Perché l’America non è attrezzata per le nuove regole di guerra

Un ex paracadutista, oggi professore universitario, sostiene che Russia, Cina, Iran stanno combattendo guerre ombra e sono molto efficaci in queste loro azioni, a differenza dell’America.

di Janine di Giovanni

Sean McFate è un ex paracadutista della 82a divisione aerotrasportata dell’esercito americano; ha anche lavorato come appaltatore militare privato in Africa occidentale. Oggi è professore alla National Defense University e alla School of Foreign Service della Georgetown.

Il suo libro The New Rules of War, pubblicato all’inizio di quest’anno, analizza i modi in cui la guerra deve cambiare affinché l’America abbia successo. La giornalista di guerra Janine di Giovanni lo ha intervistato per parlare della sua visione dei possibili conflitti futuri.

Perché questo libro?

Rabbia. Ho perso amici cari in Iraq e in Afghanistan. Come contribuente, abbiamo buttato sei miliardi di dollari nel gabinetto. E come veterano, mi fa male vedere offuscata la nostra immagine nazionale. Eppure abbiamo i migliori militari al mondo, anche i nostri avversari lo sanno. Allora, qual è il problema?

Non è l’esercito: abbiamo un grande esercito. Il problema è che il nostro QI strategico è basso. La guerra si perde o vince a livello strategico, non a livello tattico, non a livello operativo. Quindi, dove si mandano le persone a studiare strategie per vincere? Non ne ho idea. I college militari sono alla sbando e le università di solito non toccano questi argomenti.

Siamo fortunati, non intelligenti.

Cosa vuol dire?

Stiamo acquistando portaerei di classe Ford e F35! Non ha senso. Queste costose armi convenzionali vanno limitate, rinforzando le abilità necessarie nella guerra moderna: la guerra politica, l’influenza strategica, la legge, la potenza economica e l’inganno. Si vuole porre freno all’invasione russa nei Paesi Baltici? Dimentichiamo le manifestazioni di forza: la deterrenza militare è obsoleta. Invece, si incoraggi una qualche forme di rivoluzione “colorata” ai suoi confini, come quelle che si sono sviluppate negli stato post-sovietici dopo il Duemila.

Mosca è paranoica e sposta le risorse per schiacciarla. Si vuole la Cina fuori dal Mar Cinese Meridionale? Si sostiene segretamente l’insurrezione uigura. Il mantenimento della sicurezza interna obbligherà Pechino alla prudenza. I militari non possono agire come prima per risolvere i problemi nell’era dell’informazione globale, e questo sta spingendo la guerra nell’ombra.

Oggi, la  negazione plausibile , vale a dire quei casi in cui sia possibile dichiararsi formalmente estranei a qualsiasi azione deprecabile commessa da terzi dei quali si abbia responsabilità, fa più male della potenza di fuoco: vincitori e vinti non vengono più decisi sul campo di battaglia, ma da coloro che sanno discernere la verità dalle bugie. Le migliori armi oggi non sparano proiettili.

Supponiamo che Lei sia nominato consigliere per la sicurezza nazionale. Cosa farebbe di diverso da oggi?

Per prima cosa domezzerei il budget del Dipartimento della Difesa. E poi rivitalizzerei il Dipartimento di Stato, che ha bisogno di una rivoluzione culturale al suo interno.

Dobbiamo pensare alle strategie. Perché l’Iran è una minaccia alla sicurezza nazionale? La consideriamo una questione che mette in dubbio la nostra esistenza, e forse lo è per Israele o l’Arabia Saudita, ma non per gli Stati Uniti. Abbiamo dimenticato cos’è una minaccia del genere.

Implementerei queste strategie in tutto il mondo. Lo stanno facendo tutti: Russia, Cina, Iran … Stanno tutti combattendo queste cose chiamate guerre ombra e sono molto efficaci. Lo facevamo durante la guerra fredda, ma abbiamo dimenticato come.

Cos’è una guerra ombra? Come la descriverebbe?

Le guerre ombra sono un certo tipo di guerra in cui la negazione plausibile eclissa la potenza di fuoco in termini di efficacia. Si pensa a come si comportava la Russia in Crimea. Nelle tattiche di guerra più vecchie, quando mettevano il tallone su un altro stato, mandavano i carri armati. Ora, nel 2019, mantengono un supporto militare, ma usano mezzi segreti e clandestini. Usano forze speciali, mercenari, alleati, propaganda, in modo da poter negare un loro coinvolgimento diretto.

Quindi dovremmo tornare, in un certo senso, alle tattiche della guerra fredda?

Non voglio cadere nella trappola di una nuova guerra fredda, ma abbiamo fatto queste cose in passato.

Nel libro mi chiedo: “Come possiamo, in quanto democrazia, portare avanti la guerra nell’ombra senza perdere la nostra anima democratica? Durante le audizioni della Chiesa del 1975 e del 1976 abbiamo appreso che segreti e democrazia non sono compatibili. Ne siamo sicuri? Sono decisioni che riguardano tutti.

La sua idea che in futuro ci saranno più “guerre ombra” o guerre per procura è condivisa dalle alte sfere?

Direi di no. Voglio dire, i veri profeti di guerra hanno lo stesso destino di Cassandra: aveva il dono della lungimiranza, ma la maledizione era che nessuno poteva crederle. Il mio libro è pieno di esempi: Billy Mitchell, JC Fuller, un certo William Olson negli anni 1980 che, nel pieno della guerra fredda, vide oltre la rivalità tra Stati Uniti e Unione Sovietica e immaginò un mondo post 11 settembre.

Le storie che racconta di questi uomini e donne sono alcune delle parti più toccanti del libro. Erano visionari, e hanno pagato per questo. Alcuni passaggi sono inquietanti: il caso di Billy Mitchell, per esempio, che predisse l’importanza della potenza aerea e fu deriso e disprezzato.

Il trionfo del pregiudizio, direi. Nel frattempo, oggi, abbiamo i think tank e le aziende le multinazionali a Washington che incoraggiano una visione della guerra per il loro profitto. E’ un sistema estremamente pericoloso. Ma il mio libro è stato accolto con favore dal Dipartimento della Difesa. Lo so perché continuo a essere invitato da generali a due stelle, a tre stelle, per tenere conferenze. Lo fanno perché sono d’accordo, ma non vogliono esporsi più di tanto.

Quindi chi ama il suo libro? E chi lo detesta?

Piace alla CIA, ai reparti operativi speciali, ai veterani, ai marines, alle forze di terra dell’esercito. A chi non piace? Ad Air Force e Navy, a chi fornisce servizi di alta tecnologia, a Lockheed Martin e, naturalmente, ai think tank. La maggior parte dei think tank di Washington ricevono denaro dalla Raytheon Company e aziende simili. Molti di loro hanno un rapporto feticistico con la tecnologia. Ma una delle cose che l’Africa mi ha insegnato è che in definitiva le guerre sono politiche e non esiste una soluzione tecnologica. Non esiste alcun missile che risolverà i nodi politici della Siria o di Taiwan.

(rp)

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