno arrivando, in particola dai test genetici”, spiega.

La situazione americana

Storicamente, negli Stati Uniti , i corridoi per la fauna selvatica sono stati visti quasi esclusivamente come strumenti per la sicurezza del traffico: circa due decine di cavalcavia costruiti in punti caldi per la migrazione di cervi e alci. Le specie più piccole minacciate a malapena vengono registrate tra le vittime dell’autostrada. “Anfibi? Rettili? Per favore…”, dice van der Grift, replicando i toni di chi deride questo tipo di preoccupazioni. 

La maggior parte degli studi sui sistemi di attraversamento negli Stati Uniti ha monitorato il loro impatto sulle collisioni stradali e sui reclami assicurativi. “Se posizionati correttamente, con recinzioni appropriate, rispetto alle specie bersaglio, sappiamo quali corridoi per la fauna selvatica funzionano bene oltre il 90% delle volte”, afferma Nina-Marie Lister, responsabile dell’Ecological Design Lab della Ryerson University di Toronto. “Evitano dal 90 al 95% delle collisioni di veicoli con animali selvatici. È un risultato sorprendente”. 

A metà degli anni 2010, per esempio, un progetto sulla State Highway 9 a Grand County, in Colorado, ha permesso di aggiungere due ponti per la fauna selvatica, cinque grandi sottopassi ad arco e quasi 17 km di recinzioni per la fauna selvatica al costo di 10 milioni di dollari. Il risultato è stata una riduzione dell’89% degli incidenti stradali. Il Center for Large Landscape Conservation, un’organizzazione no-profit che lavora sulla connettività ecologica, ha previsto che il sistema di attraversamenti si sarebbe ripagato da solo in circa 22 anni, meno di un terzo dei 75 anni previsti di durata delle strutture.

Ma se l’obiettivo è semplicemente impedire che gli animali vengano colpiti dalle auto, non c’è bisogno di un ponte. “Si potrebbe semplicemente mettere una recinzione e impedire loro di arrivare alla strada, e la mortalità scenderebbe a zero”, afferma Petrovan, che conduce ricerche sugli attraversamenti della fauna selvatica per Conservation Evidence, un database di risultati scientifici sulle azioni di conservazione delle specie. “Ci aiuta a sentirci meglio, perché vediamo meno persone uccise”, dice, “ma alla popolazione, in realtà non offre alcun beneficio”. 

Fotografia: AP Photo / Jason Straziuso
Fotografia: JNZL / Wikimedia Commons
Fotografia: Rudmer Zwerver / Shutterstocks

Huijser afferma che gli Stati Uniti sono stati meno inclini dei Paesi Bassi a pensare alla conservazione delle specie come a un obiettivo, ma che la situazione sta cambiando. L’Infrastructure Investment and Jobs Act, che è stato convertito in legge a novembre e ha stanziato 350 milioni di dollari per i corridoi della fauna selvatica per i prossimi cinque anni, fornisce nuovi finanziamenti federali per progetti e ricerche per ridurre le collisioni tra veicoli e fauna selvatica e per collegare aree frammentate di habitat.

Tale importo rappresenta solo lo 0,3% del budget di 110 miliardi di dollari per le infrastrutture stradali, ma gli ecologisti lo hanno salutato come un risultato storico. Ora esiste un sistema finanziato con fondi pubblici per costruire ecodotti che mirano a obiettivi di conservazione, anche se la riduzione degli incidenti stradali rimane lo scopo principale, afferma Rob Ament, ambientalista del Center for Large Landscape Conservation. Il disegno di legge riconosce che dobbiamo progettare infrastrutture “con in mente entrambe le cose: il movimento di merci e persone, ma anche gli spostamenti della fauna selvatica”, spiega. 

Cosa costruire? 

Gli esempi più importanti di ecodotti del Nord America si trovano lungo il Rocky Mountain Front in Canada. L’area, che vanta la più ricca diversità di grandi mammiferi del continente, è divisa in due dall’autostrada Trans-Canada. Nel Parco Nazionale di Banff, sono stati costruiti 44 passaggi per la fauna selvatica (sei cavalcavia e 38 sottopassi), creando un sistema collegato utilizzato da un’ampia gamma di specie tra cui alci, puma e coyote, nonché animali più rari come la volpe rossa, gli orsi grizzly, i lupi, i ghiottoni, i serpenti, i castori e la lince. 

Ma anche in questi casi le strutture sembrano soffrire di quella che oltre 100 anni fa veniva chiamata la sindrome da carrozza senza cavalli, una forma di condizionamento esercitata dalle infrastrutture già esistenti. I tunnel sono spesso canali sotterranei malamente riadattati, i cavalcavia replicano quelli esistenti, come se dovessero sostenere il peso di un veicolo a 18 ruote, e vengono rivestiti con fogliame, dice Lister. 

Alcuni esperimenti stanno iniziando a ripensare questo modello. Uno è il Wallis Annenberg Wildlife Crossing, il ponte della fauna selvatica da 90 milioni di dollari in costruzione a nord di Los Angeles. Progettato dall’architetto Robert Rock, evita l’arco a gobba dei ponti più vecchi a favore di un percorso pianeggiante con una sola colonna a sostegno che si snoda tra le montagne e un’autostrada attraversata ogni giorno da circa 300.000 auto. 

“È la punta di diamante dell’innovazione”, afferma Renee Callahan, direttore esecutivo di ARC Solutions, un gruppo che progetta questo tipo di ponti per la fauna selvatica. “È pensato per diversi tipi di animali, dai leoni di montagna al cervo mulo, al topo cervo e tiene conto anche della presenza di specie simbiotiche come il fungo micorrizico”. 

Ci sono ancora molte incognite, non ultimo quelle relative alla reazione degli animali al passaggio costante di veicoli sotto di loro. Il National Park Service monitorerà l’attività sul ponte e i profili DNA degli animali su entrambi i lati dell’autostrada. Molti stanno guardando per vedere cosa accadrà con la popolazione di leoni di montagna della zona. Nel tempo, la consanguineità ha portato ad anomalie genetiche, come un nodo rivelatore nella coda dei gatti locali. Le previsioni erano che i leoni di montagna si sarebbero estinti in pochi decenni senza un incrocio.

Negli Stati Uniti, i 350 milioni di dollari per le infrastrutture sono molto inferiori a quanto sarà necessario per affrontare la frammentazione creata dai 6 milioni e mezzo di km di strade pubbliche del paese. Ma ci sono una serie di innovazioni che potrebbero ribaltare l’analisi costi-benefici consentendo la costruzione di attraversamenti a costi inferiori o in luoghi in cui prima non era fattibile

Gli ecodotti sono attualmente costruiti solo dove c’è un terreno protetto su entrambi i lati della strada, poiché la spesa media per la costruzione di un ponte in cemento sarebbe difficile da giustificare in una zona che potrebbe svilupparsi in un’altra direzione nel giro di pochi anni. In questi casi si potrebbero utilizzare sistemi modulari più leggeri ed economici”, spiega Huijser. Un materiale candidato per tali sistemi modulari è il calcestruzzo prefabbricato. 

Anche il polimero rinforzato con fibre (FRP), un materiale meno denso del cemento che è costituito da fibre strutturali fissate nella resina, gode di buoni consensi. L’FRP è stato utilizzato per costruire ponti pedonali e ciclabili in Europa e un semplice ecodotto a Rhenen, appena a sud del Gooi nei Paesi Bassi. Attualmente la Federal Highway Administration non ne consente l’uso nelle infrastrutture del traffico negli Stati Uniti, ma la situazione sta cambiando. 

Anche i più prudenti, vogliono che si costruiscano più corridoi per la fauna selvatica. “Il fatto che si hanno poche certezze, non significa fermarsi”, dice Huijser, che definisce questo eccesso di cautela un errore di tipo II, vale a dire un falso negativo. “E’ come se una casa stesse bruciando”, spiega, “e cercassimo di spengere l’incendio con una pistola ad acqua. Concludere che l’acqua non è la risposta sarebbe un errore”. 

Alle sfide a Ede e altrove, afferma van der Grift, la risposta è imparare mentre si costruisce. Dobbiamo ancora investire nel vero lavoro di etichettatura, installazione di trail cam, test del DNA e monitoraggio della popolazione a lungo termine, ma non ha senso nel frattempo stare con le mani in mano, conclude. 

Matthew Ponsford è un giornalista freelance.

Immagine: National Wildlife Federation

(rp)

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